Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16332 del 28/06/2013
Civile Ord. Sez. 6 Num. 16332 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO
ORDINANZA
sul ricorso 2195-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente contro
RIGHETTI DAMIANO RGHDMN75P26F861H, elettivamente
domiciliato in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avv. UGOLINI SAVERIO, giusta procura
speciale a margine del controricorso;
– controricorrente avverso la sentenza n. 122/14/2009 della Commissione Tributaria
Regionale di BOLOGNA del 28.9.09, depositata il 26/11/2009;
Data pubblicazione: 28/06/2013
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO
COSENTINO;
udito per il controricorrente l’Avvocato Valerio Ficari (per delega avv.
Saverio Ugolini) che si riporta agli scritti.
CENICCOLA che si riporta alla relazione scritta.
rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:
<< L'Agenzia delle entrate ricorre contro il sig. Damiano Righetti per la cassazione della
sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Emilia Romagna, confermando la
decisione di primo grado, ha annullato un avviso di liquidazione avente ad oggetto il recupero
dell'imposta di registro ad aliquota ordinaria su un atto di compravendita di terreni agricoli,
con annessi fabbricati rurali.
L'avviso di liquidazione derivava dalla revoca delle agevolazioni fiscali previste dalla legge n.
604/54 (concesse provvisoriamente dall'Ufficio, al momento della registrazione dell'atto, sulla
scorta dell'attestazione provvisoria di sussistenza dei requisiti di legge rilasciata dal
competente Ispettorato agrario) conseguente alla decadenza in cui sarebbe incorso il
contribuente per non aver presentato il certificato definitivo dell'Ispettorato agrario entro il
termine di tre anni dalla stipula dell'atto, previsto dall'articolo 4, secondo comma, della legge
604/54.
In fatto, per quanto qui interessa, è pacifico - perché concordemente riferito nel ricorso e nel
controricorso — che l'atto di compravendita fu stipulato il 10/8/2000 e registrato il 29/8/2000;
che il contribuente aveva presentato l' istanza di rilascio del certificato de quo il 9/8/2000; che
il certificato fu rilasciato il 28/4/2006, dopo la notifica dell'avviso di liquidazione per cui è E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE causa.
La Commissione Tributaria Regionale ha motivato la propria decisione sul rilievo che il
ritardo nella presentazione del certificato definitivo sarebbe imputabile all'Ispettorato agrario,
giacché questo, in violazione dei principi di collaborazione e trasparenza sottesi agli articoli 2
e 6 della legge 241/90, avrebbe mancato, da un lato, di concludere entro 90 giorni (recte: 30
giorni, n.d.r.), con un provvedimento espresso, il procedimento di rilascio del certificato
introdotto dall'istanza del contribuente e, d'altro lato, di informare il privato sullo stato del
procedimento e di invitarlo a provvedere alla regolarizzazione ed all'integrazione della
documentazione incompleta.
Il ricorso dell'Agenzia delle entrate - dopo aver premesso in fatto che il certificato definitivo
Ric. 2011 n. 02195 sez. MT - ud. 12-06-2013
-2- ,›, rilasciato dall'Ispettorato agrario in data 28/4/2006 conteneva la precisazione: "il presente
attestato viene rilasciato oltre il triennio previsto dalla legge in quanto la documentazione è
stata completata in data 7/4/2006" - si articola su due motivi.
Il contribuente resiste con controricorso.
Col primo motivo, riferito all'articolo 360 n. 3 cpc, la ricorrente censura la violazione e falsa
applicazione degli articoli 3 e 4 della legge 604/54, nonché dell'articolo 2697 c.c., in cui la
Commissione Tributaria Regionale sarebbe incorsa negando la decadenza del contribuente dal cui all'articolo 3 1. 604/54 nel termine triennale di decadenza previsto dalla legge e non avesse
provato che il superamento del suddetto termine era dipeso dal colpevole ritardo degli uffici
competenti nel rilascio del certificato.
Il motivo va disatteso perché non è pertinente alle motivazione della sentenza gravata.
Quest'ultima, infatti, non si fonda sul alcuna affermazione che contrasti con il principio di
diritto sostenuto nel ricorso dell'Agenzia delle entrate (e conforme alla giurisprudenza di
questa Corte) che l'intempestiva presentazione del certificato definitivo di cui all'articolo 3
I. 604/54 determina la decadenza dal beneficio fiscale quando il contribuente non dimostri che
il ritardo nella presentazione del certificato sia imputabile alla condotta colpevole
dell'amministrazione competente al rilascio del certificato stesso; ma si fonda sul giudizio
che, nella specie, il ritardo nella presentazione del certificato è imputabile alla condotta
colpevole dell'amministrazione competente al rilascio dello stesso (vedi il penultimo
capoverso di pagina 3 della sentenza: "l'asserita colpevolezza da parte del contribuente nel
produrre una certificazione richiesta all'Ispettorato provinciale dell'agricoltura è
contraddetta dalle precise disposizioni di legge cui la pubblica amministrazione aveva l'onere
di uniformarsi"); la sentenza gravata, quindi, applica alla fattispecie, così come nella stessa
ricostruita, proprio il principio di diritto del quale il motivo in esame lamenta la violazione.
