Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16337 del 26/07/2011
Cassazione civile sez. trib., 26/07/2011, (ud. 08/06/2011, dep. 26/07/2011), n.16337
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –
Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 20519/2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
STUDIO ASSOCIATO DI INGEGNERIA CORBO PIETROPAOLO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 188/2007 della Commissione Tributaria
Regionale di NAPOLI del 5.12.07, depositata il 30/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dellò8/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE
CENICCOLA.
La Corte:
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata
in cancelleria la seguente relazione:
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili
Sezione Tributaria;
relazione ai sensi dell’art.380 bis c.p.c., sulla causa n. 20519/2009
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo;
letti gli atti depositati.
Fatto
OSSERVA
La CTR di Napoli ha accolto l’appello dello “Studio Associato di ingegneria Corbo Pietropaolo” – appello proposto contro la sentenza n. 457/07/2005 della CTP di Caserta che aveva respinto il ricorso avverso il diniego di rimborso dell’IRAP corrisposta per gli anni dal 2001 al 2004- sulla premessa che nella specie di causa risultava che l’attività di ingegneria veniva svolta in assenza di collaborazione e con macchinari costituiti da mobili di arredamento, telefoni, computer che fanno ritenere la “personalizzazione” del lavoro svolto dal solo titolare dello studio, sia pure in forma associata”.
L’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il contribuente non si è costituito.
Il ricorso – ai sensi dell’art.380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 c.p.c., può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c.. Infatti, con il primo dei due motivi di impugnazione (rubricato come:
“Violazione e falsa applicazione D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 2 e 3. Art. 360 n. 3 – Insufficiente motivazione in ordine ad un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, assistito da idoneo quesito di diritto), assorbente rispetto al residuo, l’Agenzia lamenta che il giudice di appello – pacifico il fatto che vi fosse uno studio professionale con due professionisti associati- non abbia considerato elemento determinante il rilievo che l’associazione “è uno strumento non solo per consentire il lavoro del professionista ma anche per potenziarne la capacità, e lo studio associato è qualcosa di più rispetto al mero esercizio di attività professionale.
Non struttura di mero supporto…..ma una struttura organizzata, di cui il professionista si avvantaggia”.
La doglianza si palesa manifestamente fondata, alla luce del costante e condivisibile indirizzo interpretativo di questa Corte secondo cui:
“Qualora il professionista (nella specie, commercialista) sia inserito in uno studio associato, sebbene svolga anche una distinta e separata attività professionale, diversa da quella svolta in forma associata, è tenuto a dimostrare, al fine di sottrarsi all’applicazione dell’Irap, di non fruire dei benefici organizzativi recati dalla sua adesione alla detta associazione che, proprio in ragione della sua forma collettiva, normalmente fa conseguire ai suoi aderenti vantaggi organizzativi e incrementativi della ricchezza prodotta (ad es. le sostituzioni in attività – materiali e professionali – da parte di colleghi di studio; l’utilizzazione di una segreteria o di locali di lavoro comuni; la possibilità di conferenze e colloqui professionali o altre attività allargate;
l’utilizzazione di servizi collettivi e quant’altro caratterizzi l’attività svolta in associazione professionale)” (Cassazione civile, sez. trib., 10 luglio 2008, n. 19138; negli stessi termini anche” (Cassazione civile, sez. trib., 11 giugno 2007, n. 13570).
La sentenza impugnata, che non si è attenuta a questi principi desunti dalla clausola generale “autonoma organizzazione” (come fissata nelle norme che la parte qui ricorrente assume violate), merita quindi di essere cassata.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.
Il relatore (Giuseppe Caracciolo);
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti; che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e i diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto, che le spese di lite posso essere regolate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Campania che provvederà anche sulle spese di lite del presente grado.
Così deciso in Roma, il 8 giugno 2011.
Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2011