Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16300 del 04/08/2016


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Cassazione civile sez. III, 04/08/2016, (ud. 13/05/2016, dep. 04/08/2016), n.16300

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20036-2013 proposto da:

D.L.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

LUDOVISI 35, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LAURO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO ESPOSITO giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.G., T.I., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

CAVOUR 71, presso lo studio dell’avvocato LILIANA BELLECCA, che li

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2467/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 19/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/05/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito l’Avvocato MASSIMO ESPOSITO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO GIANFRANCO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. T.I. e R.G. intimarono sfratto per finita locazione ad D.L.A. per la data del 31 dicembre 2012 in relazione ad un immobile concesso in locazione ad uso commerciale, e lo convennero in giudizio per la convalida davanti al Tribunale di Torre Annunziata, Sezione distaccata di Sorrento.

A sostegno della domanda esposero di essere divenuti proprietari dell’immobile per averlo acquistato da F.L. e F.G. e di aver stipulato con il D.L. un contratto di locazione in data 24 marzo 2001, con decorrenza dal 1 gennaio 2001; aggiunsero che quel contratto, prorogatosi tacitamente alla prima scadenza, sarebbe andato a scadere il 31 dicembre 2012 e che, in relazione a quest’ultima data, essi avevano comunicato al conduttore, con lettera raccomandata dell’11 ottobre 2010, la loro intenzione di non rinnovare la locazione.

Si costituì in giudizio il convenuto, opponendosi alla convalida ed osservando che sua madre M.C. aveva condotto in locazione l’immobile dal custode giudiziario dei beni dell’eredità F. a decorrere dal 1 marzo 1996 e che, una volta completata la divisione, quel contratto, nel quale egli era subentrato alla madre, non aveva subito novazioni, per cui andava a scadere in data 28 febbraio 2014.

Con domanda riconvenzionale il D.L. chiese poi che la data di cessazione fosse fissata al 30 giugno 2017.

Il Tribunale accolse la domanda, dichiarò la locazione cessata per la data del 30 giugno 2017 e compensò integralmente le spese di giudizio.

2. La pronuncia è stata appellata dagli attori e la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 19 giugno 2013, in accoglimento del gravame ha riformato la sentenza del Tribunale ed ha dichiarato cessata la locazione alla data del 31 dicembre 2012, condannando il D.L. al rilascio per il 4 ottobre 2013 ed al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio.

La Corte territoriale ha ripercorso i passaggi principali della motivazione del Tribunale, osservando che la sentenza di primo grado aveva accertato, senza alcuna impugnazione sul punto, che il contratto di locazione del marzo 1996 invocato dal D.L. era contenuto nel tempo in relazione alla durata del sequestro ed era quindi inopponibile agli assegnatari del bene, cioè F.L. e F.G., danti causa degli appellanti. Ha poi ricordato che il Tribunale aveva escluso che il contratto del 24 marzo 2001 potesse avere una valenza novativa ed aveva perciò calcolato i periodi di sei anni a cominciare dal 1 luglio 1999, fissando così la scadenza utile al 30 giugno 2017.

La Corte ha ritenuto di non condividere tale ricostruzione dei fatti, affermando che in tal modo ne risultava privato di ogni contenuto il contratto del 24 marzo 2001 nel quale le parti, a prescindere da ogni considerazione sull’animus novandi e sulla causa novandi, avevano regolarizzato il rapporto prevedendo “un preciso termine minimo di durata fino al 31 dicembre 2006, allungando in tal modo la naturale prima scadenza che, altrimenti, seguendo il ragionamento del resistente fatto proprio dal Tribunale, sarebbe stata quella del 30 giugno 2005”. A seguito del tacito rinnovo, il contratto si era prorogato di altri sei anni fino alla scadenza del 31 dicembre 2012, data rispetto alla quale la disdetta dell’11 ottobre 2010 era certamente tempestiva, con conseguente cessazione della locazione.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Napoli propone ricorso D.L.A. con atto affidato a quattro motivi (erroneamente rubricati come tre).

Resistono T.I. e R.G. con un unico controricorso.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c., n. 1) e n. 2), art. 348-bis, 348-ter e 436-bis c.p.c..

Osserva il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’impugnazione in quanto priva di ragionevoli probabilità di essere accolta, siccome sostenuta da argomentazioni in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità.

