Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16328 del 30/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/07/2020, (ud. 06/03/2020, dep. 30/07/2020), n.16328

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30805-2019 proposto da:

D.I.C.A., D.I.B., domiciliati in ROMA

presso la Cancelleria della Corte di cassazione, e rappresentati e

difesi dall’avvocato ENNIO CERIO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositato il

22/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/03/2020 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La Corte d’Appello di Campobasso con decreto n. 9 del 22 marzo 2019 ha rigettato l’opposizione proposta da D.I.B. e D.I.C.A., nella qualità di eredi di D.P.P.A., avverso il decreto con il quale il consigliere delegato aveva rigettato la domanda di equa riparazione per l’irragionevole durata di vari giudizi riuniti ed intentati dalla de cuius innanzi al Giudice di Pace di Campobasso, aventi ad oggetto opposizioni ad ordinanze ingiunzione emesse dalla Prefettura di Campobasso per l’emissione di assegni senza autorizzazione ovvero senza provvista, processo definito in primo grado con sentenza del 21/2/2017 a fronte dell’introduzione delle cause risalente al 31/10/2005.

Assumevano gli opponenti che erroneamente il decreto opposto aveva escluso dal computo della durata del processo il tempo durante il quale le cause di opposizione erano state sospese a seguito della proposizione di querela di falso in via incidentale, querela di falso affidata per competenza alla cognizione del Tribunale di Campobasso.

Peraltro il Consigliere delegato aveva rilevato che, ove la domanda proposta fosse stata intesa come volta ad ottenere l’equo indennizzo anche per la durata del processo incidentale di querela di falso, la stessa doveva ritenersi preclusa, posto che il Tribunale aveva deciso la controversia con sentenza del 2/3/2015, passata in cosa giudicata in data 3/4/2016, essendo quindi abbondantemente decorso alla data della proposizione della domanda ai sensi della L. n. 89 del 2001 (18/10/2018) il termine semestrale di decadenza.

La Corte d’Appello in sede di opposizione riteneva corretta la conclusione di cui al provvedimento opposto evidenziando che alla fattispecie risultava applicabile la novellata previsione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 quater che espressamente dispone che per i procedimenti introdotti in data successiva all’entrata in vigore della L. n. 134 del 2012 di conversione del D.L. n. 83 del 2012, non si tenga conto del tempo in cui il processo è sospeso.

Ne derivava che non potevano più trovare applicazione i diversi principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, atteso il mutamento del quadro normativo di riferimento, nè sorgevano dubbi di costituzionalità od in ordine al rispetto del diritto convenzionale, in quanto la sterilizzazione del periodo di sospensione non impedisce che la parte possa comunque chiedere autonomamente l’equo indennizzo per la durata irragionevole della causa pregiudicante.

Pertanto, una volta depurato il calcolo della durata del processo del periodo di sospensione, risultava che il giudizio svoltosi dinanzi al giudice di pace aveva avuto una durata inferiore a tre anni, il che escludeva che la domanda fosse accoglibile.

Per la cassazione di questo decreto le originarie parti ricorrenti hanno proposto ricorso sulla base di un motivo.

Il Ministero della Giustizia è rimasto intimato.

Con il ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 par. 1 della CEDU con la contestuale e dipendente violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, in merito alla valutazione unitaria del processo civile presupposto, rilevandosi anche la questione di legittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 quater.

Nel ricordare i presupposti che giustificano il riconoscimento dell’equo indennizzo in base alla L. n. 89 del 2001, si richiamano altresì i principi affermati da questa Corte prima della novella del 2012 quanto all’irrilevanza dell’eventuale sospensione del giudizio presupposto ai fini del computo della durata ragionevole del processo.

Si assume altresì che la soluzione alla quale è pervenuta la Corte distrettuale si pone in contrasto con i principi della CEDU, non potendosi quindi scorporare dal computo della durata del processo presupposto la durata del processo incidentale di querela di falso.

In via subordinata, ove si ritenga che l’interpretazione offerta nel provvedimento impugnato sia conforme alla norma di legge, si propone la questione di legittimità costituzionale della medesima per violazione dell’art. 117 Cost. in relazione alla previsione di cui all’art. 6 par. 1 della CEDU.

Il ricorso è infondato.

Rileva il Collegio che la decisione gravata ha deciso la controversia sottoposta al suo esame in conformità della giurisprudenza di questa Corte.

