Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16296 del 12/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 12/07/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 12/07/2010), n.16296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

RAI- RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.p.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Consolo

Giuseppe, presso il cui studio in Roma, Via Claudio Monteverdi n. 16,

e’ elettivamente domiciliata come da procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.P.A., elettivamente domiciliata in Roma, Via Plinio n.

21, presso lo studio dell’avv. Ciaschi Stefania, che la rappresenta e

difende per procura a margine del controricorso;

– controricorrente .-

per la cassazione della sentenza n. 6167/05 della Corte di Appello di

Roma del 23.09.2 005 – 19.10.2 005 nella causa iscritta al n. 4973

R.G. dell’anno 2004;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11.05.2010 dal Cons. Dott. DE RENZIS Alessandro;

udito l’Avv. Passaro Marco, per delega dell’Avv. Giuseppe Consolo,

per la ricorrente;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. FUCCI

Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso, ritualmente depositato, D.P.A. esponeva di avere lavorato in qualita’ di assistente ai programmi (addetta ai costumi) alle dipendenze della RAI – Rai Televisione Italiana – S.p.A. per il periodo 16 gennaio 1990 – 28 giugno 2002 in base a diciannove contratti a termine, da ritenersi nulli per violazione della L. n. 230 del 1962, artt. 1 e 2. Cio’ premesso, chiedeva che:

– venisse dichiarata la nullita’ e comunque l’illegittimita’ dell’apposizione del termine ai singoli contratti;

– venisse altresi’ dichiarata l’esistenza di un unico rapporto a tempo indeterminato dalla data di stipula del primo contratto;

– venisse ordinato alla RAI la sua reintegrazione in servizio come addetta ai costumi, con la condanna al pagamento della convenuta del risarcimento del danno in suo favore in ragione di tutte le retribuzioni non percepite dalla cessazione della prestazione alla scadenza dell’ultimo contratto, oltre che al pagamento dei periodi non lavorati fra i singoli contratti.

La RAI costituendosi contestava le avverse deduzioni ed argomentazioni chiedendo il rigetto del ricorso.

All’esito il Tribunale di Roma con sentenza n. 13600 del 2003 accoglieva il ricorso.

Tale decisione, appellata dalla RAI, e’ stata confermata dalla Corte di Appello di Roma con sentenza n. 6167 del 2005, la quale ha osservato che nel caso di specie non era ravvisabile il requisito della “specificita’” dello spettacolo, come richiesto dalla L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. e) (come modificata dalla L. n. 266 del 1977) ai fini della configurazione del rapporto a tempo determinato.

La Corte territoriale ha ritenuto, quanto alle concrete mansioni svolte dalla D.P., che la stessa avesse sempre esercitato le funzioni di “addetta ai costumi”, con affidamento quindi di mansioni generiche ed uguali per ogni programma, senza che le fosse richiesto alcun particolare apporto personale. La stessa Corte ha escluso la sussistenza nel caso di specie di ogni ipotesi di scioglimento del contratto per mutuo consenso. La RAI propone ricorso per cassazione contro la sentenza di appello con due motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.. La D.P. resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. e) (come modificato dalla L. n. 266 del 1977), nonche’ insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

In particolare osserva che l’impugnata sentenza non ha tenuto conto della circostanza che la richiamata disposizione non individua affatto tra i requisiti della sua operativita’ quello soggettivo dello svolgimento di mansioni specifiche e particolari da parte del lavoratore perche’ possa essere assunto con contratto a tempo determinato.

Il motivo e’ infondato.

Secondo consolidato e costante indirizzo giurisprudenziale il requisito della specificita’ del programma o dello spettacolo radiofonico o televisivo, richiesto dalla norma in esame nella formulazione introdotta dalla L. n. 266 del 1977, postula che il programma o lo spettacolo sia caratterizzato dall’atipicita’ o singolarita’ rispetto ad ogni altro programma normalmente correntemente organizzato e che inoltre l’assunzione riguardi soggetti il cui apporto lavorativo sia tale da realizzare un peculiare contributo professionale, tecnico od artistico, che non possa essere assicurato da dipendenti assunti in pianta stabile (cfr.

Cass. n. 1827 del 20 febbraio 1995; Cass. n. 6918 dell’8 aprile 2004;

Cass. n. 1291 del 24 gennaio 2006; Cass. n. 16690 del 19 giugno 2008;

da ultimo Cass. n. 24049 del 25 settembre 2008 e Cass. n. 24330 del 18 novembre 2009).

Il giudice di appello si e’ dato carico di verificare la sussistenza del requisito della “specificita’” del programma e ha fatto corretta applicazione della norma e dei principi enunciati dalla richiamata giurisprudenza, pervenendo alla conclusione, con valutazione immune da vizi logici e giuridici, che la ricorrente D.P. avesse svolto sempre il ruolo di “addetta ai costumi a seguito di affidamento di mansioni generiche ed uguali per ogni programma senza alcun particolare apporto personale.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 1372 c.c., nonche’ insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

La RAI contesta l’impugnata sentenza per avere escluso in modo contraddicono l’intervenuta risoluzione per mutuo consenso dei singoli rapporti di lavoro a tempo determinato, intervallati da periodi lunghi di inattivita’ (precisamente undici mesi tra il secondo e il terzo e nove mesi tra il diciottesimo e il diciannovesimo), e per avere affermato che non spetta al lavoratore il relativo onere di prova.

Anche questa censura e’ priva di pregio e non merita di essere condivisa.

Al riguardo si osserva che la valutazione delle circostanze e della portata delle stesse, volta ad accertare la volonta’ chiara e definitiva delle parti – da fornirsi da chi fa valere in giudizio la domanda di risoluzione per mutuo consenso – e’ devoluta al giudice di merito ed il relativo giudizio non e’ sindacabile in sede di legittimita’, ove sorretto da adeguata e coerente motivazione. Il che nel caso di specie e’ avvenuto, avendo il giudice di appello escluso, proprio sulla base delle condotte delle parti (in particolare vengono evidenziati il rifiuto della lavoratrice di offerta di lavoro temporaneo in RAI e la proposizione da parte della stessa del ricorso in sede giudiziale), ogni ipotesi di scioglimento del contratto per mutuo consenso.

3. In conclusione il ricorso e’ destituito di fondamento e va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 15,00 oltre Euro 2.500,00 per onorari ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2010

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