Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16329 del 03/07/2017


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Cassazione civile, sez. I, 03/07/2017, (ud. 17/05/2017, dep.03/07/2017),  n. 16329

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 4374/2011 proposto da:

ADRIATIC SHIPYARDS s.p.a. con socio unico in liquidazione (CF

(OMISSIS)) in persona del liquidatore p.t. Dr. V.G.,

rapp.ta e difesa per procura in calce al ricorso dall’avv. Maurizio

Terenzi ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv.

Claudio Macioci in Roma alla v. Tacito n. 23;

– ricorrente –

contro

C.L., M.G. e R.R. nella

qualità di Commissari Giudiziali della Adriatic Shipyards s.p.a.;

– intimati –

avverso il decreto n. 800 del 2010 della Corte di Appello di Ancona

depositato il 23 novembre 2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 17 maggio 2017 dal relatore Dr. Aldo Ceniccola.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

con Decreto n. 800 del 2.11.2010 la Corte di Appello di Ancona rigettava il reclamo proposto dalla Adriatic Shipyards s.p.a. in liquidazione avverso il decreto con il quale il tribunale di Pesaro rigettava la proposta di omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni presentata dalla società in data 10.2.2009;

in particolare la Corte osservava, per quanto ancora di interesse, che gli accertamenti svolti dai commissari avevano evidenziato l’impossibilità di soddisfare i creditori chirografari nella misura prospettata secondo il piano di liquidazione sottoposto ai creditori e da costoro approvato ai sensi della L. Fall., art. 177, dovendosi semmai affermare, circa lo smobilizzo del magazzino (costituito da merci e imbarcazioni) su cui il tribunale aveva in larga parte basato la propria decisione, che, in assoluta carenza di offerte di acquisto, non era possibile formulare alcuna attendibile prognosi, ergendosi a discriminante la ripresa del mercato nautico attualmente caratterizzato da grave stagnazione;

tale circostanza consentiva alla Corte, alla luce delle verifiche compiute dagli organi della procedura, di ritenere priva di censure la valutazione dei primi giudici circa la non fattibilità del piano posto a fondamento della proposta concordataria, attesa l’impossibilità di conseguire gli obiettivi che la società istante aveva rappresentato ai creditori in sede di ricorso e sottoposto agli stessi in sede di votazione;

avverso tale decreto la Adriatic Shipyards s.p.a. in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico mezzo;

i commissari giudiziali della procedura non hanno svolto difese.

Diritto

CONSIDERATOIN DIRITTO

che:

con l’unico motivo la ricorrente si duole dell’illegittimità del decreto impugnato nella parte in cui ha ritenuto non sussistente la fattibilità del piano concordatario per vizio di violazione e falsa applicazione nonchè per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, della L. Fall., art. 180, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5;

più in particolare la ricorrente ha evidenziato che non solo nella relazione L. Fall., ex art. 180, ma anche in quella depositata ai sensi della L. Fall., art. 172, i commissari avevano affermato che la proposta concordataria avrebbe consentito il pagamento integrale delle spese di procedura, dei creditori privilegiati e di una percentuale di creditori chirografari stimata in misura pari al 12,82% (in misura quindi diversa da quella originariamente indicata dalla società e pari al 32,82%) e dunque, intervenendo la votazione dei creditori in un momento successivo al vaglio della proposta nel contraddittorio delle parti interessate, i creditori chirografari erano perfettamente a conoscenza di quelle che erano le percentuali di pagamento ed erano pienamente in grado di esprimere un consenso informato sulla proposta concordataria. Sarebbe stato perciò precluso al tribunale, in sede di omologazione del concordato, di procedere d’ufficio alla valutazione sulla convenienza del concordato, dato il determinante ed esclusivo rilievo attribuito al consenso deicreditori;

il motivo è fondato;

come statuito da S.U. n. 1521 del 2013 “in tema di concordato preventivo, il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall’attestazione del professionista, mentre rimane riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischiinerenti”;

tali generali considerazioni risultano poi riprese e specificate da Cass. n. 15345 del 2014 secondo cui “dopo l’approvazione della proposta da parte dei creditori non è consentito al tribunale, e neppure alla corte di appello in sede di reclamo, verificare la probabilità di successo del concordato e non omologarlo quando appaia prevedibile un inadempimento del debitore che legittimerebbe i creditori a chiedere la risoluzione del concordato. Una tale decisione, infatti, non potrebbe giustificarsi con la probabilità di inadempimento, posto che la relativa valutazione ai fini dell’omologazione è riservata ai creditori, ai quali soltanto, inoltre, e con esclusione dello stesso pubblico ministero, è riservata dopo l’omologazione la legittimazione a chiedere la risoluzione (…) Questi ultimi, del resto, ben potrebbero avere accettato non solo il rischio ma anche l’eventualità di essere soddisfatti in una misura ed in tempi diversi da quelli preventivati nella approvata proposta di concordato”;

sulla stessa linea argomentativa si pone Cass. n. 23882 del 2016, in relazione ad una fattispecie nella quale il tribunale aveva fondato il diniego di omologazione della proposta sul rilievo della maggiore attendibilità della stima operata dal commissario giudiziale in ordine al valore dell’immobile offerto ai creditori e dell’attivo realizzabile dalla sua liquidazione, rispetto a quella eseguita dall’attestatore; anche in tal caso viene espressa chiaramente e condivisibilmente l’idea secondo la quale le questioni concernenti la valutazione dei beni offerti in cessione, con le conseguenti ripercussioni sulla percentuale di soddisfo proposta ai creditori, costituiscono una valutazione di merito, inerente alla convenienza economica del concordato, e non già all’accertamento della sua mancanza di causa in concreto, atteso che l’inidoneità della proposta a soddisfare sia pure in minima parte i creditori, che può giustificare il diniego di omologazione, deve emergere “prima facie” e non dopo la verifica della prognosi favorevole normalmente sottesa all’approvazione del concordato da parte della maggioranza richiesta e neppure può essere affermata sulla scorta di un giudizio probabilistico e certamente opinabile, quale quello concernente l’effettivo valore di realizzo dei beni stimato dal commissario giudiziale, solo perchè divergente rispetto a quello originariamente indicato dal debitore;

il decreto impugnato va pertanto cassato con rinvio alla Corte di Appello di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2017

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