Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16302 del 12/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 12/07/2010, (ud. 13/05/2010, dep. 12/07/2010), n.16302

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Mazzini n. 134,

presso lo studio dell’avv. Fiorillo Luigi, che la rappresenta e

difende per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.E., elettivamente domiciliata in Roma via Reno n.

21, presso lo studio dell’avv. Rizzo Roberto, che lo rappresenta e

difende per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4326/2005 della Corte d’appello di Roma,

depositata il 21/7/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13.05.2010 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

uditi gli avvocati Fiorillo e Rizzo;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del Tribunale di Roma del 13.6.03 veniva accolta la domanda di M.E. che chiedeva venisse dichiarata la nullita’ dell’apposizione del termine all’assunzione alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a., disposta in suo favore ex art. 8 del ccnl 26.11.94 per i periodi:

a) 9.1 – 18.4.98 (“per punte di piu’ intensa attivita’ del servizio della posta elettronica”);

b) 6.10 – 7.1998 e 2 – 30.1.99 (con proroga al 28.2.99), per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”, secondo l’integrazione apportata al contratto collettivo dall’accordo sindacale 25.9.97.

Il Tribunale ritenuta la nullita’ del termine per tutti i contratti, dichiarava che tra le parti era intercorso un rapporto di lavoro subordinato dal 9.1.98 e condannava il datore a riammettere in servizio la parte ricorrente, corrispondendo a titolo di risarcimento tutte le retribuzioni a decorrere dal 3.5.01.

2. Proposto appello da Poste Italiane s.p.a., la Corte d’appello di Roma con sentenza depositata il 21.7.05 rigettava l’impugnazione.

La Corte di merito, per quanto qui rileva, riteneva innanzitutto che la clausola dell’accordo integrativo del 1997 fosse nulla in quanto si poneva in contrasto con la L. n. 56 del 1987, art. 23. Con riferimento al caso di specie rilevava che Poste Italiane, in ogni caso, non aveva adempiuto all’onere probatorio, posto a suo carico, di provare la correlazione tra le ragioni della stipulazione e le ragioni sottese all’astratta pattuizione introdotta dall’accordo integrativo.

Avverso questa sentenza Poste Italiane proponeva ricorso per cassazione, cui M. rispondeva con controricorso illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso e’ fondato nei limiti di seguito indicati.

Con il primo motivo Poste Italiane deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto la Corte d’appello ha omesso di pronunziarsi sulla legittimita’ del primo contratto 9.1 – 18.4.98, adottando per tutti i contratti la stessa motivazione e non tenendo conto che il primo di essi era stato stipulato per far fronte ad esigenze diverse da quelle previste per i secondi due.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 dell’art. 1362 c.c. e segg. e 8 del ccnl 26.11.94, dell’accordo 25.9.97 e della L. 18 aprile 1962, n. 230, artt. 1 e 2 contestandosi l’interpretazione della contrattazione collettiva cui e’ pervenuto il giudice di merito, sia in punto di legittimita’ della pattuizione collettiva di cui all’accordo integrativo, sia in punto di inadempimento dell’onere probatorio facente carico al datore di lavoro, non essendo ravvisabile nella contrattazione alcun limite idoneo a circoscrivere l’ambito di operativita’ delle ipotesi negoziali di ricorso al contratto a termine.

Con il terzo la ricorrente deduce violazione degli artt. 1217 e 1233 c.c. a proposito delle conseguenze economiche della nullita’, in quanto le retribuzioni spetterebbero solo dall’effettiva ripresa del servizio, salvo che il lavoratore abbia preventivamente costituito in mora il datore.

4. Contrariamente a quanto sostenuto dalla controricorrente, deve preliminarmente rilevarsi la ammissibilita’ del primo motivo, con il quale si sostiene che il giudice di appello ha omesso di pronunziare su tutta la domanda, non considerando che il primo dei contratti a termine (indicato sub 1. nella narrativa che precede) era ricollegato ad una fattispecie negoziale diversa da quella indicata per il secondo e terzo contratto (indicati sub 2.).

Entrambe le parti, infatti, nei loro atti difensivi descrivono con precisione il contenuto del primo contratto, che risulta stipulato ai sensi dell’art. 8 del CCNL 1994 “per punte di piu’ intensa attivita’ di servizio della posta elettronica”. La mancata considerazione dal parte del giudice di appello di tale particolare fattispecie giustificativa era stata denunziata da Poste Italiane con il primo motivo di appello, atteso che la stessa Corte di merito da atto che il mezzo di impugnazione in questione lamentava che la motivazione del primo giudice “non sorreggerebbe la parte dispositiva della decisione … nella parte in cui aveva dichiarato l’illegittimita’ di tutti i contratti a termine … travolgendo anche quello concluso il 9 gennaio 1998”.

5. Tanto premesso, procedendo ad esame congiunto dei primi due mezzi di gravame, deve innanzitutto rilevarsi l’erroneita’ dell’assunto di fondo da cui muove la Corte d’appello di Roma, e cioe’ che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 non rilascerebbe alla oo.ss. una delega ad individuare nuove ipotesi di legittima apposizione del termine al contratto di lavoro, dal che deriverebbe la nullita’ dell’accordo integrativo del 1997.

