Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1633 del 20/01/2017
Cassazione civile, sez. VI, 20/01/2017, (ud. 02/11/2016, dep.20/01/2017), n. 1633
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1423-2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA BENEDETTO
CAIROLI n.2, presso lo studio dell’avvocato ANGELO ABIGNENTE, che lo
rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;
– contro ricorrente –
avverso la sentenza n. 18393/2015 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
di ROMA, emessa il 13/03/2015 e depositata il 18/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
02/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO MANZON.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Atteso che ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è stata depositata e ritualmente comunicata la seguente relazione:
“Con sentenza n. 18393 del 2015 questa Corte, Sezione Quinta civile, ha dichiarato improcedibile il ricorso dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 135/42/07 che aveva rigettato l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio locale, nella controversia avente ad oggetto il diritto di A.A. al rimborso della ritenuta IRPEF superiore al 12,50% sulla somma versatagli nel 2000 per liquidazione del capitale del trattamento di previdenza integrativa aziendale.
Di tale sentenza l’Agenzia delle entrate chiede la revocazione ex art. 391 bis c.p.c., art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4. Resiste con controricorso l’ A..
Il ricorso per revocazione si palesa inammissibile.
L’Agenzia delle entrate infatti asserisce che la sentenza in oggetto contiene un errore percettivo consistente nell’avere dato per presupposto che il mancato deposito della sentenza della CTR notificata non dipendesse, come invece nel caso di specie, dalla mancata conoscenza della notificazione stessa, circostanza questa appresa soltanto dal controricorso del contribuente. Peraltro soggiunge che tale errore manifesto nella relazione ex art. 380 bis c.p.c., sarebbe da considerarsi (solo) latente nella sentenza revocanda.
Dalla motivazione di tale sentenza peraltro è da escludere che ricorra il vizio revocatorio denunziato, risultando al contrario che la Corte abbia valutato proprio l’ipotesi, quale quella in questione, nella quale si sia appreso della notifica della sentenza, tra l’altro, da “.. eccezione del controricorrente..”, sicchè rispetto a tale punto decisionale potrebbe al più configurarsi un error in procedendo, che all’evidenza tuttavia non può essere fatto valere con l’impugnazione de qua (principio pacifico nella giurisprudenza di legittimità: cfr., tra le molte, da ultimo, Sez. L. 27451 del 2013).
Si ritiene pertanto la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 375 c.p.c. per la trattazione del ricorso in camera di consiglio e se ne propone la declaratoria di inammissibilità”.
Il Collegio condivide la relazione depositata.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata alle spese del presente giudizio.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente a pagare le spese del presente giudizio che liquida in Euro 5.600 oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 2 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2017