Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16303 del 30/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/07/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 30/07/2020), n.16303

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26569/2018 R.G. proposto da:

EDIL VIESTE S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. Vescera

Salvatore, rappresentata e difesa dall’Avv. Balena Giampiero, con

domicilio eletto in Roma, via R. Venuti, n. 42, presso lo studio

dell’Avv. Portoghese Alessandro;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA DI FOGGIA, in persona del Presidente p.t., rappresentata e

difesa dall’Avv. Di Virgilio Giovanni Mauro, con domicilio eletto in

Roma, via Labicana, n. 80, presso lo studio dell’Avv. Rossi Stefano;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 305/18

depositata il 15 febbraio 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 luglio 2020

dal Consigliere Mercolino Guido.

 

Fatto

RILEVATO

che l’Edil Vieste S.r.l., già proprietaria di un fondo della superficie di 9.949 mq., sito in Vieste (FG), e riportato in Catasto al foglio 28, particella 10, espropriato con decreto dell’11 dicembre 2000, ha proposto ricorso per cassazione, per tre motivi, illustrati anche con memoria, avverso la sentenza del 15 febbraio 2018, con cui la Corte d’appello di Bari ha accolto la domanda di determinazione delle indennità dovute per l’espropriazione e l’occupazione d’urgenza, liquidando l’importo di Euro 44.437,61 a titolo d’indennità di espropriazione ed Euro 2.221,88 a titolo d’indennità di occupazione relativa al periodo compreso tra il 28 febbraio 1999 ed il 27 febbraio 2000, oltre interessi legali, ed ordinando alla Provincia di Foggia di provvedere al deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti, detratte le somme già depositate;

che la Provincia ha resistito con controricorso.

Considerato che con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia la violazione o la falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui, ai fini della determinazione del valore del fondo espropriato, ne ha escluso l’edificabilità, in virtù dell’efficacia di giudicato attribuita alla precedente sentenza del 27 maggio 2014, n. 808, avente ad oggetto la liquidazione dell’indennità di occupazione relativa al periodo compreso tra il 28 febbraio 1997 ed il 27 febbraio 1998, senza tener conto del diverso oggetto della domanda proposta nel presente giudizio e della modificazione della classificazione urbanistica dell’area intervenuta prima dell’emissione del decreto di espropriazione;

che con il secondo motivo la ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui, per effetto dell’autorità di giudicato attribuita alla precedente sentenza, ha omesso di accertare la classificazione giuridica del fondo espropriato alla data di emissione del decreto di espropriazione;

che i due motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto aventi ad oggetto questioni strettamente connesse, sono infondati; che la sentenza impugnata non merita infatti censura nella parte in cui, dato atto che con sentenza del 27 maggio 2014 era stata definitivamente liquidata l’indennità relativa al primo anno di occupazione legittima (28 febbraio 1998-27 febbraio 1999), ha attribuito alla predetta pronuncia efficacia di giudicato, con riguardo alla qualificazione giuridica dell’area espropriata, ai fini della determinazione sia dell’indennità di occupazione relativa all’anno successivo (28 febbraio 1999-27 febbraio 2000) che di quella di espropriazione;

che è pur vero che in tema di espropriazione questa Corte ha affermato che la domanda di determinazione della relativa indennità e quella di determinazione dell’indennità di occupazione costituiscono domande distinte ed autonome, avuto riguardo alla diversità delle rispettive causae petendi, rappresentate dall’ablazione della proprietà del fondo e dalla privazione del godimento dello stesso, nonchè alla possibilità che una delle due vicende in concreto venga mancare, prevista in via generale dal D.P.R. n. 8 giugno 2001, n. 327, che solo nell’art. 22-bis (introdotto dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 302, art. 1) consente l’occupazione preordinata all’esproprio per l’urgente inizio dei lavori;

che pertanto, nel caso in cui la vicenda ablatoria non si sia ancora perfezionata al momento della proposizione della domanda di determinazione dell’indennità di occupazione, la c.d. indennità virtuale di espropriazione, da assumere come base di calcolo dell’importo dovuto, non può spiegare efficacia di giudicato, neppure in via riflessa, nel successivo giudizio di determinazione dell’indennità di espropriazione, sia per la diversità dei periodi considerati che per l’evidenziata autonomia dei rapporti (cfr. Cass., Sez. I, 25/07/2018, n. 19758);

che qualora, come nella specie, il primo giudizio abbia avuto ad oggetto la determinazione dell’indennità relativa ad una parte soltanto del periodo di occupazione legittima, l’indennità virtuale di espropriazione non può assumere rilievo neppure ai fini della determinazione dell’indennità di occupazione relativa al periodo successivo, dal momento che il diritto all’indennità matura alla scadenza di ogni singola annualità di occupazione, in riferimento alla quale dev’essere dunque calcolato il parametro di riferimento (cfr. Cass., Sez. I, 26/06/2019, n. 17115);

che l’efficacia di giudicato, negata all’accertamento del valore di mercato del fondo, è stata invece riconosciuta a quello della sua qualificazione giuridica, individuata come antecedente logico necessario della determinazione dell’indennità di occupazione, destinato ad assumere rilievo anche nei giudizi successivi, quale comune punto di partenza per la stima dell’immobile (cfr. Cass., Sez. I, 7/10/2016, n. 20234; 17/02/2011, n. 3909);

