Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16324 del 26/07/2011

Cassazione civile sez. II, 26/07/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 26/07/2011), n.16324

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA L. MANTEGAZZA N 24, presso lo studio del Cav. GARDINI

MARCO, rappresentato e difeso dall’avvocato RAMPINO GABRIELE, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

K.B. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato DI

MATTIA SALVATORE, rappresentata e difesa dall’avvocato SERANTONI

LUIGI, giusta mandato in calce alla comparsa di risposta;

– resistente –

e contro

C.U.;

– intimato –

avverso l’ordinanza n. 10329/08 R.G. del TRIBUNALE di BOLOGNA

dell’8/04/09, depositata il 30/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. IPPOLISTO PARZIALE;

udito l’Avvocato Rampino Gabriele, difensore del ricorrente che si

riporta ai motivi;

è presente il P.G. in persona del Dott. PRATIS PIERFELICE che

concorda con la relazione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. – S.L.R. ha proposto regolamento di competenza avverso l’ordinanza di sospensione ex art. 295 c.p.c. emessa dal Tribunale di Bologna nella causa pendente tra le parti suindicate con il n. 10329/08 R.G..

2. – K.B. ha depositato memoria difensiva ex art. 47 C.P.C., u.c..

3. – Nessuna attività in questa sede ha svolto C.U..

4. – Il ricorrente espone di aver proposto giudizio di divisione nei confronti di K.B. (comproprietaria di 17/102) e di C.U. (comproprietario di 6/102) di un immobile in (OMISSIS), nel quale, premesso di essere proprietario pro indiviso della quota di 79/102, ha richiesto l’attribuzione dell’intero ai sensi e per gli effetti di cui al combinato disposto degli artt. 720 e 1116 cod. civ., previo versamento del conguaglio che risulterà dovuto e in relazione alla indivisibilità in natura dell’immobile.

5. – Il C., costituitosi in giudizio, ha aderito alla domanda attorea.

6. – La signora K. ha, invece, contestato l’entità delle quote dei partecipanti alla comunione, chiedendo la sospensione del processo, essendo pendenti avanti al Tribunale di Bologna tre distinte cause (n. 5852/08, n. 12179/08 e n. 4945/08), aventi tutte come oggetto la proprietà dell’immobile in questione con conseguenti effetti sulla determinazione delle rispettive quote di proprietà.

7. – Il giudice unico del Tribunale adito ha disposto con l’ordinanza impugnata la sospensione del giudizio in relazione alla necessaria pregiudiziale definizione dei giudizi pendenti e precisamente: a) n. 5852/08, avente ad oggetto la domanda di rescissione ultra dimidium del contratto (rogito Cortellazzo 21/1/01 rep. 20197) con il quale S.L. acquistò dalla signora G.V. (dante causa della K.) la quota di 34/102 di comproprietà sull’immobile oggetto della causa di divisione; b) n. 12179/08, avente come oggetto la domanda di retratto successorio (art 732 c.c.) della quota di 17/102 di comproprietà sul suddetto immobile, acquistata con rogito Cortellazzo 11/4/08 rep. 20995 dal S.L.; c) n. 4945/08, avente come oggetto la domanda di simulazione proposta contro C.U. (parziale interposizione fittizia) nell’acquisto di una quota di comproprietà sul suddetto immobile, e della effettiva proprietà in capo a detta attrice (erede di uno degli interponenti) di parte di tale quota.

Il Giudice Istruttore ha ritenuto che per la decisione della causa di divisione “è preliminarmente e pregiudizialmente necessario che vengano definite con certezza le entità delle quote di proprietà dei partecipanti”, che la definizione delle controversie sopra elencate costituisce un antecedente logico-giuridico e che la identità delle parti nel giudizio pregiudicante e nei giudizio pregiudicato non costituisce un “indefettibile presupposto della sospensione”.

8. – S.L. con l’istanza di regolamento di competenza deduce due motivi, lamentando col primo la violazione dell’art. 295 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) e vizio di motivazione circa la sussistenza della ritenuta pregiudizialità dei tre giudizi in corso tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5) e col secondo la violazione di tale norma sotto il profilo della estraneità del ricorrente ad uno dei giudizi ritenuto pregiudiziale.

