Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16297 del 30/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 30/06/2017, (ud. 01/03/2017, dep.30/06/2017),  n. 16297

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26925-2015 proposto da:

C. LEGNAMI SNC DI C.M. ED E., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA D. MILLELIRE 6, presso lo studio dell’avvocato GUALTIERO

CREMISINI, rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI AMBROSIO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI TERZIGNO, EQUITALIA SUD SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3270/33/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI, depositata il 07/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’01/03/2017 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla 1. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 3270/33/2015, depositata il 7 aprile 2015, non notificata, la CTR della Campania dichiarò inammissibile, ritenendolo tardivo e disattendendo istanza di rimessione in termini, l’appello proposto dalla società C. Legnami di C. E. e M. S.n.c. nei confronti del Comune di Terzigno e di Equitalia Sud S.p.A. avverso la sentenza della CTP di Napoli, che aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente avverso cartella di pagamento per TARSU relative all’anno d’imposta 2009.

Avverso detta sentenza la contribuente ha proposto ricorso per casssazione affidato a due motivi.

Gli intimati non hanno svolto difese.

Con il primo motivo la ricorrente “denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c.. Omessa pronuncia illegittimità ed erroneità della sentenza impugnata”, che avrebbe erroneamente computato il termine lungo per la proposizione dell’appello dalla data di deposito della decisione impugnata e non dal momento in cui la parte, nei confronti della quale era stata indebitamente omessa tanto la comunicazione dell’avviso di trattazione dell’udienza, quanto quella del dispositivo della sentenza di primo grado, ne avesse avuto effettiva conoscenza. A sostegno della censura ha richiamato il precedente di questa Corte, Cass. 6-5, 11 marzo 2013, n. 6048.

Il motivo è inammissibile.

Di là anche dalla genericità della sua formulazione, in mancanza del parametro normativo di riferimento in relazione al quale la censura è articolata, la pronuncia impugnata ha fatto corretta applicazione nella fattispecie in esame dei principi costantememte affermati in materia dalla giurisprudenza di questa di questa Corte, secondo cui la decorrenza del termine lungo per l’impugnazione prescinde dalla comunicazione dell’avvenuto deposito della decisione (tra le molte Cass. sez. lav. 16 dicembre 2014, n. 26402), rientrando comunque nei compiti del difensore attivarsi per verificare se siano state compiute attività processuali a sua insaputa.

La pronuncia, del tutto isolata, indicata dalla ricorrente a sostegno del ricorso proposto, è peraltro del tutto inconferente con la fattispecie in esame, essendo stato il principio di diritto ivi enunciato – secondo cui, nel caso in cui fosse risultato omessa la comunicazione dell’avviso di trattazione dell’udienza e del dispositivo della sentenza di seguito resa, deve farsi riferimento per la decorrenza del termine lungo per la proposizione alla data in cui la parte ne abbia avuto effettiva conoscenza – riferito a controversia nella quale non risultava applicabile la rimessione in termini di cui all’art. 153 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 19.

Norma viceversa non solo applicabile nel giudizio in esame, ma fatta oggetto, in relazione all’istanza proposta dall’appellante ai sensi della citata disposizione, di espresso esame dalla CTR, che ha rigettato l’istanza ritenendone insussistenti, con accertamento di fatto non censurato in questa sede, i presupposti (mancata dimostrazione ad opera dell’istante che la decadenza in cui era incorsa dipendesse da causa ad essa non imputabile).

L’inammissibilità del primo motivo, con conseguente conferma della formazione del giudicato interno seguita alla statuizione da parte della CTR dell’inammissibilità, in quanto tardivo, dell’appello proposto, comporta l’assorbimento del secondo.

Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

Nulla va statuito in ordine alle spese del giudizio di legittimità, non avendo gli intimati svolto difese.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2017

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