Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16334 del 28/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16334 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA
sul ricorso 2934-2011 proposto da:
D’ANDREA CONCETTA DNDCCT65H65F839B, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 441, presso lo studio
dell’avvocato MELE LUIGI, che la rappresenta e difende, giusta
procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– resistente
avverso la sentenza n. 327/14/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di ROMA del 18.5.2010, depositata il 26/05/2010;

Data pubblicazione: 28/06/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO
COSENTINO;
udito per la ricorrente l’Avvocato Luigi Mele che si riporta ai motivi
del ricorso ed insiste per l’applicazione dell’art. 384 c.p.c. (decisione nel

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE
CENICCOLA che si riporta alla relazione scritta e si rimette alla Corte
per la richiesta dell’art. 384 c.p.c.

rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:
«La sig.ra Concetta D’Andrea ricorre contro l’Agenzia delle entrate per la cassazione della
sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, confermando in parte qua la
sentenza di primo grado, ha confermato la rettifica del reddito della contribuente operata per
gli anni 1999 e 2000 in considerazione dell’incremento patrimoniale rappresentato
dall’acquisto, tra l’altro, di un immobile in Roma, via Malfa, dalla stessa effettuato nell’anno
2000.
L’Ufficio – rideterminata la spesa per l’acquisto di detto immobile da 180 milioni di lire
(dichiarati nel rogito) a 551 milioni di lire (accertati ai fini dell’imposta di registro con avviso
non impugnato) – aveva spalmato il valore di tale incremento patrimoniale (e di altri che in
questa sede non rileva menzionare) nell’anno dell’acquisto e nei cinque precedenti, secondo il
disposto dell’articolo 38, quinto comma, dpr 600/73, nel testo applicabile ratione temporis.
La Commissione Tributaria Regionale ha disatteso la contestazione mossa dalla contribuente
alla valutazione dell’incremento patrimoniale effettuata dall’Ufficio con riferimento a detto

merito).

immobile, argomentando che: “si tratta di una compravendita la cui determinazione in sede di
registro non è stata contestata dalla controparte e come tale resasi definitiva”.
Il ricorso della contribuente si articola su tre motivi.
Con il primo motivo, riferito all’articolo 360 n. 4 cpc, si denuncia la nullità della sentenza per
difetto del requisito della concisa esposizione dello svolgimento del processo e per carenza
assoluta di una motivazione corrispondente al modello legale, in violazione dell’ articolo
fissato dall’articolo 132, n. 4, cpc.
Con il secondo motivo, riferito all’articolo 360 n. 5 cpc, si denuncia l’insufficiente
motivazione della sentenza gravata.
Con il terzo motivo, riferito promiscuamente ai nn. 3 e 5 dell’articolo 360 cpc, si denuncia la

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violazione e falsa applicazione dell’articolo 38, commi 4 e 5, dpr 600/73 e l’omessa pronuncia
su un punto essenziale della controversia.
Il primo motivo (da intendere formulato con riferimento all’articolo 36 D.Lgs. n. 546/32) va
disatteso, in quanto la sentenza gravata indica, seppur succintamente, il thema decidendum (nel
penultimo capoverso dello SVOLGIMENTO DEL PROCESSO) è

dà conto, col brano sopra

trascritto, della ratio decidendi.
Con il secondo e terzo motivo, che per la loro intima connessione devono essere esaminati

