Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16315 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 10/06/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 10/06/2021), n.16315

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26214-2019 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CIPRO 47,

presso lo studio dell’avvocato MARIO PISELLI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato JAN CZMIL;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Curatore

fallimentare, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIANGIACOMO PEZZANO;

– controricorrente –

avverso il decreto R.G. 25/2015 del TRIBUNALE di FORLI’, depositato

il 09/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

TERRUSI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

l’avvocato P.M. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto col quale il tribunale di Forlì ne ha respinto l’opposizione allo stato passivo del fallimento di (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, intervenuto il (OMISSIS), relativamente alla prededuzione invocata per un credito professionale; ha censurato la decisione per violazione e falsa applicazione dell’art. 111 L. Fall., essendosi trattato di prestazione resa in funzione dell’omologazione del concordato preventivo della società, ammesso e approvato dai creditori ma poi non omologato per la ritenuta esistenza di atti in frode;

la curatela fallimentare ha replicato con controricorso; il ricorrente ha depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. – i dati essenziali della fattispecie, emergenti dal ricorso, sono i seguenti:

(i) all’avvocato P. era stato conferito l’incarico di assistere la società onde reclamare, ai sensi dell’art. 183 L. Fall., il decreto col quale il tribunale, in data 30 giugno 2016, aveva negato l’omologazione del concordato preventivo per la riscontrata esistenza di atti di frode ai creditori, senza tuttavia contestualmente dichiarare il fallimento;

(ii) l’attività professionale era stata in effetti svolta fino al giudizio di cassazione avverso il provvedimento della corte d’appello che aveva dichiarato inammissibile il reclamo, perchè relativo ad atto non seguito dal fallimento;

(iii) il giudizio di legittimità si era concluso con sentenza di questa Corte n. 31477-18, che aveva accolto il ricorso sul rilievo che il reclamo era invece ammissibile, e rinviato alla corte d’appello di Bologna il giudizio sul merito dello stesso;

(iv) nelle more era stato tuttavia dichiarato il fallimento della società con sentenza del tribunale di Forlì in data 23 maggio 2018;

II. – ora il tribunale ha negato la prededuzione ritenendo decisiva la circostanza che le prestazioni fossero state svolte “allorchè la procedura concordataria non era più in essere”; a tanto ha aggiunto che non era ravvisabile alcun collegamento con la procedura fallimentare intervenuta a distanza di quasi due anni; infine ha considerato che nessun riscontro era mai intervenuto “circa la fondatezza del reclamo proposto avverso il decreto di revoca della procedura concordataria”; cosicchè – ha concluso – la funzionalità concreta delle prestazioni rispetto alla procedura era da escludere;

III. – può osservarsi che non è dubitabile che i crediti vantati dal professionista incaricato dal debitore di predisporre gli atti necessari ai fini della presentazione della domanda di concordato preventivo possano rientrare, in astratto, tra quelli sorti “in funzione” della procedura;

se tali, devono essere soddisfatti in prededuzione ai sensi dell’art. 111 L. Fall., comma 2, senza che debba essere accertato, con valutazione ex post, che la prestazione resa sia stata poi concretamente utile per la massa in ragione dei risultati raggiunti (Cass. n. 2246718, Cass. n. 22450-15);

IV. – tuttavia la funzionalità, che pur in tal senso deve essere verificata con giudizio ex ante, è inficiata dai comportamenti del debitore che integrino atti di frode e che conducano alla revoca dell’ammissione o alla mancata omologazione, ove di tali atti sia stato consapevole il professionista (v. Cass. n. 13596 del 2020, Cass. n. 3218 del 2017); nel caso concreto è dedotto dallo stesso ricorrente che l’incarico professionale era stato assunto dopo la pronuncia di revoca del concordato, e che la revoca era stata pronunciata per il riscontro di atti di frode; ancora è dedotto che l’incarico era stato svolto col fine di reclamare il decreto di revoca del concordato e di diniego dell’omologazione;

non è contestata l’affermazione del tribunale secondo la quale nessun riscontro aveva avuto, poi, l’affermazione di inesistenza degli atti di frode sulla cui base era stata negata l’omologazione del concordato;

in simile condizione non può ritenersi che il professionista, nell’eseguire l’incarico, fosse inconsapevole della frode che aveva indotto alla decisione di revocare l’ammissione;

la condizione soggettiva impedisce di ravvisare il presupposto di funzionalità, anche in rapporto alla valutazione ex ante invocata dal ricorrente;

V. – il ricorso è rigettato;

le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 5.100,00 EUR, di cui 100,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

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