Al riguardo deve premettersi che la disposizione dell’art. 8 del CCNL 26.11.94 per i dipendenti dell’Ente Poste Italiane, invocata dalle parti in causa, prevede che:

“2. In attuatone di quanto specificamente previsto dalla L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, punto 1), l’Ente potra’ valersi delle prestazioni di personale con contratto a termine, oltre che nelle ipotesi gia’ previste dalle leggi di cui al comma precedente, nei seguenti casi:

– necessita’ di espletamento del servilo in concomitanza di assente per ferie nel periodo giugno – settembre;

– incrementi di attivita’ in dipendenza di eventi eccezionali o esigenze produttive particolari e di carattere temporaneo che non sia possibile soddisfare con il normale organico;

– punte di piu’ intensa attivita’ stagionale”.

6. La giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte ritiene che l’art. 23 in questione, nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilita’ di individuare — oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 nonche’ dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis conv. dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 — nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (v. S.u. 2.3.06 n. 4588).

In forza di tale delega le parti sindacali, con la richiamata disposizione collettiva, individuarono dapprima le tre fattispecie sopra indicate, quali nuove ipotesi di contratto a termine, e, successivamente, con l’accordo integrativo del 25.9.97, una quarta fattispecie, costituente ulteriore ipotesi di contratto a termine, consistente nella presenza di “esigente eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”.

La stessa giurisprudenza ritiene corretta l’interpretazione dei giudici di merito che, con riferimento agli accordi attuativi sottoscritti lo stesso 25.9.97 e il 16.1.98, ha ritenuto che con tali accordi le parti abbiano convenuto di riconoscere la sussistenza — dapprima fino al 31.1.98 e poi (in base al secondo accordo) fino al 30.4.98 — della situazione di fatto integrante delle esigenze eccezionali menzionate dal detto accordo integrativo. Per far fronte alle esigenze derivanti da tale situazione l’impresa poteva dunque procedere (nei suddetti limiti temporali) ad assunzione di personale straordinario con contratto tempo determinato, con la conseguenza che deve escludersi la legittimita’ dei contratti a termine stipulati dopo il 30.4.98 in quanto privi di presupposto normativo (v., ex plurimis, Cass. 23.8.06 n. 18378).

Tale interpretazione risulta confermata anche nei casi in cui la Corte ha proceduto all’interpretazione diretta delle norme collettive dei contratti collettivi che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti di Poste Italiane, possibile all’esito del testo dell’art. 360 c.p.c., n. 3, introdotto dopo la riforma del processo di cassazione disposta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.

Il richiamo a tale consolidata giurisprudenza vale ad escludere ogni rilievo alla tesi sostenuta dalla Corte di appello in punto di validita’ della contrattazione collettiva e di legittimita’ delle “nuove” ipotesi di contratto a termine di origine pattizia.

7. Un secondo aspetto di erroneita’ della sentenza impugnata e’ costituito dal non aver distinto la prima assunzione a termine (9.1 – 18.4.98) dalle altre due (6.10 – 7.11.98 e 2.1 – 30.1.99), riservando ad esse lo stesso trattamento giuridico.

L’assunzione per “punte di piu’ intensa attivita’ stagionale”, che e’ la fattispecie contrattuale costituente base della prima assunzione, rientra nell’originaria formulazione dell’art. 8 del CCNL 1994 ed e’, dunque, una ipotesi di contratto a termine direttamente introdotta dalla contrattazione collettiva, autonoma non solo rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie prevista dalla L. n. 230 del 1962, ma anche ai vincoli cui e’ sottoposta la fattispecie introdotta dall’accordo integrativo 25.9.97 (v. per tutte Cass. 2.3.07 n. 4933 con riferimento alla analoga e sovrapponibile fattispecie della “necessita’ di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno – settembre”, e piu’ in generale Cass., S.u., 2.3.06 n. 4588), costituendo l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessita’ del mercato del lavoro idonea garanzia per i suddetti lavoratori e per una efficace salvaguardia dei loro diritti.

Tale affermazione importa, innanzitutto, che deve essere escluso per la fattispecie delle “punte stagionali” il limite temporale del 30.4.98 previsto per l’assunzione per esigente eccezionali, e, inoltre, che l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo contempla, quale unico presupposto per la sua operativita’, l’assunzione in periodo caratterizzato da intensa attivita’ di servizio.

La giurisprudenza di questa Corte, infatti, a proposito della parallela fattispecie dell’assunzione in concomitanza ferie, ha ritenuto corretta l’interpretazione della norma collettiva nel senso che il giudice di merito e’ tenuto solo alla precisazione del periodo per il quale l’autorizzazione e’ concessa, onde verificare se la necessita’ di espletamento del servizio facesse riferimento a circostanze oggettive, e cio’ in correlazione dell’uso dell’espressione in concomitanza. (v. tra le tante, oltre la gia’ menzionata sentenza n. 4933 del 2007, anche le sentenze 28.9.07 n. 20390 e 2.10.07 n. 20662).

