Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16308 del 12/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 12/07/2010, (ud. 26/05/2010, dep. 12/07/2010), n.16308

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.R. gia’ elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN

DAMASO 15, presso lo studio dell’avvocato AUGUSTO VINCENZO, che la

rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso e da

ultimo domiciliata d’ufficio presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, TADRIS PATRIZIA, giusta delega in calce alla copia

notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 35/2007 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 05/02/2007 r.g.n. 258/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2010 dal Consigliere Dott. D’AGOSTINO Giancarlo;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 25.11.2004 il Tribunale di Bari rigettava l’opposizione proposta dall’Inps al decreto ingiuntivo con il quale R.R., dipendente della Cipas s.r.l., aveva chiesto il pagamento dell’indennita’ di cassa integrazione ordinaria per ottobre, novembre e dicembre del 2001 e condannava l’Inps al pagamento delle spese processuali.

Proponeva appello l’Inps rilevando che il pagamento diretto dell’integrazione salariale e’ limitato alla CIG speciale sicche’ l’ente non e’ autorizzato ad effettuare pagamenti per la CIG ordinaria in mancanza di una domanda del lavoratore.

La Corte di Appello di Bari, con la sentenza qui impugnata, nel confermare nel merito la decisione di primo grado, compensava le spese dei due gradi di merito sul rilievo che “non sembra equo porre pure i costi della controversia in opposizione a carico dell’Inps, che risulta attinto da molteplici decreti ingiuntivi appena un mese circa dopo il provvedimento di ammissione al beneficio della societa’ datrice e senza alcuna preventiva sollecitazione ad intervenire in luogo di quest’ultima, rivelatasi inadempiente” all’obbligo di provvedere al pagamento dell’integrazione salariale in veste di adiectus solutionis causa dell’Istituto, avuto anche riguardo al tempo necessario all’Istituto per accertare l’inadempimento del datore di lavoro.

Per la cassazione di tale sentenza la sig.ra R. ha proposto ricorso con sei motivi. L’Inps ha depositato procura.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La ricorrente ha chiesto la cassazione della sentenza impugnata per le seguenti ragioni.

Violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere il giudice di appello giustificato la compensazione delle spese con presunte difficolta’ concernenti la liquidazione del trattamento di CIGO connesse con l’individuazione dell’ambito soggettivo del provvedimento di concessione, non dedotte dall’Inps ne’ in primo grado ne’ in appello.

Omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia per non avere il giudice di appello considerato che nella fattispecie in esame non vi era alcuna difficolta’ di individuazione dei beneficiari della CIGO, in quanto il provvedimento concessorio dell’8.2.2002 conteneva l’indicazione dei nominativi dei dipendenti destinatari del trattamento con l’esatta indicazione per ciascuno delle generalita’, dell’indirizzo, delle mensilita’ e dell’ammontare dell’indennita’.

Illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione per avere il giudice di appello, pur dopo aver confermato che il provvedimento di ammissione alla CIGO produce l’effetto costitutivo di un rapporto previdenziale tra l’Istituto ed il lavoratore e che per l’erogazione del previsto trattamento di CIGO non era necessaria una domanda del lavoratore, ritenuto comunque motivo di compensazione delle spese processuali l’assenza di una “preventiva sollecitazione” da parte del beneficiario, nonche’ il numero dei decreti ingiuntivi richiesti dai dipendenti della soc. Cipas.

Violazione dell’art. 112 e contraddittorieta’ della motivazione per avere il giudice di appello modificato la sentenza di primo grado disponendo la decorrenza degli interessi sulla prestazione dalla data di ammissione al beneficio, senza che sul punto vi fosse stata impugnazione da parte dell’Inps.

Violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere il giudice di appello riformato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva regolato le spese del grado senza che sul punto vi fosse stato uno specifico motivo di appello da parte dell’Inps.

Violazione dell’art. 91 c.p.c. e contraddittorieta’ della motivazione per avere la corte territoriale compensato le spese dei due gradi di giudizio per motivi irragionevoli ed ingiustificati, atteso che il lavoratore era rimasto totalmente vittorioso in entrambi i gradi.

Il ricorso e’ fondato nei limiti delle seguenti considerazioni.

Occorre premettere che la riforma della decisione di primo grado, come risulta dalla motivazione e dal dispositivo della sentenza della Corte di Appello, ha riguardato esclusivamente la statuizione della condanna dell’Istituto al pagamento delle spese di giudizio, essendosi invece confermata per il resto la decisione del Tribunale;

in particolare la precisazione riguardante la decorrenza degli interessi legali (dalla data di ammissione della datrice di lavoro alla CIGO non configura alcuna modifica della corrispondente statuizione della sentenza appellata, ne’ costituisce ragione giustificativa del provvedimento di compensazione delle spese, conseguendone la inammissibilita’ della censura ex art. 112 c.p.c. perche’ non pertinente rispetto al decisum.

La sentenza impugnata non si sottrae nondimeno alla censura di violazione dell’art. 112 c.p.c. per la diversa ragione – evidenziata in ricorso – che la statuizione di primo grado in ordine alle spese di quel giudizio non era stata investita dall’impugnazione proposta dall’INPS. Ed invero, come emerge dalle conclusioni dell’atto di appello, e come anche riferite nella sentenza della Corte territoriale, il gravame aveva riguardato il merito della controversia, con la conclusiva richiesta di revoca del decreto ingiuntivo opposto e di “condanna del lavoratore a pagare le spese processuali”; ne’ la configurazione di un’impugnazione sulle spese potrebbe conseguire al Ofl riferimento, contenuto nel medesimo atto di gravame, alla eventuale rilevanza “ai fini….delle spese di giudizio”, delle prospettate difficolta’ concernenti la liquidazione degli importi dovuti ai lavoratori, perche’ la genericita’ di siffatto riferimento e’ inidoneo alla individuazione di specifiche censure, finalizzate ad inficiare il fondamento logico-giuridico della statuizione del giudice di primo grado ed a fissare con certezza i limiti della controversia in sede di gravame.

Ne deriva che il ricorso va accolto per l’indicato profilo con assorbimento delle restanti censure relative alle ragioni della operata compensazione ex art. 92 c.p.c..

La sentenza impugnata va dunque cassata senza rinvio, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., essendosi formato il giudicato interno sulla statuizione relativa alle spese adottata dal Tribunale.

Dovendosi pronunciare, conseguentemente, sulle spese del giudizio d’appello, nonche’ su quelle del giudizio di legittimita’, le stesse vengono poste a carico dell’INPS, secondo soccombenza, con liquidazione come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione e cassa senza rinvio la sentenza impugnata. Condanna l’INPS a rimborsare alla ricorrente le spese del giudizio di appello, liquidate in Euro cinquecento/00, di cui Euro centocinquanta/00 per diritti, nonche’ quelle del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 40,00 per esborsi ed in Euro settecento/00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Cosi’ deciso in Roma, il 26 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2010

 

 

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