Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16330 del 04/08/2016


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Cassazione civile sez. I, 04/08/2016, (ud. 18/05/2016, dep. 04/08/2016), n.16330

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23376-2013 proposto da:

L’IRIDE SOCIETA’ COOPERATIVA A R.L. (p.i. (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ALBERICO II 5, presso l’avvocato ETTORE TRAVARELLI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROBERTO GUIDA, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 955/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 04/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/05/2016 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Milano ha respinto l’appello proposto da Iride soc. coop. a r.l. contro la sentenza di primo grado che, in accoglimento della domanda avanzata nei confronti dell’appellante dal socio lavoratore A.F., aveva annullato la delibera del CdA di sua esclusione dalla società.

La corte territoriale ha in primo luogo ritenuto tempestiva l’impugnazione della delibera e, nel merito, ha rilevato che il provvedimento di esclusione faceva, per un verso, riferimento alla violazione da parte del F. di una norma del regolamento interno che la cooperativa non aveva prodotto,e, per l’altro, accreditava in termini generici, e perciò insufficienti a giustificare l’esclusione, un giudizio di disvalore e gravità degli addebiti contestati.

La sentenza è stata impugnata dalla cooperativa Iride con ricorso per cassazione affidato a due motivi.

A.F. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Il primo motivo del ricorso investe il capo della sentenza impugnata che ha ritenuto tempestiva l’impugnazione. La cooperativa assume che, a norma dell’art. 1335 c.c., la comunicazione della delibera di esclusione, eseguita nei confronti del F. a mezzo raccomandata, doveva ritenersi eseguita il 15.12.07, giorno in cui l’ufficiale postale, non avendo rintracciato il destinatario presso il suo domicilio, aveva compilato e spedito l’avviso di giacenza: la corte del merito avrebbe pertanto errato nel ritenere che il 15.2.08, data di notifica dell’opposizione, il termine di decadenza di cui all’art. 2533 c.c. non fosse ancora decorso.

Il motivo non merita accoglimento.

Ai sensi degli artt. 1334 e 1335 c.c., gli atti unilaterali recettizi si reputano conosciuti nel momento in cui pervengono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.

Pertanto, come ripetutamente affermato da questa Corte, l’atto, ove comunicato con lettera raccomandata a mezzo posta, non consegnata al destinatario per l’assenza sua e delle persone abilitate a riceverla, si presume pervenuto alla data in cui è “rilasciato” il relativo avviso di giacenza presso l’ufficio postale, restando irrilevante ai fini del perfezionamento della comunicazione il periodo legale del compimento della giacenza e quello intercorso fra l’avviso di giacenza e l’eventuale ritiro da parte del destinatario (Cass. nn. 27526/013, 6527/03).

Tuttavia, contrariamente a quanto si sostiene nel motivo, il procedimento di consegna non può ritenersi ultimato con l’emissione e con la spedizione dell’avviso: l’adempimento risulterebbe infatti del tutto inutile se detto avviso non pervenisse nella sfera del destinatario, mettendolo così a conoscenza della giacenza della raccomandata e della possibilità di ritirarla presso l’ufficio postale. Ai fini del perfezionamento della comunicazione è pertanto necessario che l’avviso sia ricevuto dal destinatario, o sia quantomeno recapitato al suo indirizzo (cfr., da ultimo, Cass. n. 6256/016, nonchè Cass. n. 8399/96).

Ne consegue che per contrastare l’accertamento compiuto dalla corte del merito in ordine alla tempestività dell’opposizione, la ricorrente, che invece sul punto nulla ha dedotto, non poteva limitarsi a far riferimento alla data di compilazione dell’avviso, ma avrebbe dovuto specificare in quale data l’avviso era stato recapitato al F..

2) Col secondo motivo la cooperativa lamenta che il giudice a quo abbia ritenuto nulla la delibera di esclusione. Rileva al riguardo che per la validità del provvedimento non era richiesta la preventiva contestazione degli addebiti o l’irrogazione di sanzioni disciplinari e che, comunque, tutti i fatti su cui la delibera si fondava erano stati chiaramente individuati mediante il rinvio alle lettere inviate al F. per richiamarlo ai propri doveri.

Sostiene, inoltre, che la corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che, stante l’omessa produzione del regolamento interno, dovesse escludersi che vi fosse prova della legittimità dell’addebito concernente la violazione di una norma del regolamento medesimo, in quanto l’art. 6 dello statuto prevedeva che l’esclusione potesse aver luogo per gravi inadempienze del socio e, comunque, per sue ingiustificate assenze dal lavoro: ciò che, per l’appunto, era stato contestato al F., il quale si era rifiutato di svolgere le mansioni attribuitegli e non si era presentato al lavoro, inviando solo dopo diversi giorni certificati medici a giustificazione dell’assenza. Contesta, infine, che le inadempienze del F. non fossero di gravità tale da giustificare l’adozione del provvedimento di esclusione.

Il motivo va dichiarato inammissibile.

Le censure illustrate nella sua prima parte risultano estranee al decisum, in quanto la corte d’appello non ha mai affermato che la delibera di esclusione dovesse essere preceduta dalla specifica contestazione degli addebiti o dall’irrogazione di più lievi sanzioni, ma si è limitata a rilevare: che il provvedimento impugnato era stato assunto in forza degli addebiti contestati al F. “con lettere del 25.9 e del 5.11.07”; che di tale seconda lettera non v’era traccia in atti; che, infine, la puntualizzazione fornita dall’appellante, secondo cui, per mero errore, nella delibera si faceva riferimento ad una missiva del 5.11.07, in realtà mai inviata, anzichè a quelle effettivamente inviate al socio il 27.9 ed il 4.10.07, consentiva di cogliere una certa disarticolazione nella formulazione degli addebiti e nel loro succedersi, in pregiudizio del diritto di difesa dell’opponente/appellato, cui era stato comunicato che la sanzione trovava fondamento nella gravità dei fatti contestatigli il 25.9 ed il 5.11.07 (e non già il 27.9 ed il 4.10.07).

Quanto alla censura prospettata nella seconda parte del motivo, la ricorrente riconosce di non aver prodotto il regolamento interno: non si vede, dunque, in qual modo la corte territoriale avrebbe potuto verificare se una norma di detto regolamento fosse stata effettivamente violata dal F., nè si comprende perchè al fine di tale verifica sarebbe stato sufficiente tener conto delle clausole dello statuto societario.

Infine, ed è ciò che maggiormente rileva, la corte d’appello ha comunque valutato nel loro complesso gli addebiti mossi al F. (ivi compresi quelli di cui alle lettere del 27.9 e del 4.10.07 non menzionate nella delibera) ed ha compiutamente esposto le ragioni che l’hanno condotta ad escludere che i comportamenti contestati concretassero inadempienze del socio così gravi da giustificare la sanzione dell’esclusione.

Il contrario assunto della ricorrente, non accompagnato, secondo quanto richiesto dall’attuale testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dalla specifica allegazione del fatto decisivo, oggetto di contraddittorio fra le parti, che il giudice del merito avrebbe ignorato e che, se esaminato, avrebbe comportato un diverso esito della controversia, si risolve, pertanto, nell’inammissibile richiesta di una nuova valutazione degli elementi istruttori, che non compete al giudice di legittimità.

Non v’è luogo alla liquidazione delle spese del giudizio in favore della parte intimata, che non ha svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 18 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2016

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