8.1 – Il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione. Il ricorrente deduce che le quote di proprietà sarebbero “assolutamente certe ed incontestabili, promanando da atti pubblici e come tali aventi carattere di solennità e certezza”.

8.2 – Col secondo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 295 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) in ragione dell’estraneità del ricorrente ad uno dei giudizi.

9. – Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c., il consigliere relatore delegato ha depositato relazione con la quale ritiene che il ricorso debba essere rigettato. La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti.

La parte ricorrente ha depositato memoria.

10. – Il ricorso è infondato e va respinto.

10.1 – In linea generale occorre osservare che la sospensione necessaria del processo, ove non sia imposta da specifica disposizione di legge, ha per fondamento non solo l’indispensabilità logica dell’antecedente avente carattere pregiudiziale, nel senso che la definizione della relativa controversia si ponga come momento ineliminabile del processo logico della causa dipendente, ma anche la sua indispensabilità giuridica, nel senso che l’antecedente logico venga postulato con efficacia di giudicato, per modo che non possa eventualmente verificarsi un conflitto di giudicati. Lo scopo perseguito dalla sospensione necessaria è, infatti, quello di evitare il conflitto di giudicati. L’art. 295 c.p.c. può trovare applicazione solo quando in altro giudizio deve esser decisa, con efficacia di giudicato, una questione pregiudiziale in senso tecnico- giuridico, sussistendo in tal caso il rischio del conflitto di giudicati, e non anche qualora oggetto dell’altra controversia sia una questione pregiudiziale soltanto in senso logico, non configurandosi in questo caso il menzionato rischio (Cass. SU n. 4421 del 27/02/2007 – rv. 596312).

La nozione di pregiudizialità ricorre, quindi, solo quando una situazione sostanziale rappresenti fatto costitutivo o comunque elemento della fattispecie di un’altra situazione sostanziale, sicchè occorre garantire uniformità di giudicati, perchè la decisione del processo principale è idonea a definire in tutto o in parte il tema dibattuto (Cass. n. 27426 del 28/12/2009 – rv. 610834).

Tanto premesso in via generale, la sospensione necessaria del processo ex art. 295 cod. proc. civ., nell’ipotesi di giudizio promosso per il riconoscimento di diritti derivanti da titolo, ricorre quando in un diverso giudizio tra le stesse parti si controverta dell’inesistenza o della nullità assoluta del titolo stesso, poichè al giudicato d’accertamento della nullità – la quale impedisce all’atto di produrre ab origine qualunque effetto, sia pure interinale – si potrebbe contrapporre un distinto giudicato, di accoglimento della pretesa basata su quel medesimo titolo, contrastante con il primo in quanto presupponente un antecedente logico-giuridico opposto.

Il nesso di pregiudizialità necessaria ex art. 295 c.p.c., quindi, non è riconoscibile ove nel diverso giudizio si controverta di meri vizi d’annullabilità del titolo medesimo, atteso che, agli effetti della norma de qua, la causa inerente ad una pretesa creditoria può ritenersi dipendente dalla causa sul titolo del relativo diritto se quest’ultima inerisca alla sussistenza del titolo medesimo, come in precedenza evidenziato, non anche ove ne possa comportare l’annullamento con sentenza di natura costitutiva, non essendo l’annullamento stesso incompatibile con la sua efficacia medio tempore, salva restando, peraltro, la retroattività inter partes con i connessi obblighi di restituzione delle prestazioni già eseguite (Cass. SU n. 4421 del 27/02/2007 – rv. 596312).

