Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16326 del 26/07/2011

Cassazione civile sez. II, 26/07/2011, (ud. 09/06/2011, dep. 26/07/2011), n.16326

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.G.S.P., rappresentato e difeso, in virtù

di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Donvito Marco,

elettivamente domiciliato nello studio di quest’ultimo in Roma, corso

Vittorio Emanuele II, n. 229;

– ricorrente –

contro

CALLIGARIS s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino n. 1449 del 16

ottobre 2008;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 9

giugno 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, decidendo il ricorso possessorio proposto da T.G. S.P. nei confronti della s.r.l. Calligaris, il Tribunale di Cuneo, con sentenza del 22 agosto 2006, dichiarò cessata la materia del contendere in relazione alla domanda possessoria, respinse l’ulteriore domanda risarcitoria e condannò l’attore al pagamento delle spese di lite;

che la Corte d’appello di Torino, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 16 ottobre 2008, in parziale accoglimento del gravame del T.G. e in parziale riforma dell’impugnata pronuncia, ha dichiarato compensate per la metà le spese processuali del giudizio di primo grado, restando la residua metà a carico dell’attore, e ha confermato nel resto l’impugnata sentenza;

che, regolando le spese del giudizio di secondo grado, la Corte territoriale le ha dichiarate compensate per la metà, ponendo a carico del T.G. la restante parte;

che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il T.G. ha proposto ricorso, con atto notificato il 28 novembre 2009, sulla base di tre motivi;

che l’intimata società non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

che il primo motivo denuncia omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione in ordine al riconoscimento dell’avvenuto spoglio, fatto decisivo per il giudizio;

che il secondo mezzo censura omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione in ordine alla mancanza del danno;

che con il terzo motivo si denuncia omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione in ordine alla completa compensazione delle spese di lite dei due gradi di giudizio;

che in tutti i tre motivi, con cui viene variamente articolato il vizio di motivazione, non è stato osservato l’onere, imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ. a pena di inammissibilità, del quesito di sintesi;

che questa Corte regolatrice – alla stregua della stessa letterale formulazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ. introdotto, con decorrenza dal 2 marzo 2006, dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009 dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47 ma applicabile ai ricorsi proposti avverso le sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 e il 4 luglio 2009 (cfr. L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5) – è fermissima nel ritenere che a seguito della novella del 2006 nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, allorchè, cioè, il ricorrente denunci la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria e le ragioni per le quali la dedotta insufficienza o contraddittorietà della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione;

che ciò importa in particolare che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603);

che, al riguardo, ancora è incontroverso che non è sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che è indispensabile che sia indicato in una parte, del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata;

che non si può dubitare che allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto e le ragioni per le quali la motivazione è omessa, insufficiente o contraddittoria, imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ. , deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, all’inizio o al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (in termini, Cass., Sez. 3^, 30 dicembre 2009, n. 27680);

che nella specie i motivi di ricorso, formulati ex art. 360 c.p.c., n. 5, sono totalmente privi di tale momento di sintesi, iniziale o finale, costituente un quid pluris rispetto all’illustrazione delle censure;

che non rileva che il ricorso sia stato notificato quando la L. 18 giugno 2009, n. 69, era già stata pubblicata ed entrata in vigore;

che, invero, alla stregua del principio generale di cui all’art. 11 preleggi, comma 1, secondo cui, in mancanza di un’espressa disposizione normativa contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo, nonchè del correlato specifico disposto della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5 in base al quale le norme previste da detta legge si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge (4 luglio 2009), l’abrogazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ. (intervenuta ai sensi della citata L. n. 69 del 2009, art. 47) è diventata efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta data, con la conseguenza che per quelli proposti – come nella specie – contro provvedimenti pubblicati antecedentemente (e dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) tale norma è da ritenere ancora applicabile (Cass., Sez. 1^, 26 ottobre 2009, n. 22578; Cass., Sez. 3^, 24 marzo 2010, n. 7119);

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che nessuna statuizione sulle spese deve essere emessa, non avendo l’intimata società svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 9 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2011

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