Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16322 del 04/08/2016


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Cassazione civile sez. II, 04/08/2016, (ud. 08/07/2016, dep. 04/08/2016), n.16322

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3441-2013 proposto da:

A.M.T., (OMISSIS), A.A. (OMISSIS), A.M.

(OMISSIS), AR.MI. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA LUDOVISI 39, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LAURO,

rappresentati e difesi dall’avvocato MASSIMO ESPOSITO;

– ricorrenti –

contro

F.B.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CRESCENZIO 69, presso lo studio dell’avvocato MAURO

CAPONE, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO MARIA CUCOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2411/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 28/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/07/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito l’Avvocato Esposito Massimo difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso con rinvio;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – A.M.T., A.A., A.M. e Ar.Mi. convennero in giudizio F.B.M., chiedendo che fosse dichiarata la nullità del testamento olografo redatto da A.C.M., col quale il de cuius aveva nominato la convenuta sua erede universale, in quanto si sarebbe trattato di testamento apocrifo e comunque redatto in stato di incapacità di intendere e di volere; chiesero ancora che fosse dichiarata aperta la successione legittima in loro favore e che la convenuta fosse condannata al rilascio degli immobili costituenti l’asse ereditario e al risarcimento dei danni.

Nella resistenza della convenuta, il Tribunale di Torre Annunziata rigettò le domande.

2. – Sul gravame proposto dagli attori, la Corte di Appello di Napoli confermò la pronuncia di primo grado.

3. – Per la cassazione della sentenza di appello ricorrono gli attori sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso F.B.M..

I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- Il ricorso si articola nelle seguenti censure:

a) col primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 428 c.c., dell’art. 591 c.c., n. 3, artt. 2697, 2699, 2700 e 2727 c.c. e art. 115 c.p.c., per avere la Corte di Appello escluso l’incapacità di intendere e di volere del testatore, nonostante che dal certificato di morte, redatto dalla competente U.S.L. di Napoli un giorno dopo il decesso (avvenuto il (OMISSIS)), risultasse che lo stesso era – tra l’altro – affetto da “marasma senile”;

b) col secondo motivo di ricorso, si deduce poi il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte territoriale omesso di considerare il contenuto del certificato di morte del de cuius redatto dalla U.S.L. di Napoli;

c) col terzo motivo di ricorso, si deduce infine la violazione e la falsa applicazione degli artt. 61, 112 e 191 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, nonchè l’omessa motivazione della sentenza impugnata in relazione alla richiesta di rinnovazione della C.T.U. ai fini dell’accertamento delle condizioni di capacità di intendere e di volere del testatore alla luce delle risultanze del richiamato certificato di morte in data (OMISSIS) rilasciato dalla competente U.S.L di Napoli e prodotto da parte attrice all’udienza del 4.2.2002 del giudizio di primo grado.

2. – Preliminarmente, va rilevata l’inammissibilità del ricorso sotto due profili: per violazione del principio di autosufficienza e per novità delle censure.

Sotto il primo profilo, va ricordato che – secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi – è inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (Sez. 2, Sentenza n. 17049 del 20/08/2015, Rv. 636133).

Orbene, premesso che tutti e tre i motivi di ricorso si fondano sull’omessa valutazione – da parte del giudice di appello – del certificato di morte del de cuius (prodotto nel giudizio di primo grado), il ricorrente non si è curato – con riferimento ad alcuno dei tre motivi proposti – di riportare il contenuto dei corrispondenti motivi di appello, in modo da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non fossero “nuove”.

E’ evidente, dunque, la non autosufficienza di ciascuno dei motivi di ricorso.

Sotto il secondo profilo, poi, la Corte ha comunque verificato il contenuto dell’atto di appello – datato 25.10.2005 – proposto dagli odierni ricorrenti.

Ebbene, in nessuno dei cinque motivi di appello proposti) la parte attrice (oggi ricorrente) ha lamentato, presso la Corte territoriale, il fatto che il Tribunale non avesse preso in esame e valutato il contenuto del detto certificato di morte del de cuius; documento che era stato “esibito in giudizio all’udienza del 4.2.2002” (così si legge nel corpo del terzo motivo di ricorso), ben prima, dunque, della pronuncia della sentenza di primo grado (datata 24.6.2005). Pertanto, i motivi di ricorso – tutti vertenti sulla mancata valutazione del contenuto del documento de quo – risultano “nuovi” e, come tali, inammissibili.

3. – Alla luce di quanto sopra, non rimane che dichiarare inammissibile il ricorso, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in 3.200,00 (tremiladuecento), di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 8 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2016

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