Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16329 del 04/08/2016


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Cassazione civile sez. I, 04/08/2016, (ud. 23/02/2016, dep. 04/08/2016), n.16329

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FORTE Fabrizio – Presidente –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

BANCA POPOLARE DEL MEZZOGIORNO S.P.A. (C.F. e P. IVA (OMISSIS)), in

persona del presidente e legale rappresentante Dott.

L.F.A., rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al

ricorso, dall’avv. prof. Umberto Morera (C.F. (OMISSIS)) ed elett.te

dom.ta presso lo studio del medesimo in Roma, Largo Giuseppe Toniolo

n. 6;

– ricorrente –

contro

FONDO MUTUALISTICO PER LA PROMOZIONE E LO SVILUPPO DELLA COOPERAZIONE

S.P.A. – FONDOSVILUPPO S.P.A. (C.F. (OMISSIS)), in persona del

presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante

Dott. G.M. (C.F. (OMISSIS)), rappresenatta e difesa, per

procura speciale a margine del controricorso, dalla prof. avv.

Salvini Livia (C.F. (OMISSIS)) e dall’avv. Ermanno Belli (C.F.

(OMISSIS)) ed elett.te dom.ta presso lo studio della prima in Roma,

Viale Giuseppe Mazzini n. 11;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 318/09 della Corte d’appello di Potenza

depositata il 26 ottobre 2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23

febbraio 2016 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;

udito per la ricorrente l’avv. Umberto MORERA;

udito per la controricorrente l’avv. SALVINI Livia;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 1996 la Banca di Credito Cooperativo di Salandra e la Cassa Rurale ed Artigiana di Pomarico, cooperative dotate dei requisiti mutualistici ai sensi D.Lgs. C.P.S. n. 14 dicembre 1947, n. 1577, art. 26, si fusero per incorporazione nella Banca Popolare del Materano s.p.a.

Nel luglio 2000 quest’ultima fu perciò convenuta in giudizio dal Fondo Mutualistico per la Promozione e lo Sviluppo della Cooperazione – Fondosviluppo s.p.a. (di seguito semplicemente Fondosviluppo) per il pagamento di 2.892.189.000 a titolo di devoluzione del patrimonio residuo delle due cooperative incorporate, ai sensi D.Lgs. C.P.S. n. 1577 del 1947, art. 26 cit., (che riconosce i requisiti mutualistici alle cooperative i cui statuti contengano, tra l’altro, clausole di “devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell’intero patrimonio sociale – dedotto soltanto il capitale versato e i dividendi eventualmente maturati – a scopi di pubblica utilità conformi allo spirito mutualistico”), e L. 31 gennaio 1992, n. 59, art. 11, comma 5, (che, precisando il contenuto dell’obbligo di devoluzione, stabilisce che:

1. Le associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo, riconosciute ai sensi del citato D.Lgs. del C.P.S. del 14 dicembre 1947, n. 1577, art. 5, e successive modificazioni, e quelle riconosciute in base a leggi emanate da regioni a statuto speciale possono costituire fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. I fondi possono essere gestiti senza scopo di lucro da società per azioni o da associazioni.

4. Le società cooperative e i loro consorzi, aderenti alle associazioni riconosciute di cui al primo periodo del comma 1, devono destinare alla costituzione e all’incremento di ciascun fondo costituito dalle associazioni cui aderiscono una quota degli utili annuali pari al 3 per cento. Il versamento non deve essere effettuato se l’importo non supera Lire ventimila.

5. Deve inoltre essere devoluto ai fondi di cui al coma l il patrimonio residuo delle cooperative in liquidazione, dedotti il capitale versato e rivalutato ed i dividendi eventualmente maturati, di cui del citato D.Lgs. del C.P.S. del 14 dicembre 1947, n. 1577, art. 26, comma 1, lettera c), e successive modificazioni.

6. Le società cooperative e i loro consorzi non aderenti alle associazioni riconosciute di cui al primo periodo del comma 1, o aderenti ad associazioni che non abbiano costituito il fondo di cui al comma 1, assolvono agli obblighi, secondo quanto previsto all’art. 20, commi 4 e 5.

10. Le società cooperative e i loro consorzi che non ottemperano alle disposizioni del presente articolo decadono dai benefici fiscali e di altra natura concessi ai sensi della normativa vigente.

