Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16316 del 30/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 30/07/2020), n.16316

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33833-2018 proposto da:

EDIL PAPALEO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AURELIANA 53, presso lo

studio dell’avvocato ANTONINO STRANO, rappresentata e difesa dagli

avvocati GIAN PAOLO BARAZZONI, VERONICA CAMELLINI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI REGGIO EMILIA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE 18,

presso lo STUDIO LEGALE GREZ & ASSOCIATI SRL rappresentato e

difeso dall’avvocato SANTO GNONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1350/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 21/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA

FALASCHI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Reggio Emilia, con sentenza n. 1703/2010, rigettava

l’opposizione proposta dalla Edil Papaleo s.r.l. avverso l’ordinanza n. 7828 del 2 aprile 2008 emessa dal Comune di Reggio Emilia, con la quale le veniva irrogata la sanzione di Euro 58.336,56 per violazione del Reg. Comunale del verde pubblico e privato, artt. 22 e 24, per aver danneggiato un’aerea di metri 14×25 di macchia arbustiva senza autorizzazione.

In virtù di gravame interposto dalla Edil Papaleo s.r.l., la Corte di appello di Bologna, con sentenza n. 1350/2018, nella resistenza dell’appellato, rigettava l’impugnazione ritenendo di dover condividere la valutazione degli elementi di fatto effettuata dal giudice di primo grado e, per l’effetto, confermava la sentenza resa dal Tribunale.

Avverso la decisione della Corte di appello di Bologna la Edil Papaleo s.r.l. propone ricorso per Cassazione, fondato su un unico motivo, cui il Comune di Reggio Emilia resiste con controricorso.

Ritenuto che il ricorso potesse essere respinto, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata alle parti, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Atteso che:

– con l’unico motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto in generale e contraddittorietà della motivazione, per avere la corte territoriale erroneamente respinto l’opposizione tenendo conto dell’inefficienza motivazione dell’ordinanza di ingiunzione.

Il motivo, e con esso il ricorso, è inammissibile.

Nel caso in esame trova applicazione il costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità, condiviso dal Collegio, a termini del quale in siffatti atti della P.A., dalla quale non può esigersi (tenuto conto della successiva impugnabilità in sede giurisdizionale degli atti compiuti) una motivazione analitica e dettagliata paragonabile a quella di un provvedimento giudiziario, è sufficientemente assolto l’obbligo in questione anche se la motivazione sia sintetica, purchè dia conto delle ragioni di fatto, ben potendo queste essere desunte per relationem dall’atto di contestazione (già noto alla società ricorrente), e comunque evidenzi l’avvenuto esame degli eventuali rilievi difensivi esposti dal ricorrente (Cass. 13/04/2006, n. 8649).

Nel caso di specie, a meno di travisamenti delle risultanze processuali (eventualmente denunciabili non in sede di legittimità, ma in quella revocatoria di merito, ex art. 395 c.p.c., n. 4), la sentenza impugnata non è incorsa in malgoverno dei suesposti principi, dando atto dell’esistenza di una motivazione, sia pure succinta, nella quale non solo era stato richiamato il verbale, ma si era fatto riferimento anche “alle ragioni difensive della società opponente, confutando espressamente la tesi secondo cui la società avrebbe posto in essere un’opera di pulizia degli infestanti”; rilievo quest’ultimo che evidenzia l’avvenuto controllo della correttezza della contestazione, tenendo conto delle ragioni addotte nel ricorso a discolpa.

Del resto, in proposito, va considerato che il provvedimento con cui l’autorità amministrativa, disattendendo le deduzioni del trasgressore, irroghi a quest’ultimo una sanzione è censurabile, da parte del giudice dell’opposizione, sotto il profilo del vizio motivazionale, nel solo caso in cui l’ordinanza risulti del tutto priva di motivazione (ovvero corredata di motivazione soltanto apparente), e non anche nell’ipotesi in cui la stessa risulti insufficiente, atteso che l’eventuale giudizio di inadeguatezza motivazionale si collega ad una valutazione di merito non spettante al giudice ordinario, il cui giudizio di opposizione ha ad oggetto non il provvedimento, ma il rapporto sanzionatorio (Cass. 16 febbraio 2016 n. 2959).

Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il giudice di merito ha ritenuto non dirimenti, ai fini della non colpevolezza, la documentazione prodotta (attestante la cessione gratuita da parte della società ricorrente al Comune di Reggio Emilia dell’area de qua, facente parte di un piano denominato area di trasformazione ambientale Ta13) in quanto, si trattava di atti di formazione successiva alla contestazione della violazione ed in ogni caso le predette allegazioni non avrebbero comunque consentito l’abbattimento indiscriminato dell’area verde, in mancanza di un provvedimento di autorizzazione in tal senso.

Pertanto, in disparte i rilievi del ricorrente in merito al contenuto della motivazione del provvedimento sanzionatorio che, seppur non condivisa, non può essere in questa sede sindacata, il giudice territoriale ha dato conto delle ragioni di fatto e di diritto poste alla base della pronuncia, ritenendo di condividere quanto già rilevato ed accertato dal giudice di primo grado.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali che liquida in favore dell’Amministrazione controricorrente in complessivi 3.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2020

 

 

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