Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16296 del 04/08/2016


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Cassazione civile sez. III, 04/08/2016, (ud. 13/05/2016, dep. 04/08/2016), n.16296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22784-2013 proposto da:

Z.F.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

MAINETTI, rappresentato e difeso dall’avvocato ROCCO CONDELLO giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO TORNADO GEST SRL in persona dei Curatori legali

rappresentanti Dott.ssa P.E., Dott. O.M. e

G.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 5,

presso lo studio dell’avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANELLI,

rappresentato e difeso dagli avvocati UMBERTO GRELLA, BARBARA ROVATI

giusta procura speciale in calce al ricorso notificato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 775/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 21/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/05/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato UMBERTO GRELLA;

udito l’Avvocato GUIDO ROMANELLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO GIANFRANCO che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso;

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Z.F.V. e S.A. hanno proposto ricorso per cassazione contro il Fallimento Tornado Gest s.r.l. avverso l’ordinanza del 21 febbraio 2013, con la quale la Corte d’Appello di Milano ha dichiarato, ai sensi degli artt. 348-bis e 348-ter c.p.c., inammissibile l’appello da essi ricorrenti proposto contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Monza il 30 gennaio 2012 in una controversia avente ad oggetto l’azione revocatoria esperita dal Fallimento contro i ricorrenti in relazione ad un atto di costituzione di un fondo patrimoniale.

2. Al ricorso ha resistito con controricorso il Fallimento intimato.

3. Il resistente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio rileva che il ricorso è inammissibile, di modo che non occorre riferire dei motivi di ricorso.

Con sentenza n. 1914 del 2016 le Sezioni Unite della Corte hanno espresso il principio di diritto secondo cui: “L’ordinanza di inammissibilità dell’appello resa ex art. 348 ter c.p.c. è ricorribile per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale (quali, per mero esempio, l’inosservanza delle specifiche previsioni di cui all’art. 348-bis c.p.c., comma 2 e art. 348-ter c.p.c., comma 1, primo periodo e comma 2, primo periodo), purchè compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso”.

Le Sezioni Unite hanno, altresì, ulteriormente affermato che: “La decisione che pronunci l’inammissibilità dell’appello per ragioni processuali, ancorchè adottata con ordinanza richiamante l’art. 348-ter c.p.c. ed eventualmente nel rispetto della relativa procedura, è impugnabile con ricorso ordinario per cassazione, trattandosi, nella sostanza, di una sentenza di carattere processuale che, come tale, non contiene alcun giudizio prognostico negativo circa la fondatezza nel merito del gravame, differendo, così, dalle ipotesi in cui tale giudizio prognostico venga espresso, anche se, eventualmente, fuori dei casi normativamente previsti”.

Hanno, poi, affermato che “L’ordinanza di inammissibilità dell’appello resa ex art. 348 ter c.p.c. non è ricorribile per cassazione, nemmeno ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, ove si denunci l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, attesa la natura complessiva del giudizio “prognostico” che la caratterizza, necessariamente esteso a tutte le impugnazioni relative alla medesima sentenza ed a tutti i motivi di ciascuna di queste, ponendosi, eventualmente, in tale ipotesi, solo un problema di motivazione”.

Nell’affermare tali principi, risolvendo un contrasto di giurisprudenza interno alle sezioni semplici, le Sezioni Unite hanno premesso che, “avuto riguardo ai presupposti del ricorso per violazione di legge previsto dall’art. 111 Cost., comma 7, deve altresì escludersi che l’ordinanza in esame sia impugnabile con censure riguardanti il “merito” della controversia, giusta la previsione di ricorribilità per cassazione della sentenza di primo grado e quindi la non definitività, sotto questo profilo, dell’ordinanza pronunciata ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c.”.

Ora, l’ordinanza impugnata è stata emessa dal giudice d’appello perchè l’appello non aveva ragionevole probabilità di essere accolto e tale avviso è stato espresso in conformità alla lettura della formulazione dell’art. 348-bis c.p.c. siccome intesa dalle Sezioni Unite nel senso dell’infondatezza dell’appello per ragioni di “merito”. Ragioni che sono state enunciate dalla Corte d’Appello con l’articolazione di una serie di affermazioni dirette a giustificare la motivazione di merito resa dal Tribunale.

Ne segue che si è in presenza di un’ordinanza che è stata emessa nell’ambito di quanto, secondo le Sezioni Unite, consente l’art. 348-bis c.p.c..

Il ricorso non denuncia vizi propri dell’ordinanza, ma denuncia in primo luogo “violazione e falsa applicazione dell’art. 348-bis c.p.c.”, adducendo che l’ordinanza avrebbe omesso “completamente di analizzare e conseguentemente motivare il rigetto delle esplicite censure proposte dagli odierni ricorrenti… limitandosi a riproporre la medesima e sola considerazione, già evidenziata nella sentenza impugnata”.

Sostanzialmente si addebita alla Corte territoriale di essere stata “superficiale” e lo si fa evocando un precedente di merito della corte d’appello capitolina.

Non si contesta, però, che l’ordinanza abbia reso una motivazione di “merito”.

Tanto avrebbe potuto consentire ai ricorrenti solo di impugnare la sentenza di primo grado, a norma del terzo comma dell’art. 348-ter c.p.c., mentre si sollecita un controllo sul quomodo di detta motivazione, che non è possibile in sede di legittimità.

Il successivo motivo è teso a dimostrare quale avrebbe dovuto essere la corretta decisione nel merito.

2. Poichè l’ordinanza è stata impugnata al di fuori dei limitati casi in cui può esserlo il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile.

3. Peraltro, se anche il ricorso fosse stato proposto in un caso in cui è ammesso il ricorso per cassazione, si sarebbe dovuto rilevare che non ne sarebbe stata allegata e dimostrata la tempestività, atteso che si è omesso di dire se e quando l’ordinanza è stata comunicata e, quindi, di individuare il tempestivo esercizio del diritto di impugnazione in Cassazione, che in prima battuta decorre dalla comunicazione.

Peraltro, a seguito di richiesta della Cancelleria della Corte, la Cancelleria della Corte d’Appello di Milano ha fatto pervenire attestazione di comunicazione dell’ordinanza impugnata a mezzo PEC al difensore dei ricorrenti nel giudizio dinanzi a quella Corte, da cui si evince che la comunicazione avvenne lo stesso 21 febbraio 2013, onde sarebbe palese la tardività dell’esercizio, pur inammissibile, del diritto di impugnazione.

4. Le spese del giudizio di cassazione, atteso che al momento della proposizione del ricorso non vi erano state pronunce sulla possibilità e sui limiti di ammissibilità dell’impugnazione dell’ordinanza ai sensi degli artt. 348-bis e 348-ter c.p.c., possono compensarsi, giacchè la decisione che in proposito viene resa si connota come decisione su questione nuova con riguardo a quel momento e considerato che la dottrina aveva enunciato tesi di contenuto disparato.

Ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 13 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2016

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