Analoga valutazione puo’ essere effettuata nel caso di specie, ove l’uso nella formulazione della disposizione collettiva del termine punte di piu’ intensa attivita’ stagionale, impone al giudice di merito di verificare unicamente se nella fattispecie esaminata sussistano elementi di fatto tali da supportare l’esistenza delle punte appena indicate.

8. In conclusione, dei due motivi ora in esame e’ fondato il primo, atteso che il giudice di appello non ha distinto la prima fattispecie di contratto (periodo 9.1 – 18.4.98, indicato sub 1. in narrativa), dalla seconda (periodi 6.10 – 7.11.98 e 2.1 – 30.1.99, indicati sub 2. in narrativa), nonostante la loro intrinseca diversita’ giuridica.

E’ parzialmente fondato il secondo motivo, per la parte in cui intende sottrarre alle valutazioni giuridiche del giudice di merito le assunzioni in questione, del tutto disattese da questo Collegio, la prima fattispecie.

Lo stesso secondo motivo e’, invece, infondato nella parte in cui intende sottrarre ad ogni limite le assunzioni disposte per esigenze eccezionali, ai sensi della norma collettiva integrata dall’accordo 25.9.97; in questo caso, come piu’ sopra precisato, la contrattazione collettiva pone un preciso limite temporale alla data del 30.4.98.

9. E’, invece, del tutto infondato il terzo motivo formulato quanto ai profili economici conseguenti all’illegittimita’ del termine. Al riguardo la Corte d’appello, confermando sul punto la sentenza di primo grado, ha affermato che il lavoratore ha diritto alla retribuzione solo per i periodi per i quali ha provato di essersi tenuto a disposizione della societa’ ed ha condannato quest’ultima a corrispondere la retribuzione dalla data della costituzione in mora (individuata nel 3.5.01).

Tale pronunzia e’ conforme alla giurisprudenza di questa Corte (cfr.

Cass. S.u. 8.10.02 n. 14381 nonche’, da ultimo, Cass. 13.4.07 n. 8903) che, con riferimento all’ipotesi della trasformazione in unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato di piu’ contratti a termine succedutisi tra le stesse parti, per effetto dell’illegittimita’ dell’apposizione dei termini, o comunque dell’elusione delle disposizioni imperative della L. n. 230 del 1962 ha affermato che il dipendente che cessa l’esecuzione delle prestazioni alla scadenza del termine previsto puo’ ottenere il risarcimento del danno subito a causa dell’impossibilita’ della prestazione derivante dall’ingiustificato rifiuto del datore di lavoro di riceverla – in linea generale in misura corrispondente a quella della retribuzione — qualora provveda a costituire in mora lo stesso datore di lavoro ai sensi dell’art. 1217 c.c..

Circa l’effettivita’ della costituzione in mora, fermo restando l’accertamento di fatto del giudice di merito, deve rilevarsi la mancanza di autosufficienza del ricorso che sul punto non fornisce alcun riferimento specifico circa il punto della pronunzia (nella specie del primo giudice, per le ragioni dette) che assume adottata in violazione di detti principi.

10. In conclusione, debbono essere accolti il primo motivo e, solo parzialmente, il secondo; il terzo motivo deve essere rigettato.

L’impugnata sentenza deve essere cassata nei limiti dell’accoglimento del ricorso, e cioe’ per la parte inerente il contratto 9.1 – 18.4.98, atteso che per i contratti stipulati per i periodo 6.10 – 7.11.98 e 2.1 – 30.1.99 la pronunzia — seppure con diversa motivazione – deve essere confermata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, deve provvedersi nel merito e dichiararsi che tra le parti e’ intercorso un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal 6.10.98, ferme restando le ulteriori statuizioni gia’ adottate nel giudizio di merito.

11. In ragione della parziale soccombenza della ricorrente, le spese del primo grado e quelle del giudizio di legittimita’ debbono essere compensate nella misura di un terzo e per il rimanente, nella misura liquidata in dispositivo, debbono essere Poste a carico di Poste Italiane s.p.a..

Deve, invece, mantenersi ferma la compensazione totale disposta dal giudice di secondo grado, non essendo stata al riguardo proposta dalla M. impugnazione per una statuizione piu’ favorevole.

P.Q.M.

LA CORTE cosi’ provvede:

– accoglie il primo motivo e, parzialmente, il secondo, rigettando il terzo;

– cassa l’impugnata sentenza nei limiti dell’accoglimento e, provvedendo nel merito, dichiara che tra le parti e’ intercorso un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal 6.10.98;

– compensa le spese del giudizio di primo grado per un terzo, ferma restando la liquidazione gia’ effettuata dal giudice di merito;

– ferma restando la statuizione sulle spese del giudizio di secondo grado, compensa per un terzo le spese del giudizio di legittimita’ che liquida, per l’intero, in Euro 25,00 per esborsi ed in Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa, ponendo il rimanente a carico della ricorrente Poste Italiane s.p.a.

Cosi’ deciso in Roma, il 13 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2010

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