La convenuta resistette e il Tribunale di Matera, preso atto dell’interpretazione autentica delle predette norme imposta L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 17, (legge finanziaria 2001) sopraggiunto in corso di causa, a mente del quale la devoluzione ha luogo anche nei casi di fusione delle cooperative dotate dei requisiti mutualistici in enti diversi (questo il testo della norma: Le disposizioni di cui del D.Lgs. C.P.S. del 14 dicembre 1947, n. 1577, art. 26, ratificato, con modificazioni dalla L. 2 aprile 1951, n. 302, art. 14, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, e della L. 31 gennaio 1992, n. 59, art. 11, comma 5, si interpretano nel senso che la soppressione da parte di società cooperative o loro consorzi delle clausole di cui al predetto art. 26, comporta comunque per le stesse l’obbligo di devolvere il patrimonio effettivo in essere alla data della soppressione, dedotti il capitale versato e rivalutato ed i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici di cui al citato art. 11, comma 5.

Allo stesso obbligo si intendono soggette le stesse società cooperative e loro consorzi nei casi di fusione e di trasformazione, ove non vietati dalla normativa vigente, in enti diversi dalle cooperative per le quali vigono le clausole di cui al citato art. 26, nonchè in caso di decadenza dai benefici fiscali, accolse la domanda e condannò la convenuta al pagamento di Euro 1.493.686,31.

La Corte d’appello di Potenza, adita dalla soccombente, ha confermato la sentenza di primo grado osservando, per quanto ancora rileva:

che a Fondosviluppo s.p.a., società costituita appositamente per la gestione di un fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, ai sensi L. n. 59 del 1992, art. 11, comma 1, ult. periodo, spettava la legittimazione ad agire per ottenere la devoluzione del patrimonio di cooperative, rientrando sicuramente nei poteri di gestione l’esperimento di azioni giudiziarie a tutela degli interessi del fondo stesso;

che alla appellante spettava la legittimazione passiva, essendo irrilevante, ai fini dell’adempimento dell’obbligazione di devoluzione per cui è causa, l’avvenuta distribuzione del patrimonio netto residuo ai soci delle cooperative incorporate sotto forma di azioni della società incorporante;

che, pur facendo riferimento L. n. 59 del 1992, art. 11, comma 5, cit., all’ipotesi di liquidazione delle cooperative, la devoluzione era obbligatoria anche nel caso di fusione, in forza dell’interpretazione autentica di tale norma imposta dal già richiamato L. n. 388 del 2000, art. 17, i dubbi di legittimità del quale erano stati fugati dalla Corte costituzionale con sentenza n. 170 del 2008, mentre la sanzione tributaria, pure prevista dalla legge, operava su un piano diverso e distinto da quello della devoluzione, alla quale eventualmente si andava ad aggiungere;

che nella determinazione del patrimonio residuo andava preso in considerazione anche l’avviamento commerciale delle banche cooperative incorporate, del quale si era tenuto conto in sede di fusione ai fini della determinazione del rapporto di concambio tra i soci e che dunque costituiva una posta reale, e non meramente virtuale, del valore patrimoniale delle società, ed anzi, trattandosi di avviamento derivato, in quanto conseguente ad acquisizione di aziende, costituiva una specifica voce di bilancio ai sensi dell’art. 2427 c.c., (vecchio testo, ora art. 2426 c.c., n. 6).

La Banca Popolare del Mezzogiorno s.p.a., risultante dalla fusione della Banca Popolare del Materano con la Banca Popolare di Crotone s.p.a., ha proposto ricorso per cassazione con cinque motivi.

Fondosviluppo si è difesa con controricorso. Entrambe le parti hanno anche presentato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 81 c.p.c. e art. 1387 c.c., si insiste nalla contestazione della legittimazione attiva di Fondosviluppo s.p.a. affermando che:

– L. n. 59 del 1992, art. 11, comma 1, cit., attribuisce alle associazioni del movimento cooperativo la mera facoltà, non l’obbligo, di avvalersi di società o altre associazioni per gestire i fondi mutualistici; dunque ben potrebbe esservi una gestione diretta dei fondi da parte delle associazioni del movimento cooperativo;

– nessun principio giuridico impone di ricomprendere nel potere di gestione anche quello di agire in giudizio, ben potendo l’attività gestoria essere limitata semplicemente a quella contabile o finanziaria.

1.1. – Il motivo è inammissibile perchè generico.

Che un’associazione del movimento cooperativo possa decidere di gestire direttamente i propri fondi mutualistici è fuori discussione; sarebbe stato però onere della ricorrente chiarire e motivare cosa sia accaduto in concreto nel caso in esame. In mancanza di ciò, la censura di violazione di legge ha contenuto puramente astratto e teorico.

Alla stessa maniera, non può escludersi, in astratto, che un’associazione del movimento cooperativo affidi a una società la mera gestione finanziaria e contabile del fondo; ma occorrerebbe precisare e argomentare cosa sia, secondo la ricorrente, accaduto nella specie.

2. – Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione L. n. 59 del 1992, art. 11, cit., si ripropone l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della banca ricorrente, sostenendo che a tale legittimazione osterebbe l’avvenuto versamento dell’importo corrispondente all’incremento patrimoniale ai soci delle cooperative incorporate, sotto forma di valore di concambio delle azioni della società incorporante. Fondosviluppo avrebbe dunque dovuto agire, semmai, nei confronti dei predetti soci ai sensi dell’art. 2041 c.c., o nei confronti degli amministratori delle cooperative incorporate per il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2395 c.c.; giammai avrebbe potuto, invece, convenire in giudizio la società incorporante, irrilevante essendo il principio di trasmissione ad essa delle obbligazioni facenti capo alle società incorporate, dato che nessuna obbligazione di devoluzione era sorta, appunto, in capo a queste ultime.

2.1. – Il motivo è infondato.

La circostanza che tra i soci sia stato ripartito, con le azioni della società incorporante, anche il valore corrispondente agli incrementi patrimoniali delle cooperative incorporate, non toglie che la legge (si veda l’esplicito dettato L. n. 388 del 2000, art. 17) chiaramente pone a carico delle cooperative che si fondono l’obbligazione di devoluzione.

3. – Con il terzo motivo si denuncia l’errata applicazione L. n. 59 del 1992, art. 11, comma 5, all’ipotesi di fusione, eccependo l’incostituzionalità L. n. 388 del 2000, art. 17, in quanto norma solo nominalmente interpretativa.

La ricorrente contesta quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza 19 maggio 2008, n. 170 (sentenza interpretativa di rigetto, dunque non vincolante al di fuori del giudizio in cui si inseriva la pronuncia incidentale della Corte), che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale, con riferimento ai parametri di cui agli artt. 3, 101, 102 e 104 Cost., della efficacia retroattiva del richiamato art. 17 confermandone la natura interpretativa sul rilievo della obbiettiva incertezza del dato normativo e della possibilità di desumere dalle disposizioni interpretate, in base ai criteri ermeneutici legali, la variante di senso privilegiata in sede di interpretazione autentica.

Ad avviso della ricorrente, la norma avrebbe invece carattere innovativo sotto i seguenti profili:

a) nella parte in cui prevede la decadenza dai benefici fiscali come evento idoneo a far sorgere l’obbligo di devoluzione ai fondi mutualistici;

b) nel riferimento al “patrimonio effettivo dedotti il capitale versato e rivalutato ed i dividendi eventualmente maturati”, che è nozione diversa dal “patrimonio residuo delle cooperative in liquidazione”, contemplata L. n. 59 del 1992, art. 11, comma 5,: quest’ultima essendo riferita al patrimonio che eventualmente residui a seguito della definizione di tutti i rapporti giuridici pendenti, la prima riguardando, invece, il patrimonio di una società in piena attività, con conseguenti differenze anche di carattere quantitativo;

c) nel riferimento alla “fusione” e “trasformazione” delle cooperative, che sono nozioni diverse dallo “scioglimento” e “liquidazione” menzionati D.Lgs. del C.P.S. n. 1577 del 1947, art. 26, e L. n. 59 del 1992, art. 11, comma 5, comportando le prime la continuità delle situazioni soggettive e dell’attività di impresa e la seconda, invece, l’estinzione delle stesse;

d) nella previsione dell’obbligo di devoluzione anche nei casi di fusione eterogenea delle cooperative bancarie, nei limiti in cui questa è ammessa D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 36; previsione altresì contraria al principio di ragionevolezza in quanto l’obbligo di devoluzione, scoraggiando tali fusioni, contrasta con la finalità della legge di promuovere, grazie ad esse, la tutela della stabilità del credito e dei creditori.

3.1. – La ricorrente deduce una questione di legittimità costituzionale L. n. 388 del 2000, art. 17, basata sulla negazione del suo carattere interpretativo sulla scorta di una serie di rilievi.

Premesso che questa Corte ha già avuto occasione di occuparsi dell’illegittimità costituzionale della norma in esame, escludendola sulla scorta degli argomenti portati dal richiamato precedente della Corte costituzionale (cfr. Cass. 25368/2013), può aggiungersi che anche sotto i profili qui dedotti dalla ricorrente la questione è manifestamente infondata o irrilevante.

E’ irrilevante quanto al rilievo sub a), che attiene alla diversa fattispecie in cui è la decadenza dai benefici fiscali a generare l’obbligo di devoluzione, qui invece derivante dalla fusione eterogenea delle cooperative.

E’ manifestamente infondata per il resto.