Ed, infatti, a far data da Cass. n. 18197/2015, che ha avuto modo di confrontarsi con la previsione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 quater, introdotto a seguito della novella del 2012, è stato ritenuto che la disposizione, secondo cui non si tiene conto ai fini del computo della durata “del tempo in cui il processo è sospeso”, include non solo l’ipotesi di sospensione ex art. 295 c.p.c. ma tutte le altre ipotesi di sospensione, tra cui anche quella di cui all’art. 624 c.p.c., attesa l’ampiezza della formula introdotta dal legislatore del 2012, restando comunque salva la possibilità per la parte, che ritenga di aver subito un pregiudizio dall’eccessiva durata del processo pregiudicante, di proporre un’autonoma domanda di equa riparazione specificamente riferita a quest’ultimo giudizio. Nela motivazione, oltre a darsi atto dell’impossibilità di poter dare seguito al diverso orientamento maturato in precedenza, a mente del quale invece anche i periodi di sospensione erano computati ai fini della durata ragionevole del processo presupposto, e ciò in considerazione dell’esplicita scelta del legislatore, è stato altresì affermato che tale scelta nel porre un vincolo all’interprete, il quale non può determinare la durata del processo comprendendo all’interno della stessa il periodo di sospensione per pregiudizialità, non pone neanche problemi dal punto di vista della compatibilità costituzionale e convenzionale della vigente disciplina.

Infatti, pur nell’ambito di una disciplina chiaramente orientata a considerare in modo unitario il giudizio della cui irragionevole durata ci si duole, il legislatore non irragionevolmente ha ritenuto che non potesse essere addebitata all’amministrazione giudiziaria la durata derivata dalla sospensione del procedimento cui la domanda di equa riparazione si riferisce, restando peraltro impregiudicata la possibilità, per la parte che dall’eccessiva durata del giudizio pregiudicante ritenga di avere subito un danno, di proporre domanda di equa riparazione con specifico riferimento a tale procedimento e nei termini di decadenza ad esso riferibili.

Tale conseguenza si impone atteso che ogni giudizio deve svolgersi in una durata ragionevole e che la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quater, ove interpretato nel senso della sterilizzazione del periodo di sospensione del processo per pregiudizialità, non recuperabile con un’autonoma domanda relativa alla durata del giudizio pregiudicante, si porrebbe in contrasto con l’art. 111 Cost., comma 2, e con l’art. 6 CEDU.

In tal senso, la riconosciuta possibilità che anche per il giudizio pregiudicante valga il principio della ragionevole durata, la cui violazione può comportare il riconoscimento di un autonomo indennizzo nel concorso dei requisiti di fondatezza della domanda, consente di escludere l’illegittimità costituzionale e convenzionale della nuova disciplina (in senso conforme si veda poi Cass. n. 5769/2017; Cass. n. 26833/2016; Cass. nn. 165 e 166 del 2016).

Nè appare possibile invocare in senso contrario una pretesa natura peculiare del giudizio incidentale di querela di falso, avendo questa Corte ribadito che (Cass. n. 12035/2017) tra il processo di falso e la causa di merito rilevante ai fini della sospensione sussiste un rapporto di pregiudizialità, riconosciuto dal legislatore nella forma tipica della pregiudizialità dipendenza prevista dall’art. 225 c.p.c., comma 2, riconducibile all’area della sospensione necessaria (fatta salva la diversa applicabilità dell’art. 337 c.p.c. ove la causa pregiudicante sia stata decisa in primo grado).

Ed, infatti la giurisprudenza della Corte nelle occasioni in cui ha avuto modo di occuparsi della natura della sentenza che definisce la querela di falso, ancorchè proposta in via incidentale, ha costantemente ribadito la specificità del giudizio de quo, pervenendo alla conclusione che la sentenza de qua abbia sempre natura definitiva, sebbene il giudizio nel quale l’accertamento di falso si innesta, sia destinato a proseguire.

In tal senso si veda Cass. n. 2988/1976, la quale ha affermato che, esaurendosi la rilevanza del carattere incidentale della querela di falso nella fase della sua ammissibilità, ed assumendo, quindi, che il relativo procedimento abbia natura formalmente autonoma ed indipendente rispetto al giudizio principale, anche sotto il profilo della competenza (in tal senso si veda anche Cass. n. 12399/2007 per la quale la sentenza che decide sulla querela di falso non è una sentenza parziale, cioè non definitiva, ma rappresenta l’epilogo di un procedimento che – pur se attivato in via incidentale – è comunque autonomo ed ha per oggetto l’accertamento della falsità o meno di un atto avente fede privilegiata, nonchè in motivazione Cass. n. 15601/2015).

Ne deriva che correttamente la decisione gravata ha valutato la durata del giudizio presupposto, individuato in quello introdotto dinanzi al giudice di pace di Campobasso, al netto del periodo di sospensione, rilevando peraltro che l’eventuale domanda di equo indennizzo, ove riferita anche alla durata della causa pregiudicante di querela di falso era da reputarsi inammissibile per la maturata decadenza ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 4, essendo decorso, alla data di proposizione del ricorso ex L. n. 89 del 2001, oltre un semestre rispetto alla data di passaggio in giudicato della sentenza che aveva definito la querela di falso.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Nulla a provvedere sulle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato.

Non sussistono i presupposti di legge sul raddoppio del contributo unificato (Cass. n. 2273/2019) come si desume da D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10 (conf. Cass. S.U. n. 4315/2020).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 marzo 2020.

Depositato in cancelleria il 30 luglio 2020

 

 

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