Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16308 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 10/06/2021, (ud. 09/03/2021, dep. 10/06/2021), n.16308

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15393-2020 proposto da:

C.F.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato SIMONE GIUSEPPE BERGAMINI;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

contro

PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimata –

avverso il decreto n. cronol. 5040/2020 del TRIBUNALE di VENEZIA,

depositato il 15/5/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 9/3/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO

PAZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Venezia, con decreto del 15 maggio 2020, rigettava il ricorso proposto da C.F.M., cittadino della Guinea, avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego di riconoscimento della protezione internazionale.

Il collegio di merito – fra l’altro e per quanto di interesse -, una volta esclusa la genuinità della documentazione prodotta e la credibilità del richiedente asilo (il quale aveva dichiarato di essere stato più volte arrestato per questioni ereditarie ed a causa dell’intervento dello zio, il quale aveva abusato della sua posizione di militare), escludeva che potesse essere riconosciuta la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b).

Il Tribunale osservava, inoltre, come non risultasse l’esistenza nella zona di provenienza del migrante di una situazione di violenza indiscriminata non controllabile dall’autorità statale.

Infine, la non credibilità delle dichiarazioni rese dal migrante comprometteva – a parere dei giudici di merito – l’accertamento di una situazione di vulnerabilità, dovendosi peraltro escludere a tal fine la sussistenza di un’integrazione socio-lavorativa nel paese ospitante.

3. Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso C.F.M. prospettando cinque motivi di doglianza.

Il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c., al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1 Il primo motivo di ricorso assume, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, la nullità della decisione impugnata a causa del carattere apparente della sua motivazione ovvero la violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14: il Tribunale, traendo argomento dalla non credibilità del ricorrente, avrebbe ritenuto precluso l’esame della richiesta di riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), senza considerare che il rischio per il migrante di essere nuovamente arrestato e incarcerato a causa dell’intervento dello zio integrava gli estremi del danno grave.

Il Tribunale avrebbe dovuto valutare anche le condizioni sociopolitiche del paese di provenienza al fine di verificare l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

4.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta, a mente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’art. art. 115 c.p.c., del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, artt. 3 e 14, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, sostenendo, da un lato, che la decisione sia nulla in ragione del carattere apparente della motivazione, dall’altro che il Tribunale aveva omesso di valutare il materiale probatorio proveniente dal ricorrente. L’affermazione della falsità dei documenti prodotti sarebbe talmente generica – in tesi – da non consentire di capire quali elementi siano stati ritenuti mancanti e di importanza tale da compromettere la credibilità del richiedente asilo.

4.3 Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 116 c.p.c., comma 1, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in quanto il Tribunale aveva ravvisato in modo apodittico la non credibilità del migrante, senza dare applicazione rigorosa agli indici legali di affidabilità normativamente previsti, quando invece avrebbe dovuto apprezzare la coerenza intrinseca delle dichiarazioni rese e la loro verosimiglianza.

5. I motivi, da trattarsi congiuntamente, risultano in parte inammissibili, in parte infondati.

5.1 L’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la decisione non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. U., n. 8053 del 2014).

Nel caso di specie il fatto storico dell’avvenuta emissione nei confronti del migrante di un mandato di arresto e di un ordine di comparizione è stato preso in considerazione (e ritenuto inverosimile), rimanendo così esclusa la censurabilità sotto questo profilo del decreto impugnato.

5.2 La motivazione che il giudice deve offrire, a mente dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, costituisce la rappresentazione dell’iter logico-intellettivo seguito per arrivare alla decisione, di modo che la stessa assume i caratteri dell’apparenza ove sia intrinsecamente inidonea ad assolvere una simile funzione.

La motivazione assume perciò carattere solo apparente, e la decisione è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U., n. 22232 del 2016).

Nel caso di specie il giudice ha fornito una chiara ed inequivoca spiegazione delle ragioni poste a base della propria decisione, da una parte indicando una pluralità di ragioni in virtù delle quali la documentazione prodotta doveva ritenersi falsa, dall’altro rilevando che il racconto offerto dal richiedente asilo contrastava con il contenuto della documentazione prodotta dallo stesso migrante a suffragio delle proprie asserzioni.