La Corte costituzionale ha condivisibilmente osservato che la tesi dell’estensione anche all’ipotesi di fusione eterogenea dell’obbligo di devoluzione di cui agli D.Lgs. C.P.S. n. 1577 del 1847, art. 26, e L. n. 59 del 1992, art. 11, era stata plausibilmente sostenuta da una parte della dottrina e della giurisprudenza di merito, nonostante il carattere non liquidatorio della fusione stessa, sulla scorta della ratio di tale obbligo, finalizzato a garantire che i benefici conseguiti grazie alle agevolazioni previste per incentivare lo scopo mutualistico non siano destinati allo svolgimento di un’attività priva di tale carattere e, comunque, non siano fatti propri da coloro che ne hanno fruito. La sussistenza di un plausibile dubbio interpretativo dà conto dell’infondatezza del rilievo sub c).

Una volta ammesso, poi, il dubbio ermeneutico sull’estensibilità dell’obbligo all’ipotesi di fusione, il riferimento al “patrimonio effettivo” contenuto nella norma censurata si giustifica quale mera conseguenza dell’estensione, appunto, dell’obbligo a una vicenda sociataria in cui manca una liquidazione.

E ciò dà conto dell’infondatezza del rilievo sub b).

Il rilievo sub d), infine, più che ad un non meglio precisato carattere innovativo della norma censurata, si affida alla ritenuta irragionevolezza della stessa in quanto contrastante con la finalità di promuovere, mediante le fusioni, la stabilità del sistema creditizio. Nel che, però, non può essere scorta alcuna irragionevolezza, bensì il bilanciamento, secondo la discrezionalità del legislatore, di detta finalità con la contrastante finalità di tutela e promozione della mutualità.

4. – Con il quarto motivo si denuncia violazione L. n. 59 del 1992, art. 11, per avere la Corte d’appello compreso nel patrimonio residuo, da devolversi al fondo, anche l’avviamento commerciale delle imprese incorporate, avendo preso a parametro il valore di concambio indicato nelle delibere di fusione, che dell’avviamento deve tenere conto.

Il valore dell’avviamento, osserva la ricorrente, giammai potrebbe essere preso in considerazione in caso di liquidazione della cooperativa – unica ipotesi prevista legislativamente – che comporta, con lo smembramento dell’azienda, la dispersione dell’avviamento stesso; inoltre – e soprattutto – il valore, puramente virtuale, dell’avviamento, poichè viene realizzato solo all’atto della fusione, incorporato nel valore di con-cambio, non transita per i soggetti tenuti alla devoluzione, ossia le cooperative (che con la fusione si estinguono).

4.1. – Il motivo è infondato.

Va premesso che l’ipotesi della liquidazione non è affatto l’unica prevista dalla legge come fonte dell’obbligo di devoluzione, affiancandosi invece ad essa, per le ragioni sopra esposte, tutte le altre ipotesi – tra cui appunto la fusione – esplicitate dalla L. n. 388 del 2000, art. 17.

Tanto premesso, va osservato che, come correttamente obietta la controricorrente, L. n. 388 del 2000, art. 17, indica quale oggetto della devoluzione il “patrimonio effettivo” – non meramente “contabile” – delle cooperative, e condivisibilmente la Corte costituzionale ha ritenuto, nella richiamata sentenza n. 170 del 2008, che tale precisazione consegue alla necessità di tener conto, nell’ipotesi di fusione “anche della parte dinamica del patrimonio”; e nemmeno è esatto, peraltro, che nel caso di scioglimento e liquidazione della cooperativa il valore dell’avviamento sia destinato a non essere realizzato (basti pensare alla vendita dell’azienda in blocco da parte del liquidatore).

L’inclusione del valore di avviamento nel patrimonio effettivo della cooperativa, inoltre, è imposto dalla ratio dell’obbligo di devoluzione, sopra indicata, di assicurare che i benefici conseguiti grazie alle agevolazioni, previste quali incentivi dello scopo mutualistico, non siano distratti in favore di attività prive di tale carattere e, comunque, in favore di coloro che ne hanno fruito: in mancanza di devoluzione, infatti, del valore di avviamento finirebbero con beneficiare in caso di fusione, grazie al valore di concambio, i soci delle cooperative.

5. – Con il quinto motivo, denunciando erronea applicazione L. n. 59 del 1992, art. 11, si sostiene che l’unica sanzione prevista per l’inottemperanza agli obblighi previsti da tale articolo è, ai sensi del comma 10 dello stesso, la decadenza dai benefici fiscali e di altra natura concessi ai sensi della normativa vigente; onde non potrebbero configurarsi ulteriori conseguenze a carico delle cooperative inottemperanti.

5.1. – Il motivo è infondato.

Quella relativa alla devoluzione del patrimonio è una normale obbligazione; la previsione di una sanzione fiscale non vale ad escludere l’applicazione delle normali conseguenze previste dall’ordinamento a carico dell’obbligato inadempiente.

6. – Il ricorso va in conclusione respinto.

La novità, per taluni aspetti, delle questioni esaminate giustifica la compensazione delle spese processuali.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate tra le parti le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2016

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