1.1. Il motivo è evidentemente privo di fondamento.

Poichè la Corte d’appello ha accolto l’appello, è chiaro che non ha senso invocare una violazione di legge per il fatto che l’impugnazione non è stata dichiarata inammissibile. Quanto alla presunta difformità della sentenza in esame rispetto alla giurisprudenza di questa Corte in tema di novazione, sull’argomento si tornerà a proposito dei successivi motivi di ricorso.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1230 e 1597 c.c., nonchè della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 28.

3. Con il terzo motivo di ricorso (erroneamente rubricato come secondo) si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1230, 1231, 2697, 1362, 1372 c.c. e segg..

4. Con il quarto motivo di ricorso (erroneamente rubricato come terzo) si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), motivazione insufficiente e contraddittoria.

5. Rileva il ricorrente, dopo aver ricostruito le principali tappe della vicenda contrattuale in esame, che la Corte d’appello avrebbe violato le norme sulla novazione; dopo aver correttamente richiamato, infatti, i principi giurisprudenziali secondo cui ad integrare la novazione del contratto di locazione non è sufficiente nè la variazione della misura del canone nè del termine di scadenza, la sentenza in esame avrebbe erroneamente interpretato il contratto del 24 marzo 2001, facendovi discendere una valenza novativa in realtà inesistente e in tal modo fissando la data di cessazione al 31 dicembre 2012.

5.1. I motivi secondo, terzo e quarto ora indicati, da trattare congiuntamente in considerazione della stretta connessione che li unisce, sono tutti privi di fondamento.

La sentenza impugnata, come si è detto, con un accertamento in punto di fatto correttamente motivato e privo di vizi logici, ha verificato che il contratto del 1996 (stipulato dalla dante causa dell’odierno ricorrente) aveva una durata limitata nel tempo in relazione al sequestro e che, assegnato l’immobile in questione a F.L. e F.G., danti causa di T.I. e R.G., la durata dei sei anni previsti dalla legge non poteva essere calcolata a decorrere dal 1 luglio 1999, dovendosi assumere invece la data del 1 gennaio 2001, consacrata nel successivo contratto del 24 marzo 2001. Tale conteggio, ha aggiunto la Corte d’appello, risultava più favorevole al conduttore, poichè in tal modo la prima scadenza del contratto era quella del 31 dicembre 2006 (poi prorogatasi tacitamente al 31 dicembre 2012) anzichè quella del 30 giugno 2005. La sentenza ha poi correttamente rilevato che il diniego di rinnovazione era estraneo al regime della L. n. 392 del 1978, art. 29, comma 1, non trattandosi della prima scadenza del contratto.

La Corte d’appello ha dato anche atto, richiamando sul punto la motivazione del Tribunale, che il contratto del 24 marzo 2001 aveva fatto seguito ad una situazione di irregolarità, perchè la M., dante causa dell’odierno ricorrente, era rimasta nella detenzione dell’immobile nonostante la cessazione del contratto con il custode, tanto che gli assegnatari del bene avevano rifiutato di ricevere da lei i pagamenti; sicchè il contratto del 2001 rappresentava evidentemente il modo per sbloccare la situazione e dare un assetto stabile al rapporto contrattuale con decorrenza dal 1 gennaio 2001.

A fronte di tale ricostruzione in punto di fatto, i motivi di ricorso in esame risultano inidonei a superare la ratio decidendi della Corte d’appello. Da un lato, infatti, essi pretendono di sostituire una propria diversa interpretazione dei contratti a quella fatta propria dal giudice di merito, con un’operazione certamente preclusa in sede di legittimità; e, dall’altro, insistono a lungo sul problema della novazione, che la Corte di merito ha escluso e che rimane sostanzialmente estraneo a tutto il ragionamento svolto dalla sentenza impugnata. Nè possono sussistere dubbi sul fatto che la cronologia descritta dalla Corte di merito dia pienamente e correttamente conto della nuova scadenza contrattuale e della conseguente tempestività della disdetta. Così com’è evidente la contraddittorietà dei motivi di ricorso in esame i quali, mentre concordano con il giudice di merito circa l’inesistenza di una novazione, pretendono poi di far decorrere le scadenze contrattuali dalla data del 1 luglio 1999, non tenendo in alcun conto il successivo contratto del 2001.

6. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, sopravvenuto a regolare le competenze professionali.

Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 3.700, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 13 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2016

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