Col secondo motivo - riferito all'articolo 360 n. 5 cpc e rubricato come "Illogica di insufficiente motivazione su fatto controverso decisivo per il giudizio" - la ricorrente propone
due censure:
- In primo luogo, lamenta che l'interpretazione dell'articolo 2 della legge 241/90 operata dal
giudice di merito sarebbe illogica, in quanto - alla luce del fatto che il contribuente aveva
integrato la documentazione necessaria per il rilascio del certificato solo in data 7/4/2006 tale interpretazione condurrebbe alla conclusione che nel termine di cui all'articolo 2 1. 241/90
l'Ispettorato avrebbe dovuto adottare un provvedimento di diniego del certificato;
provvedimento che, secondo la difesa erariale, sarebbe stato inutile e contrario al principio di
collaborazione tra amministrazione e cittadino.
- In secondo luogo, lamenta che l'argomentazione della Commissione Tributaria Regionale
secondo cui l'Ispettorato agrario avrebbe dovuto, ai sensi dell'articolo 6 I. 241/90, adottare ogni
misura opportuna per il sollecito svolgimento dell'istruttoria, chiedendo la rettifica e
l'integrazione di istanze e produzioni erronee o incomplete, trascura che sul punto il Ric. 2011 n. 02195 sez. MT - ud. 12-06-2013
-3- beneficio fiscale nonostante che il medesimo non avesse prodotto il certificato definitivo di contribuente non aveva dedotto alcuna circostanza o documento ed anzi, nelle controdeduzioni
in appello, aveva ammesso che l'amministrazione gli aveva richiesto i dati per l'integrazione
nella pratica.
Entrambe le censure vanno giudicate inammissibili nella parte in cui denunciano una illogica
interpretazione della legge (e, precisamente, degli articoli 2 e 6 della legge 241/90), in quanto,
come questa Corte ha già avuto modo di precisare, "il motivo di ricorso con cui - ai sensi dell'art. 360, n. 5 cod. proc. civ. così come modificato dall'art. 2 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. indicare il 'fatto" controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume
carente, dovendosi intendere per "fatto" non una "questione" o un "punto" della sentenza, ma
un fatto vero e proprio" (sent. 2805/11).
Vanno poi evidenziati ulteriori profili di inammissibilità, specificamente riferibili a ciascuna
delle due censure.
La prima censura va giudicata inammissibile perché presuppone un fatto (l'avere il
contribuente tardato nel produrre all'Ispettorato agrario la documentazione necessaria per il
rilascio del certificato) non accertato nella sentenza gravata e che non risulta essere stato
dedotto in sede di merito (essendo il ricorso per cassazione privo della indicazione, necessaria
per il rispetto del principio di autosufficienza, degli atti in cui tale deduzione sarebbe stata
effettuata).
La seconda censura va giudicata inammissibile in quanto, a fronte della valutazione del
giudice di merito che l'Ispettorato agrario ha violato il dovere di sollecitare al contribuente le
integrazioni documentali necessarie al tempestivo rilascio del certificato de quo, la censura
per difetto di motivazione si sarebbe dovuta sostanziare con l'indicazione di uno o più fatti
storici trascurati dalla sentenza gravata e la cui valutazione avrebbe condotto ad escludere la
colpa dell'Ispettorato agrario (con la precisazione, peraltro, nel rispetto del principio di
autosufficienza, degli atti defensionali in cui tali fatti sarebbero stato dedotti nel giudizio di
merito). La difesa erariale si è invece limitata, per un verso, ad affermare che sul punto il
contribuente non avrebbe addotto alcuna circostanza o documento, né il giudice avrebbe
esercitato le facoltà istruttorie di cui all'articolo 7 D.Lgs. 546/92; per altro verso, ad affermare 40 - si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specdicamente che l'Ufficio si sarebbe attivato nel richiedere al contribuente i dati per l'integrazione della
pratica (desumendo la circostanza dal passo delle controdeduzioni in appello del contribuente
in cui quest'ultimo dichiarava, appunto, di essersi recato presso l'Ufficio "quando sono stati
richiesti i dati per l'integrazione della pratica"). La prima affermazione si risolve in una
contestazione del tutto generica della valutazione delle istanze istruttorie operata dal giudice di
merito, che tenderebbe a sollecitare alla Corte di cassazione una rivalutazione di tali risultanze
palesemente inammissibile in sede di legittimità. La seconda affermazione è inidonea a
sorreggere una censura ex art. 360 n. 5 cpc, perché il fatto dedotto è privo del requisito della
decisività ai fini della formazione del giudizio sulla colpa dell'Ispettorato agrario, non
risultando in alcun modo precisato che la richiesta di integrazione documentale dal medesimo Ric. 2011 n. 02195 sez. MT
-4- - ud. 12-06-2013 gdi rivolta al contribuente fosse anteriore alla scadenza del termine per la definizione del
procedimento ex art. 2 1. 241/90 o del termine del termine triennale di cui all'articolo 4 1.
604/54.
Si propone quindi, in conclusione, il rigetto del ricorso.>>;
che l’intimato è costituito con controricorso ed ha altresì depositato memoria
difensiva;
che il Collegio condivide gli argomenti esposto nella relazione;
che, pertanto il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di
cassazione, che liquida in € 7.000 per onorari, oltre
Così deciso in Roma il 12 giugno 2013.
e 100 per esborsi.
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti;