Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16333 del 28/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16333 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA
sul ricorso 2871-2011 proposto da:
PUNTO VERDE SRL in persona del legale rappresentante sig.
GUZZI GIORGIO GZZGRG59M24F205B e GUZZI MARCO
GZZMRC63D14C5230, PUNTO VERDE SRL 08557390153,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA A. GRAMSCI 14, presso lo
studio dell’avvocato GIGLIO ANTONELLA, che li rappresenta e
difende, giusta procura a margine della terza pagina del ricorso;
– ricorrenti contro
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 (detta anche Agenzia o
Ufficio o Amministrazione) in persona del Direttore Generale pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

Data pubblicazione: 28/06/2013

I

– controricorrente avverso la sentenza n. 93/5/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di MILANO dell’1.6.2010, depositata 1’8/06/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO

COSENTINO;
udito per i ricorrenti l’Avvocato Antonella Giglio che si riporta agli
scritti ed insiste per l’accoglimento del ricorso e rilascia attestazione per
pratica forense Dott. Santangeli Marco.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE
CENICCOLA che si riporta alla relazione scritta.

rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:
«La società Punto Verde srl ed i suoi amministratori Giorgio e Marco Guzzi ricorrono
contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza con cui la Commissione
Tributaria Regionale della Lombardia, confermando la sentenza di primo grado, ha respinto i
ricorsi dei contribuenti contro gli avvisi di accertamento con i quali l’Ufficio – rilevato che
nel modello 770 per l’anno d’imposta 2001 la società aveva dichiarato di aver versato agli
amministratori compensi da costoro non dichiarati nei rispettivi modelli Unico – provvedeva
alla conseguente rettifica dei redditi degli amministratori, con ricalcolo dell’IRPEF dagli stessi
dovuta.
La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto che la dichiarazione di versamento dei
compensi contenuta nel modello 770 della società dimostrasse la percezione di tali compensi
da parte degli amministratori e che i contribuenti non avessero offerto sufficiente prova del
loro assunto che tale dichiarazione fosse frutto di errore materiale.
Il ricorso dei contribuenti si articola su due motivi, entrambi promiscuamente riferiti al vizio di
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ed al vizio di violazione di legge;
quest’ultimo riferito, nel primo motivo, agli articoli 61, secondo comma, d.p.r. 600/73 e I e 7
1. 212/00 e, nel secondo motivo, agli articoli 115 cpc e 3, 53 e 97 Cost.
Con il primo motivo i contribuenti in sostanza lamentano che la Commissione Tributaria
Regionale abbia omesso di statuire la nullità degli atti impositivi per difetto della relativa
motivazione ed abbia anzi proceduto – invece di annullare tali atti in quanto privi di adeguate e
puntuale motivazione – a farsi carico essa stessa di motivare la pretesa impositiva, peraltro

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I

trascurando il rilievo che agli avvisi di accertamento non erano state allegate le segnalazioni
richiamate per relationem nella motivazione degli avvisi stessi.
Il motivo è inammissibile, perché privo autosufficienza. Al riguardo – premesso che
dall’esposizione delle ragioni degli appellanti svolta nella sentenza gravata (a pag. 4) non
emerge che le doglianze concernenti la inadeguatezza della motivazione degli avvisi di
accertamento e la mancata allegazione ai medesimi degli atti di riferimento fossero state
dedotte tra i motivi dell’ appello dei contribuenti avverso la sentenza di primo cure – si osserva

doglianze siano stata riproposte dai contribuenti nel giudizio di secondo grado. A pag. 4 di
detto ricorso, infatti, i motivi dell’ appello dei contribuenti vengono indicati come:
1) omissione di pronuncia della Commissione Tributaria Provinciale “su alcune delle
domande avanzate del ricorrenti”, non meglio specificate;
2) falsità delle affermazioni svolte dalla Commissione Tributaria Provinciale riguardo
alle produzioni documentali;
3) difetti di motivazione della decisione di prime cure;
4) mancato esercizio, da parte della Commissione Tributaria Provinciale, dei poteri
istruttori giudiziali.
Dalla narrativa del ricorso per cassazione non risulta dunque (come sarebbe stato necessario,
dato il silenzio sul punto della sentenza gravata, per il principio di autosufficienza) che il
tema della inadeguata motivazione degli avvisi di accertamento, e della mancata allegazione
ai medesimi degli atti di riferimento, rientrasse nel devolutum al giudice di secondo grado. Da
qui l’inammissibilità del motivo.
Con il secondo motivo i contribuenti in sostanza lamentano che la Commissione Tributaria
Regionale non abbia saputo comprendere i documenti prodotti dei contribuenti, in particolare
non avvedendosi che nel modello 770 prodotto in giudizio gli emolumenti erogati agli
amministratori risultavano esattamente dichiarati, alle pagine 7 e 29, negli importi (conformi a
quelli indicati, quali emolumenti assimilati ai redditi da lavoro dipendente, nei modelli Unico
presentati dagli amministratori stessi) di lire 58.000.000 per Giorgio Guzzi e lire 57.400.000
per Marco Guzzi; cosicché l’ulteriore indicazione di compensi da lavoro autonomo di lire
90.000.000 per ciascuno degli amministratori, annotata alle pagine 18 e 19 dello stesso
modello 770, sarebbe risultata palesemente erronea.
Sulla scorta di tale premessa, i ricorrenti censurano la sentenza gravata – per un verso sotto il
profilo del vizio di motivazione e per altro verso sotto il profilo della violazione dell’articolo
115 cpc – per non aver ponderato adeguatamente le risultanze processuali che avrebbero
consentito di concludere per l’erroneità dell’annotazione di erogazione di compensi da lavoro
autonomo agli amministratori, per 90 milioni di lire ciascuno, contenuta nel modello 770 della
società.
Il motivo è pur esso inammissibile.
La sentenza gravata ha affermato che i contribuenti non hanno fornito la prova che

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che nel ricorso per cassazione non risulta specificato se ed in quali termini le suddette

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l’annotazione, nel modello 770 dalla società, dell’erogazione di compensi da lavoro
autonomo agli amministratori, per 90 milioni di lire ciascuno, fosse frutto di errore materiale.
I ricorrenti censurano tale statuizione lamentando la mancata valutazione delle seguenti
circostanze (elencate nel secondo capoverso di pagina 10 del ricorso):
a) che gli amministratori sarebbero soci fondatori della società e avrebbero sempre
percepito e dichiarato il loro compenso;
b) che nel 2001 il suddetto compenso si sarebbe attestato intorno 58 milioni di lire;

c) che dalla contabilità della società sarebbe risultato che l’importo degli emolumenti
agli amministratori era di 120 milioni di lire non di 300 milioni di lire, come preteso
dall’Ufficio;
d) che il compenso degli amministratori sarebbe stato regolarmente erogato e percepito;
e)

che gli amministratori avrebbero correttamente dichiarato il compenso dei loro
modelli Unico 2002;

O che del libro giornale dal bilancio non risulterebbero corrisposte agli amministratori
somme a titolo di lavoro autonomo;
g) che l’ufficio non avrebbe accertato maggiori spese a carico degli amministratori che
potessero far desumere la percezione di un sostanzioso maggior reddito.
Dall’esame delle suddette circostanze emerge che esse in parte sono meramente assertive (in
particolare, quelle di cui alla seconda parte della lettera “a” ed alle lettere “b”, “d” ed “e”),
in parte sono state trattate e valutate nella sentenza gravata (in particolare, quelle di cui alle
lettere “c” ed “f’), e, tutte, sono prive di qualunque specificazione in ordine agli atti difensivi
in cui le stesse sarebbero state dedotte in sede di merito e in ordine alle modalità e termini di
tali deduzioni; cosicché il mezzo di ricorso, per un verso, impinge inammissibilmente nel
merito (risolvendosi nella mera contrapposizione della valutazione delle risultanze istruttorie
operata dalla parte rispetto a quello operato dal giudice) e, per altro verso, è privo di
autosufficienza.
Si propone il rigetto del ricorso per l’inammissibilità dei relativi motivi. »;

che l’intimata Agenzia delle entrate è costituita con controricorso;
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti;
che la ricorrente ha depositato memorie difensiva;
che il Collegio condivide gli argomenti esposto nella relazione.
In particolare:
Quanto all’inammissibilità del primo motivo di ricorso, si osserva che
nella memoria depositata il 7.6.13 la società ricorrente precisa che
nella pag. 6 del proprio atto di appello era stata reiterata la doglianza
concernente il vizio di motivazione dell’atto impositivo impugnato; ma

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tale precisazione avrebbe dovuto essere contenuta nel ricorso per
cassazione, a pena di inammissibilità del ricorso stesso ex art. 366 n. 6
cpc, e la relativa mancanza non è sanata né dalla produzione, in allegato
al ricorso per cassazione, della copia dell’atto di appello (produzione
funzionale alla procedibilità ex art. 369 n. 4 cpc e non all’ammissibilità

precisazione nella memoria depositata per l’udienza.
Quanto all’inammissibilità del secondo motivo di ricorso, si osserva che
nella memoria depositata il 7.6.13 si reiterano considerazioni di fatto
palesemente estranee all’ ambito del giudizio di legittimità, in quanto
pertinenti all’apprezzamento delle risultanze istruttorie.
Il ricorso va pertanto rigettato; ricorrono giusti motivi di compensazione delle
spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 12 giugno 2013.

ex art. 366 n. 6 cpc), né dal tardivo inserimento della suddetta

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