Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1634 del 20/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/01/2017, (ud. 03/11/2016, dep.20/01/2017),  n. 1634

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28482-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.V., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

ARMANDO FALLICA, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA NORD S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1862/33/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI MILANO, emessa il 10/03/2013 e depositata il

05/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

Fatto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’Agenzia delle (turate ricorre avverso una decisione della CTR Lombardia che ha accolto l’appello della contribuente, fondato sul difetto di motivazione della cartella esattoriale.

Inizialmente, per il 1992, alla contribuente era stato imputato un reddito da partecipazione, avverso la cui imposizione quest’ultima aveva fatto ricorso alla CTP, che aveva, in parziale accoglimento, ridotto la somma pretesa dal Fisco.

L’Agenzia, preso atto, dunque, di tale sentenza, ha notificato cartella di pagamento per la somma risultante dal giudicato.

Anche questa cartella e stata impugnata dalla contribuente, che ha avuto ragione della sua tesi in appello. La CTR infatti ha ritenuto che il mero richiamo della cartella alla sentenza della CTP, che a suo tempo aveva ridotto l’ammontare dell’imposta, non consentiva di capire come la somma era stata determinata, e dunque non conteneva adeguata motivazione della pretesa fatta valere.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’Agenzia che formula due motivi. La contribuente resiste con controricorso.

Il ricorso è inammissibile per difetto di autosufficienza.

La cartella esattoriale della cui validità si discute non risulta, intanto, allegata (art. 369.p.c.).

Nè il contenuto di tale cartella risulta in qualche modo riportato in ricorso, con la conseguenza che non è possibile verificare quanto asserito dal ricorrente in termini di vizio o di difetto di motivazione della cartella stessa (Cass. sez. 5 n. 16010 del 2015).

Invero, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento – il quale non è atto processuale, bensì amministrativo, la cui motivazione, comprensiva dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo giustificano, costituisce imprescindibile requisito di legittimità dell’atto stesso – è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio sulla suddetta congruità esclusivamente in base al ricorso medesimo (Cass. n. 8312 del 2013; Cass. n. 9536 del 2013; Cass. n. 2928 del 2015).

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, e le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite nella misura di 4000,00 Euro, di cui 200,00 Euro per borsuali, oltre alle spese generali (15%) e agli oneri di legge, a favore di S.V..

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2017

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