10.2 – Quanto al primo motivo di ricorso, occorre rilevare che nel giudizio di divisione (sospeso) il dissenso in ordine allo scioglimento della comunione da parte della signora K. riguarda non già aspetti relativi al giudizio divisionale, quanto piuttosto la corretta determinazione delle quote dei condividenti. In relazione a tale aspetto la signora K. ha appunto richiamato i tre distinti giudizi pendenti precedentemente indicati, con i quali ella contesta i rispettivi titoli di proprietà, per quota, pervenuti all’odierno ricorrente. L’utile esperimento di tali azioni determinerebbe l’attribuzione delle quote contestate in capo alla signora K., con diretta incidenza sul giudizio di divisione, nel quale quest’ultima godrebbe anche della quota maggioritaria, mentre il condividente C. risulterebbe privo di qualsiasi quota. Più specificamente occorre rilevare, come osservato dalla K. nella sua memoria, che: l’eventuale accoglimento della domanda di rescissione per lesione ex art. 1448 cod. civ. comporta la caducazione degli effetti del contratto con il quale lo S. ha acquistato da G.V. una quota di comproprietà pari a 34/102, e la conseguente successione della K., erede di questa, nella titolarità di tale quota – l’eventuale accoglimento della domanda di riscatto ex art. 732 cod. civ. comporta il trasferimento alla K. di parte (17/102) della quota di comproprietà acquistata dal retrattario S. (45/102) – l’eventuale accoglimento della domanda di accertamento della interposizione fittizia di U. C. nell’acquisto di una quota di comproprietà di 17/102 sull’immobile comporta l’accertamento del diritto della K. su parte di tale quota, con conseguente sulla entità della partecipazione alla comunione sia del C. stesso che del suo avente causa S.. Il giudizio di rescissione del contratto per lesione determina il venir meno, con effetti ex tunc, del trasferimento della quota con conseguente devoluzione della stessa in capo alla K., erede della venditrice, dal momento della successione, che deve ritenersi anteriore alla domanda di divisione.

Parimenti l’utile esercizio del retratto successorio comporta la surrogazione legale del retrattante ( K., quale erede) nella stessa posizione del retrattato ( S.) con efficacia ex tutte, vale a dire dalla data della conclusione del contratto (Cass. n. 4703 del 12/05/1999 – rv. 526239). Infine, anche l’accoglimento della domanda nei confronti del C. (dichiarazione di interposizione fittizia nel contratto), a quanto esposto e non contestato sul punto specifico, porterebbe, in base alla domanda formulata, all’attribuzione della relativa quota in capo alla K.. Di conseguenza, appare corretta la conclusione della K. secondo la quale: la definizione della causa di divisione sulla base delle quote di comproprietà indicate dallo S. (e risultanti, per quanto lo riguarda, dai titoli di acquisto da lui invocati) darebbe luogo ad un giudicato con il quale – all’esito degli altri giudici pendenti tra i condividenti – potrebbero confliggere distinti giudicati che modifichino gli effetti dei titoli di acquisto dei condividenti stessi, riducendo la quota di comproprietà dello S., aerando quella del C. ed aumentando di conseguenza quella della K.. Sussiste, quindi, la affermata pregiudizialità.

10.3 – Anche il secondo motivo è infondato. Il Tribunale non è incorso nell’errore di diritto denunciato nell’affermare la pregiudizialità, rispetto al giudizio di divisione proposto dallo S., del giudizio promosso dalla K. contro U. C. (n. 4945/08 R.G.), avente per oggetto l’accertamento della parziale interposizione fittizia di quest’ultimo nell’acquisto di una quota di comproprietà dell’immobile da dividere.

Infatti, il giudizio pregiudiziale e quello pregiudicato riguardano quanto meno le stesse parti relativamente alla quota in contestazione. Inoltre, occorre rilevare che questa Corte, con riferimento alla ritenuta pregiudizialità, non ignora la sua consolidata giurisprudenza secondo la quale, ai fini dell’applicabilità dell’art 295 c.p.c., è necessario che i due giudizi si svolgano tra le stesse parti, in ragione della influenza che la decisione assunta nel giudizio che ha connotazioni di pregiudizialità deve assumere nel giudizio sospeso.

Tale condivisa notazione, ad avviso di questo Collegio, trova peraltro un correttivo nel caso in cui, ferma la necessità della presenza in entrambi i giudizi delle stesse parti, in quello sospeso ve ne sia anche un’altra, nel solo caso in cui il titolo dedotto come legittimante all’azione sia oggetto del giudizio pregiudiziale. In tal caso, che ricorre nel caso di specie, la prosecuzione dell’altro giudizio potrebbe dar luogo proprio a quel contrasto di giudicati che la norma di cui all’art. 295 intende impedire, atteso che solo la sussistenza di una qualificazione legittimante giustifica la causa petendi, e che questo titolo è contestato nel procedimento pregiudiziale (Cass. n. 3936 del 18/02/2008 rv. 602031).

11.- Le spese seguono la soccombenza.

P.T.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in complessivi 1.800,00 Euro per onorari e 200,00 per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2011

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