Il ricorrente, nell’assumere che gli errori di valutazione asseritamente commessi rendono la motivazione di natura solo apparente, oltre a ritenere in maniera non corretta che il carattere dell’apparenza della motivazione discenda dall’asserita erroneità della valutazione della congerie istruttoria piuttosto che dalla perscrutabilità delle ragioni offerte dal giudice, prescinde dal reale contenuto della decisione impugnata e dalle ragioni chiaramente illustrate al suo interno e presuppone una diversa valutazione della congerie istruttoria che, invece, sfugge al sindacato di questa corte.

5.3 Una volta constatato come la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente asilo sia il risultato di una decisione compiuta alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. b), e comma 5, lett. c), è sufficiente aggiungere che la stessa costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, censurabile in questa sede solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile.

Si deve invece escludere l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura e interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, nel senso proposto in ricorso, trattandosi di censura attinente al merito; censure di questo tipo si riducono, infatti, all’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, che però è estranea all’esatta interpretazione della norma e inerisce invece alla tipica valutazione del giudice di merito, la quale è sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 3340/2019).

5.4 Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, in particolare, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass. n. 17075 del 2018).

Il Tribunale si è ispirato a simili criteri, prendendo in esame informazioni aggiornate sulla situazione in Guinea risalenti al 2020.

La critica in realtà, sotto le spoglie dell’asserita violazione di legge, cerca di sovvertire l’esito dell’esame dei rapporti internazionali apprezzati dal Tribunale, malgrado l’accertamento del verificarsi di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, rilevante a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), costituisca un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. n. 32064 del 2018).

6. Il terzo motivo di ricorso assume la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32, artt. 5 e 29 T.U.I., del D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e): il Tribunale – in tesi di parte ricorrente – aveva negato il riconoscimento della protezione umanitaria sulla base di una presunta assenza di credibilità del migrante e ritenendo che non fosse stata allegata alcuna circostanza utile a desumere la sua condizione di vulnerabilità; in questo modo il collegio di merito avrebbe rifiutato di entrare nel merito della questione, così come avrebbe omesso di considerare tutte le allegazioni in fatto a tal fine compiute, giudicando irrilevante l’inserimento lavorativo, il percorso scolastico e la padronanza della lingua italiana.

7. Il motivo è inammissibile.

Il Tribunale non si è affatto limitato a constatare la mancata allegazione di alcuna circostanza utile a dimostrare la condizione di vulnerabilità, ma, una volta constatata la non credibilità delle dichiarazioni del migrante, ha escluso che la documentazione prodotta consentisse di ritenere sussistente un’integrazione socio-lavorativa del richiedente asilo in Italia.

A fronte di questi accertamenti – che rientrano nel giudizio di fatto demandato al giudice di merito – la doglianza intende nella sostanza proporre una diversa lettura dei fatti di causa, traducendosi in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito (Cass. n. 8758 del 2017).

8. Il quinto motivo di ricorso denuncia – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 10 e 11, art. 50-bis c.p.c., e Dir. UE n. 32 del 2013, art. 16, dato che l’esame del migrante era stato delegato a un giudice onorario non facente parte del collegio giudicante, sicchè la decisione era stata adottata da un organo che non aveva avuto una diretta percezione delle dichiarazioni rese dal migrante.

9. Il motivo non è fondato.

In proposito la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di precisare che non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito un giudice onorario di tribunale, su delega del giudice professionale designato per la trattazione del ricorso, abbia proceduto all’audizione del richiedente la protezione ed abbia rimesso la causa per la decisione al collegio della sezione specializzata in materia di immigrazione, atteso che, ai sensi del D.Lgs. n. 116 del 2017, art. 10, commi 10 e 11, questa attività rientra tra i compiti delegabili al giudice onorario, in considerazione della analogia con l’assunzione dei testimoni e del carattere esemplificativo dell’elencazione ivi contenuta (Cass., Sez. U., n. 5425 del 2021, Cass. n. 4887 del 2020, Cass. n. 29629 del 2020).

10. Per tutto quanto sopra esposto il ricorso deve essere respinto. La costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c. ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

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