Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16303 del 28/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16303 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: IANNIELLO ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso 24636-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA 97103880585, – società con socio
unico – in persona del Presidente del Consiglio di
Amministrazione e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE MAZZINI 134,
presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta procura speciale a
margine del ricorso;
– ricorrente contro

PAPILIO RAFFAELE, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA DEGLI SCIPIONI 110, presso lo studio dell’avvocato
MARANDO

FRANCESCA,

dall’avvocato

e

difeso

giusta

procura

rappresentato

MIGLIACCIO

BENINO

Data pubblicazione: 28/06/2013

speciale a margine del controricorso;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 6394/2010 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI del 7/10/2010, depositata il 12/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di

Dott. ANTONIO IANNIELLO;
è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO
VELARDI.

consiglio del 20/05/2013 dal Consigliere Relatore

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 20
maggio 2013 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:
“La prima questione posta coi primi due motivi del ricorso delle Poste
Italiane (dal quale l’intimato si è difesa con controricorso), consegnato

all’ufficiale giudiziario per la notifica a mezzo del servizio postale 1’11 ottobre
e ricevuto il 18.10.2011, avverso la sentenza del 17 ottobre 2010 della Corte
d’appello di Napoli, investe la valutazione di illegittimità e quindi la dichiarazione di nullità del termine apposto ai contratti di lavoro subordinato intercorsi
con Raffadele Papilio dal

10 settembre al 31 ottobre 1999, ai sensi

dell’accordo 25 settembre 1997, integrativo del C.C.N.L. 26 novembre 1994
“per esigenze eccezionali…”: in proposito la ricorrente sostiene che la Corte
territoriale avrebbe, con la sua immotivata decisione, violato gli artt. 23 della
L. n. 56/’87, 8 CCNL 1994 nonché degli accordi sindacali 25.9.97, 16.1.98,
27.4.98, 2.7.98, 24.5.99 e 18.1.2001, in connessione con gli artt. 1362 e ss. c.c.
Le censure sono manifestamente infondate.
Va infatti qui ribadita la consolidata giurisprudenza di questa Corte
(cfr., per tutte, Cass. 14 febbraio 2004 n. 2866 e 20 marzo 2009 n. 6913), formatasi in ordine all’esame di fattispecie analoghe alla presente, coinvolgenti
l’interpretazione delle norme contrattuali collettive indicate, la quale ha ripetutamente confermato le decisioni dei giudici di merito che hanno dichiarato illegittimo il termine apposto dopo il 30 aprile 1998 a contratti di lavoro stipulati, in base alla previsione delle “esigenze eccezionali” di cui all’accordo integrativo del 25 settembre 1997, ritenendo che i contraenti collettivi, esercitando
i poteri loro attribuiti dall’art. 23 della legge n. 56/1987, abbiano convenuto di
limitare il riconoscimento della sussistenza della situazione indicata per far
fronte alla quale l’impresa poteva legittimamente procedere ad assunzioni di
personale con contratto a tempo determinato unicamente fino al 30 aprile
1

1998, con la conseguente illegittimità dei contratti stipulati successivamente a
tale data.
Da tali conclusioni della giurisprudenza non vi è ora ragione di discostarsi, in quanto le opposte valutazioni sviluppate nel ricorso sono sorrette da
argomenti ripetutamente scrutinati da questa Corte nelle molteplici occasioni
ricordate e non appaiono comunque talmente evidenti e gravi da esonerare la

Corte dal dovere di fedeltà ai propri precedenti, sul quale si fonda per larga
parte l’assolvimento della funzione ad essa affidata di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge.
In via subordinata, la società denuncia col terzo motivo la violazione
degli arti. 1206, 1207, 1217, 1219, 2094 e 2099 c.c., quanto alla decorrenza
delle conseguenze economiche della conversione del contratto a tempo indeterminato tra le parti e col quarto invoca comunque l’applicazione dello ius
superveniens con efficacia retroattiva rappresentato dall’art. 32 commi 5-7
della legge n. 183 del 2010, in vigore dal 24 novembre 2010, del seguente tenore:
“Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice
condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo una indennità omnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un
massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’art. 8 della legge 15 luglio 1966 n. 604.
In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o
aziendali, stipulati con le 00. SS. comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale, che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di
lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell’indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla
metà.
Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i
giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della pre2

sente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini
della determinazione della indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle
parti un termine per l’eventuale integrazione della domanda e delle relative
eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell ‘art. 421 del codice di procedura civile”
Sul quest’ultimo motivo, che assorbe il precedente, dovrà pronunciarsi

il collegio, ove condivida le precedenti argomentazioni sugli altri motivi di ricorso.
Concludendo, si chiede pertanto che il Presidente della sezione voglia
fissare la data dell’adunanza in camera di consiglio.”

Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.
Il Collegio condivide il contenuto della relazione, in linea con la costante giurisprudenza di questa Corte, rigettando conseguentemente i primi due
motivi di ricorso.
Quanto al terzo, è stata ripetutamente affermata l’applicabilità dello ius
superveniens con efficacia retroattiva, rappresentato dall’art. 32, commi 5-7
della legge n. 183 del 2010, anche nel giudizio di cassazione, ove peraltro non
può essere liquidato il danno, dipendente dalla valutazione di una serie di elementi di fatto, che non può essere operata in questa sede.
Va pertanto accolta la relativa parte del terzo motivo di ricorso, assorbita nel resto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altro giudice di merito per la determinazione del danno da risarcire.
P. Q. M.

La Corte rigetta i primi due motivi di ricorso e accoglie il terzo nella
parte in cui invoca l’applicazione dello ius superveniens, assorbita la restante
parte; cassa conseguentemente la sentenza impugnata e rinvia, anche per il re3

golamento delle spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di
Venezia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2013

Il Presidente

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