congiuntamente, la ricorrente – premesso che l’articolo 38 dpr 600/73 dispone che
l’accertamento sintetico del maggior reddito sia basato su “elementi e circostanze di fatto
certi” – lamenta la violazione di tale disposizione ed il vizio di motivazione in cui la sentenza
gravata sarebbe incorsa ritenendo sufficiente, ai fini del suddetto accertamento, il rilievo che la
spesa per incremento patrimoniale determinata dall’Ufficio con riferimento all’acquisto
dell’immobile di via Malfa in Roma corrisponde al valore di tale immobile accertato ai fini
dell’imposta di registro con avviso non oppugnato.
I motivi appaiono fondati.
Al riguardo si rileva che la Sezione tributaria di questa Corte ha già avuto modo di precisare,
con riferimento all’accertamento delle plusvalenze imponibili ai fini dell’imposta sui redditi,
che “I principi relativi alla determinazione del valore di un bene che viene trasferito sono
diversi a seconda dell’imposta che si deve applicare, sicché quando si discute di imposta di
registro si ha riguardo al valore di mercato del bene, mentre quando si discute di una
plusvalenza realizzata nell’ambito di un’impresa occorre verificare la differenza realizzata tra
il prezzo di acquisto e il prezzo di cessione.” (così sent. 23608/11); la stessa Sezione tributaria
ha peraltro reiteratamente ribadito che sussiste una presunzione semplice, superabile dalla
prova contraria eventualmente offerta dal contribuente, di conformità tra il valore di mercato
definitivamente accertato ai fini dell’imposta di registro ed il prezzo incassato per la vendita,
sul quale calcolare la plusvalenza imponibile ai fini dell’imposta sui redditi (sentt. 14581/01,
21055/05, 4057/07, 5070/11).
Si ritiene che il principio giurisprudenziale, elaborato in materia di tassazione delle
plusvalenze patrimoniali, di presunzione semplice di corrispondenza tra il prezzo di
trasferimento di un cespite e il valore definitivamente attribuito a tale cespite ai fini
dell’imposta di registro operi sempre in materia di accertamento dell’imposta sui redditi, ossia
non soltanto quando il prezzo di trasferimento di un cespite rilevi come prezzo ricevuto (ai
fini della tassazione della plusvalenza del venditore), ma anche quando esso rilevi come
prezzo pagato (ai fini della determinazione della spesa per incrementi patrimoniali sostenuta
dal compratore, e quindi, ai fini della determinazione sintetica del reddito del compratore
stesso nell’anno dell’acquisto ed in quelli precedenti).
Ciò premesso, deve rilevarsi che la sentenza gravata – ritenendo provato che la spesa sostenuta
dalla contribuente per l’acquisto dell’immobile di via Malfa in Roma (spesa posta
dall’Ufficio a base dell’accertamento sintetico del reddito di costei) corrispondesse al valore

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del suddetto cespite accertato ai fini dell’imposta di registro – ha applicato una presunzione
semplice effettivamente desumibile dall’ordinamento; ma ha omesso di motivare sulle
circostanze di fatto dedotte dal contribuente per superare detta presunzione.
La contribuente infatti – come si precisa nel ricorso per cassazione, in osservanza dell’onere di
autosufficienza – nell’atto di “controdeduzioni e appello incidentale” depositato davanti alla
Commissione Tributaria Regionale il 2.7.09 aveva dedotto, a fondamento del proprio appello
incidentale:
che l’atto relativo all’immobile di via Malfa in Roma era una compravendita a
tutela di minore;
b)

che, conseguentemente, il relativo prezzo era stato determinato da un professionista
abilitato ed era stato ritenuto congruo dal tribunale di Noia;

c)

che l’avviso di rettifica dell’imposta di registro non era stato oppugnato dalla
contribuente nell’erroneo convincimento “che il prezzo pagato non fosse suscettibile
di variazione per essere stato riconosciuto congruo dal Tribunale di Noia” (pag. 15
del ricorso).

La Commissione Tributaria Regionale – pur dando atto della deduzione di tale circostanze da
parte della contribuente (nel penultimo capoverso dello SVOLGIMENTO DEL PROCESSO) non svolge sulle stesse alcuna argomentazione motivazionale, nemmeno per contestarne la
attendibilità o la concludenza, così incorrendo nel denunciato vizio di motivazione.
Si propone quindi l’accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso, la cassazione
della sentenza gravata e il rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, perché si
attenga al principio di diritto che – ai fini della determinazione della spesa per incrementi
patrimoniali, funzionale alla determinazione sintetica del reddito ex art. 38, quinto comma,
d.p.r. 600/73 – il prezzo versato per l’acquisto di un bene si deve presumere, fino a prova
contraria il cui onere grava sul contribuente, corrispondente al valore definitivamente
attribuito a tale bene ai fini dell’imposta di registro; e, conseguentemente, motivi sulle
circostanze, sopra richiamate, dedotte dalla contribuente per superare la suddetta presunzione
semplice..»

che la parte intimata si è costituita ai soli fini della discussione orale, a cui non

a)

ha peraltro partecipato ;
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti;
che non sono state depositate memorie difensive.
Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio,
condivide le argomentazioni esposte nella relazione;
che pertanto, riaffermati i principi sopra richiamati, la sentenza gravata deve
essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio che
motiverà il proprio giudizio dando conto della valutazione delle circostanze di

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fatto evidenziate nella relazione; valutazione, va precisato, che compete
esclusivamente al giudice di merito, nell’esercizio dei suoi poteri di
apprezzamento delle risultanze istruttorie (d’onde l’impossibilità di adottare
una decisione nel merito ex art. 384 cpc, come richiesto in udienza dal
procuratore della ricorrente).

La Corte cassa la sentenza gravata e rinvia alla Commissione Tributaria
Regionale del Lazio, in altra composizione, che regolerà anche le spese del
giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 12 giugno 2013.

P.Q.M.

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