che tale principio, fatto proprio dalla sentenza impugnata, corrisponde al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di giudicato, secondo cui, qualora due giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dell’identico punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo (cfr. Cass., Sez. VI, 14/05/ 2018, n. 11600; 5/03/2013, n. 5478; 10/05/2018, n. 11314);

che nella specie, d’altronde, anche a voler attribuire rilievo alla modificazione della classificazione urbanistica del fondo espropriato, in quanto intervenuta in epoca successiva al periodo di occupazione cui si riferiva la sentenza passata in giudicato ed anteriore alla pronuncia del decreto di espropriazione, dovrebbe ugualmente escludersi la rilevanza della nuova qualificazione, in quanto, pur avendo carattere conformativo, risultava di per sè idonea ad escludere l’edificabilità del suolo, allo stesso modo di quella precedente;

che è infatti pacifico che con variante approvata il 16 maggio 2000, e quindi successivamente all’avvio del procedimento ablatorio, l’area in cui ricade il fondo espropriato, già inclusa in zona agricola E2 del programma di fabbricazione del Comune di Vieste, è stata riclassificata come zona F3, destinata ad attrezzature scolastiche superiori, peraltro proprio in funzione della realizzazione del Centro polivalente per la cui costruzione era stata disposta l’occupazione;

che, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità in tema di determinazione dell’indennità di espropriazione, la destinazione di aree a edilizia scolastica, nella cui nozione devono ricomprendersi tutte le opere e attrezzature che hanno la funzione di integrare il complesso scolastico, nell’ambito della pianificazione urbanistica comunale, ne esclude la vocazione edificatoria, avendo l’effetto di configurare un tipico vincolo conformativo, come destinazione ad un servizio che trascende le necessità di zone circoscritte ed è concepibile solo nella complessiva sistemazione del territorio, nel quadro di una ripartizione in base a criteri generali ed astratti;

che l’edificabilità delle predette aree non può essere riconosciuta neppure sotto il profilo di una realizzabilità della destinazione ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, giacchè l’edilizia scolastica è riconducibile ad un servizio strettamente pubblicistico, connesso al perseguimento di un fine proprio ed istituzionale dello Stato, su cui non interferisce la parità assicurata all’insegnamento privato (cfr. Cass., Sez. I, 16/03/2016, n. 5247; 9/08/ 2012, n. 14347);

che con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevando che l’indennità di occupazione, richiesta con riferimento al periodo compreso tra il 28 febbraio 1999 e la data di emissione del decreto di esproprio, è stata inspiegabilmente liquidata limitatamente al solo periodo anteriore al 27 febbraio 2000;

che il motivo è fondato;

che a sostegno della censura la ricorrente richiama infatti testualmente le conclusioni rassegnate nell’atto di citazione, da cui si evince che la domanda da essa proposta aveva ad oggetto, oltre alla determinazione dell’indennità di espropriazione, quella dell’indennità di occupazione, nei limiti dell’importo dovuto per il periodo successivo a quello che aveva costituito oggetto del precedente giudizio;

che l’assenza di ulteriori indicazioni di ordine temporale avrebbe imposto alla Corte di merito di liquidare l’importo dovuto a titolo d’indennità di occupazione con riferimento all’intero lasso di tempo intercorso tra la scadenza del predetto periodo (27 febbraio 1999) e la data del decreto di espropriazione (11 dicembre 2000), la cui emissione, determinando l’acquisto della proprietà del fondo da parte dell’Amministrazione, aveva comportato la cessazione dell’occupazione legittima;

che la sentenza impugnata ha invece preso in considerazione immotivatamente la sola annualità successiva a quella che aveva costituito oggetto della precedente sentenza;

che la sentenza impugnata va pertanto cassata, nei limiti segnati dal motivo accolto, e, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con la rideterminazione dell’importo dovuto a titolo d’indennità di occupazione;

che, ai fini di tale rideterminazione, occorre aggiungere alla somma liquidata dalla sentenza impugnata l’ulteriore importo di Euro 1.747,83, calcolato ragguagliando l’indennità riconosciuta per ciascuna annualità di occupazione (Euro 2.221,88) al minor numero di giorni (287) compresi tra la scadenza indicata dalla Corte di merito e la data del decreto di espropriazione;

che l’accoglimento parziale della domanda e dell’impugnazione giustifica la compensazione della metà delle spese processuali, che per il residuo vanno poste a carico della controricorrente, in qualità di principale soccombente, e si liquidano per l’intero come dal dispositivo.

PQM

rigetta i primi due motivi di ricorso; accoglie il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e, decidendo nel merito, ridetermina in Euro 3.969,71 la somma dovuta a titolo d’indennità di occupazione. Condanna la controricorrente al pagamento della metà delle spese processuali, che liquida per l’intero in Euro 8.066,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 348,00, ed agli accessori di legge, per il giudizio di merito, ed in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, per il giudizio di legittimità, dichiarando compensata la residua metà.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2020

 

 

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