Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16298 del 30/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/07/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 30/07/2020), n.16298

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.G.C. – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 881/2018 R.G. proposto da:

G.P., rappresentata e difesa dagli Avv. Della Rocca Sergio e

Rispoli Giuseppe, con domicilio eletto presso lo studio del primo in

Roma, via E. Dè Cavalieri, n. 11;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CAVA DE’ TIRRENI, in persona del Sindaco p.t.,

rappresentato e difeso dagli Avv. Cascone Antonino e Senatore

Giulia, con domicilio eletto in Roma, piazza Cola di Rienzo, n. 92,

presso lo studio dell’Avv. Fiorentino Leopoldo;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Salerno depositata il 24

maggio 2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 luglio 2020

dal Consigliere Mercolino Guido.

 

Fatto

RILEVATO

che G.P., già proprietaria di un fondo sito in Cava dè Tirreni, e riportato in Catasto al foglio 24, particella 465 sub 7, ha proposto ricorso per cassazione, per tre motivi, illustrati anche con memoria, avverso l’ordinanza del 24 maggio 2017, con cui la Corte d’appello di Salerno ha dichiarato inammissibile, in quanto proposta dopo la scadenza del termine di cui al D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 29, la domanda di determinazione dell’indennità dovuta dal Comune per l’espropriazione dell’immobile, disposta con decreto del 5 aprile 2016, n. 19621, notificato l’8 aprile 2016;

che il Comune ha resistito con controricorso.

Considerato che con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, censurando l’ordinanza impugnata per aver ritenuto tardiva la domanda, senza considerare che il termine previsto dalla predetta disposizione non aveva cominciato a decorrere, in quanto, come risultava dalla lettera del decreto di espropriazione, la liquidazione dell’indennità non aveva avuto luogo a titolo definitivo;

che con il secondo motivo la ricorrente deduce l’omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, sostenendo che, nel ritenere definitiva l’indennità liquidata, nonostante il mancato riconoscimento del valore di un garage realizzato sul suolo espropriato, l’ordinanza impugnata ha erroneamente conferito rilievo alla mancanza di un titolo autorizzatorio, attinente al merito della controversia, nonchè all’inerzia di essa ricorrente, anteriore alla emissione del decreto di esproprio, senza considerare che quest’ultimo faceva espressamente salva l’acquisizione di documenti comprovanti la legittimità del manufatto, puntualmente prodotti in data successiva;

che con il terzo motivo d’impugnazione la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 153 c.p.c., comma 2, del principio di effettività della tutela giurisdizionale e del canone del giusto processo, osservando che, anche a voler ipotizzare la decadenza dalla facoltà di agire, la Corte d’appello avrebbe dovuto concederle la rimessione in termini, anche d’ufficio, avuto riguardo al tenore del decreto di espropriazione, che rinviava la liquidazione definitiva all’esito della produzione di ulteriore documentazione, ed al comportamento del Comune, che dopo aver interloquito con lei, aveva eccepito la tardività della domanda;

che i primi due motivi del ricorso sono fondati;

che, come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità in tema di espropriazione per pubblica utilità, il termine di decadenza di trenta giorni per la proposizione dell’opposizione alla stima, nel sistema introdotto dal D.P.R. 8 giugno 2011, n. 327, art. 54, nonchè in quello attuale, disciplinato dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, comma 3, opera esclusivamente nell’ipotesi in cui l’indennità sia stata determinata in via definitiva, mentre nel caso in cui sia stata formulata soltanto l’offerta di un’indennità provvisoria, l’azione di determinazione giudiziale dell’indennità resta assoggettata all’ordinario termine di prescrizione decennale, decorrente dall’emanazione del decreto di esproprio (cfr. Cass., Sez. I, 27/09/2018, n. 23311; 8/02/2018, n. 3074; 6/03/2017, n. 5517);

che il carattere provvisorio o definitivo dell’indennità di espropriazione non dipende dalla qualifica attribuitale nel decreto di esproprio, ma dalla funzione assegnata alla relativa stima dal legislatore, che nel primo caso si esaurisce con la formulazione dell’offerta in misura congrua all’espropriando, al fine di addivenire alla cessione volontaria dell’immobile, che ne sostituisce comunque l’ammontare, mentre nel prosieguo, qualora l’indennità offerta non venga accettata dal proprietario, presuppone il procedimento di cui al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 21, attivato ad iniziativa dell’autorità espropriante, che conduce alla determinazione dell’indennità definitiva, destinata a divenire incontestabile ove non tempestivamente impugnata dinanzi -3lia corte d’appello (cfr. in riferimento al procedimento disciplinato dalla lee 22 ottobre 1971, n. 865, Cass., Sez. I, 6/11/2019, n. 28520; 4/ 02/2016, n. 2193; 21/10/2011, n. 21886);

che, a fondamento della dichiarazione d’inammissibilità della domanda, l’ordinanza impugnata ha affermato il carattere definitivo dell’indennità liquidata nel decreto di espropriazione in virtù del rilievo che il mancato riconoscimento del valore del fabbricato insistente sul fondo espropriato era stato determinato dall’accertamento della mancanza del titolo autorizzatorio comprovante la legittimità della costruzione, alla cui produzione era subordinata la liquidazione dell’ulteriore importo richiesto dalla ricorrente;

che in questa sede la predetta affermazione non è censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto attinente ad una

questione, di natura processuale, nella cui soluzione questa Corte è chiamata ad operare come giudice anche del fatto, e può quindi procedere al riscontro del vizio lamentato attraverso l’esame diretto degli atti, indipendentemente dalla motivazione adottata dal giudice di merito;

che nella specie è pacifico che l’emissione del decreto di espropriazione non è stata preceduta nè seguita dalla richiesta di determinazione dell’indennità definitiva, ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 21, essendosi proceduto esclusivamente alla formulazione dell’offerta dell’indennità provvisoria, quale non può ritenersi neppure dimostrata l’accettazione, nonostante l’ordine di pagamento diretto contenuto nel provvedimento;

che motivazione di quest’ultimo si limita infatti ad accennare ad un accordo bonario meramente “sostanziale” intervenuto tra le parti per la cessione volontaria del suolo, senza menzionare una formale accettazione dell’espropriata, dando altresì atto della pretesa da quest’ultima avanzata di ottenere il riconoscimento di una priorità nell’acquisto dei garage da realizzare, ritenuta dall’Amministrazione incompatibile con la cessione volontaria, e riservando alla medesima Amministrazione la facoltà di liquidare il valore dell’edificio realizzato sul suolo, subordinatamente alla produzione del titolo comprovante la legittimità della costruzione;

che la predetta riserva non è in alcun modo riconducibile al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 38, il quale, nell’escludere il diritto all’indennizzo per le costruzioni realizzate in assenza della concessione edilizia o dell’autorizzazione paesistica o in difformità della stessa, non giustifica affatto il frazionamento del procedimento di liquidazione dell’indennità, avente carattere unitario iè l’assunzione di un’obbligazione sospensivamente condizionata, avente oggetto il pagamento separato dell’importo dovuto per le costruzioni;

che dalla mancata liquidazione di tale importo non può dunque farsi discendere il carattere definitivo dell’indennità indicata nel decreto di espropriazione e alla cui notificazione non può conseguentemente essere ricollegata la decorrenza del termine per l’opposizione alla stima;

che l’ordinanza impugnata va pertanto cassata, restando assorbito il terzo motivo, con il rinvio della causa alla Corte d’appello di Salerno, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa l’ordinanza impugnata; rinvia alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2020

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