Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16335 del 04/08/2016

Cassazione civile sez. I, 04/08/2016, (ud. 15/07/2016, dep. 04/08/2016), n.16335

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18052-2014 proposto da:

B.F., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ALESSANDRO MARIA SCAVOLINI, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

SINDACO DI ROMA CAPITALE, già COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco

pro tempore, nella qualità di tutore dei minori M.G.,

B.C. B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL

TEMPIO DI GIOVE 21, presso gli UFFICI DELL’AVVOCATURA CAPITOLINA,

rappresentato e difeso dall’avvocato PIER LUDOVICO PATRIARCA, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

V.A., PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA PROCURA DI ROMA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3262/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/07/2016 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato SCAVOLINI ALESSANDRO M. che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’Appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da B.F. e M.S. avverso la sentenza del Tribunale per i minorenni con la quale è stata dichiarata l’adottabilità dei minori M.G., C. e B.M..

La Corte d’Appello, con decreto presidenziale del 19/9/2013 ha dato termine all’appellante ricorrente per provvedere entro il 21/10/2013 alla notifica del ricorso e del decreto alle controparti nonchè termine fino al 22/11/2013 per ricorrente e resistenti per presentazione documenti e memorie.

Del decreto veniva data comunicazione al difensore dell’avvocato dell’appellante a mezzo pec (posta elettronica certificata) con tutte le indicazioni necessarie. La comunicazione risultava consegnata lo stesso 27/9/2013.

L’appellante adduceva un disguido e la mancata trasmissione a mezzo pec e il Presidente fissava altra udienza riservando la valutazione delle conseguenze processuali della mancata notifica tempestiva.

La Corte, in sede di decisione, ha ritenuto inammissibile l’impugnazione per tardività della notifica ritenendo che nei procedimenti d’impugnazione che si svolgono con il rito camerale l’omessa notifica del ricorso nel termine assegnato nel decreto di fissazione d’udienza determina l’improcedibilità, perchè, pur trattandosi di termine ordinatorio, è necessaria l’istanza di proroga prima della scadenza (Cass. 172012 del 2013). La corte territoriale ha rilevato che il fatto impeditivo dell’esame del provvedimento contenente la fissazione dei termini per la notifica del ricorso, individuato nel mal funzionamento del personale computer del legale degli appellanti, alla luce della documentazione prodotta risulta essersi verificata in data ampiamente successiva all’invio in forma telematica del decreto di fissazione d’udienza (27/9/2013) essendo stato chiamato un tecnico il 19/10 successivo.

Avverso tale pronuncia vengono proposti due motivi di ricorso da B.F.. Resiste con controricorso il tutore dei minori.

Nel primo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 134, 136 e 45 disp. att. c.p.c. sul rilievo della nullità della comunicazione telematica per impossibilità di lettura e del mancato riscontro dell’avvenuta ricezione dell’atto. Secondo la giurisprudenza di legittimità è necessario che si possa accertare con sicurezza tale ricezione da parte del destinatario. Nella specie il destinatario aveva fornito elementi atti a dimostrare l’omessa disponibilità del testo della mail in tempo utile per provvedere agli adempimenti necessari alla notifica tempestiva del decreto di fissazione d’udienza. La risposta in automatico attesta soltanto che il provider di spedizione e quello di ricezione erano stati posti in funzione. La prova dell’invio è, però, diversa dalla prova della ricezione e lettura. Le variabili connesse a quest’ultima eventualità sono molteplici e vanno dalla effettiva impossibilità di aprire la comunicazione attraverso il proprio browser fino allo spegnimento temporaneo e continuativo dello strumento telematico.

Nel secondo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 2697 e 112 c.p.c. per omessa valutazione di prove dimostranti l’impossibilità di lettura della mail e la riconducibilità del fatto impeditivo allo sfalsato collegamento tra browser e gestore. Viene altresì dedotta l’immotivata ed apodittica attribuzione del fatto ad un vizio del macchinario utilizzato.

Nel terzo motivo viene dedotta la violazione della L. n. 53 del 1994, art. 3, comma 2 e delle prescrizioni del codice dell’amministrazione digitale per avere erroneamente ritenuto completa l’allegazione documentale relativa all’avvenuta consegna. Secondo le prescrizione del Codice dell’amministrazione digitale la ricevuta di consegna avrebbe dovuto essere completa del messaggio di posta elettronica certificata consegnato ivi inclusi i files allo stesso allegati.

L’art. 23 codice dell’amministrazione digitale infatti delinea il concetto di copia cartacea di documento informatico firmato digitalmente evidenziando l’essenzialità della corrispondenza dell’originale informatico in tutte le sue componenti al documento cartaceo. Nella specie manca sia l’allegazione del documento originale con la speculare indicazione del suo contenuto. La trascrizione informatica del provvedimento dispone che entro un certo termine la data di udienza avrebbe dovuto essere resa nota alle parti. Ma tali parti non venivano in alcun modo identificate ed anche sotto questo specifico profilo la parte ricorrente censura la validità del procedimento di notifica ex art. 18.

I motivi di ricorso devono essere trattati congiuntamente in quanto logicamente connessi.

Preliminarmente deve rilevarsi che secondo il più recente orientamento di questa Corte, sancito dalla pronuncia delle S.U n. 5700 del 2014, nei procedimenti introdotti con ricorso, il termine imposto alla parte ricorrente per la notifica alla controparte dell’atto introduttivo e della data di fissazione dell’udienza non è perentorio e ne deve essere concesso uno successivo anche in caso di omessa notificazione ed in mancanza di spontanea costituzione del resistente. La pronuncia, ancorchè relativa al procedimento relativo alla domanda di equa riparazione per durata irragionevole del processo, in motivazione contiene ampi richiami ai principi CEDU in tema di giusto processo ed applicazione dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti umani, fornendo ulteriore sostegno all’orientamento successivo alla pronuncia 17202 del 2013, e contrario ad essa, secondo il quale “Nei giudizi camerali che anche in grado di appello si introducono con ricorso (nella specie, un procedimento per la declaratoria dello stato di adottabilità), l’omessa notifica di quest’ultimo e del decreto di fissazione dell’udienza, entro il termine ordinatorio assegnato dal giudice, non comporta l’improcedibilità della domanda o dell’impugnazione, poichè, in assenza di una espressa previsione in tal senso, vanno evitate interpretazioni formalistiche delle norme processuali che limitino l’accesso delle parti alla tutela giurisdizionale, ma solo la necessità dell’assegnazione di un nuovo termine, perentorio, in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c., sempre che la parte resistente o appellata non si sia costituita, così sanando con effetto “ex tunc” – il vizio della notificazione”(Cass. 19203 del 2014; seguita da 16677 del 2014; 21669 del 2014, in tema di procedimenti camerali relativi alle modifiche delle condizioni della separazione personale dei coniugi e di divorzio).

Da tali premesse consegue l’accoglimento dei motivi di ricorso, avendo la Corte d’Appello ritenuto non scusabile l’omessa notifica nel primo termine concesso nonostante la mancanza di una prova effettiva della ricezione della PEC senza considerare la natura meramente ordinatoria del termine.

In conclusione il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, anche per le spese.

PQM

Accoglie il ricorso. Cassa la pronuncia impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2016

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