Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16300 del 12/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 12/07/2010, (ud. 12/05/2010, dep. 12/07/2010), n.16300

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via Montebello

n. 109, presso lo studio dell’Avv. Felici Massimo, rappresentato e

difeso dall’Avv. Tommaso Germano del foro di Bari come da procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Michele Mercati

n. 38, presso l’Avv. Giuseppe Mandara, rappresentato e difeso

dall’Avv. Pezzano Giuseppe del foro di Foggia come da procura in

calce al controricorso;

– Controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 957/06 della Corte di Appello di

Bari del 24.04.2006 – 22.05.2006 nella causa n. 2093 R.G. 2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12.05.2010 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

udito l’Avv. Massimo Felici, per delega dell’Avv. Tommaso Germano,

per il ricorrente;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. FUZIO Riccardo che

ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso, depositato il 28.07.2004, C.A. proponeva appello contro la sentenza del Tribunale di Foggia del 23.05.2003, che aveva rigettato la sua domanda nei confronti di G.G. per ottenere il pagamento di differenze retributive in relazione alla sua attività di operaio agricolo alle dipendenze dell’appellato per gli anni dal 1982 al 1993. L’appellante chiedeva la riforma della decisione di primo grado, ribadendo quanto già esposto nell’originario ricorso circa l’orario di lavoro (mai inferiore alle 6 ore, anche nei giorni festivi), allo svolgimento del lavoro festivo e straordinario, al mancato rimborso chilometrico e al tempo impiegato per recarsi all’azienda agricola sita in (OMISSIS).

L’appellato G. costituendosi eccepiva, preliminarmente, le “molteplici nullità” del ricorso per mancanza assoluta di qualsiasi riferimento a normative e per genericità nell’esposizione delle mansioni e dell’orario. In punto di merito, lo stesso G. sottolineava di non avere masi dichiarato un numero di giornate inferiore a quello effettivamente svolte dal C., osservava che per alcuni archi di tempo si era maturata la prescrizione di diritti vantati dall’appellante.

All’esito la Corte di Appello di Bari con sentenza n. 957 del 2006 ha riformato la decisione di primo grado, accogliendo la domanda del C., con condanna del G. al pagamento in favore dell’appellante di Euro 16.399,38, oltre accessori. La Corte territoriale ha ritenuto i fatti costitutivi concernenti i periodi di lavoro e le mansioni svolte dal C. adeguatamente provati sia sulla base dei documenti (certificati dell’Ufficio Provinciale del Lavoro di Foggia) sia sulla base delle deposizioni rese dai testimoni escussi.

In ordine al “quantum debeatur” la Corte ha osservato che i conteggi inseriti nel ricorso originario del lavoratore non erano stati fatti oggetto di specifiche contestazioni.

2. Il G. ricorre per cassazione con due motivi. Il C. resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 416 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c..

In particolare il G. osserva che l’impugnata sentenza è incorsa nella violazione delle richiamate disposizioni, avendo egli preso – nella memoria di costituzione- una precisa posizione sui fatti affermati dall’attore, senza limitarsi ad una generica contestazione.

Lo stesso ricorrente aggiunge che il giudice di appello erroneamente ha ritenuto provati i fatti costitutivi delle pretese avanzate dal lavoratore, pur non avendo questi fornito alcuna dimostrazione sul punto.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia errata e/o contraddittoria motivazione circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che il giudice di appello ha dato valore determinante alla “prova testimoniale”, non riportando alcuna deposizione nella motivazione della sentenza.

Il ricorrente rileva che in contrario dalle deposizioni dei testi escussi ( M., L.S., M.) non si traeva conferma delle circostanze di fatto ritenute provate dal giudice di appello.

2. Gli esposti motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro intima connessione, sono infondati. Secondo costante orientamento di questa Corte è devoluta al giudice di merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento e pertanto anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta – tra le risultanze probatorie – di quelle ritenute idonee ad accertare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro spessore probatorio, con l’unico limite dell’adeguata e congrua motivazione del criterio adottato (ex plurimis Cass. sentenza n. 9834 del 1995; Cass. sentenza n. 10896 del 1998).

La Corte territoriale nel caso di specie ha fatto corretta applicazione del richiamato orientamento giurisprudenziale, dando conto delle risultanze documentali (certificati storici dei rapporti di lavoro alle dipendenze dell’azienda agricola di G.G. rilasciati dall’Ufficio provinciale del lavoro di Foggia, i cui dati erano stati rilevati dai Mod. C2), che avevano trovato conferma nelle dichiarazioni dei testi.

La stessa Corte ha precisato che le circostanze di fatto relative alle giornate lavorate e alle ore spiegate ed i relativi conteggi operati dal lavoratore non erano stati specificamente contestati dalla controparte e le differenze retributive erano state liquidate sulla base delle tariffe del contratto provinciale di lavoro e dell’art. 36 Cost..

Il ricorrente da parte sua sostiene erroneamente che la contestazione era stata specifica e finisce sostanzialmente per richiedere un diverso apprezzamento delle risultanze delle risultanze probatorie rispetto alla valutazione del giudice di appello, sorretta da congrua e logica motivazione, e quindi non censurabile in sede di legittimità.

3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 23,00, oltre Euro 1500,00 per onorari ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2010

 

 

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