Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16291 del 30/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/07/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 30/07/2020), n.16291

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1313-2019 proposto da:

E.J., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

EGIDI ALDO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS) COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTENAZIONALE DI MILANO, in persona

del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 29/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. TRICOMI

LAURA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

E.J., nato in Nigeria, propone ricorso per cassazione con due motivi avverso il decreto del Tribunale di Milano che ha respinto la domanda proposta D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 di protezione internazionale in tutte le sue forme, già denegata dalla Commissione territoriale. Il Ministero dell’Interno ha replicato con controricorso.

Il ricorrente aveva narrato di essere fuggito dal proprio Paese perchè, dopo la morte del padre, aveva rifiutato di occupare il posto di questi all’interno della setta degli Ogboni, in quanto cristiano praticante; a seguito di minacce di morte da parte di appartenenti alla setta aveva deciso di lasciare il suo paese e poi, avendo saputo che lo cercavano, la stessa Nigeria.

Il Tribunale ha ritenuto che le ragioni esposte in merito all’allontanamento non erano credibili, rivelando la contraddittorietà e la genericità di quanto riferito, oltre che la non rispondenza a quanto desumibile dalla COI in merito alla setta degli Ogboni.

Ha, quindi, escluso, stante anche la non credibilità del suo racconto, la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, non ravvisando persecuzioni per motivi di razza, religione, opinioni politiche o appartenenza ad un gruppo sociale, e della protezione sussidiaria, non ritenendo che ricorresse, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 lett. a) e b), il rischio grave di morte o di assoggettamento a trattamenti inumani e degradanti, ed ex art. 14 lett.c) della stessa legge, considerato che – sulla scorta dell’esame delle fonti accreditate (COI – Sito del Ministero degli Esteri viaggiaresicuri.it 2018- Fonti UNHCR) – nella zona dell’Edo State di provenienza del richiedente, non si ravvisava una situazione di violenza indiscriminata e che, quindi doveva escludersi, in ragione di quanto detto sopra che la sola presenza di civili nel territorio li esponesse ad un pericolo per la vita e la loro incolumità; infine, ha negato la protezione umanitaria, non avendo il ricorrente dimostrato una situazione personale di vulnerabilità specifica e una condizione di integrazione in Italia.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il ricorrente con il primo motivo ha denunciato la nullità del decreto per insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine all’onere probatorio; con il secondo motivo la mancata applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in rel. al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, lamentando il mancato svolgimento di istruttoria in ordine alla richiesta di protezione umanitaria e la mancanza di motivazione circa il diniego.

2. Il Collegio, in diverso avviso rispetto alla proposta formulata dal relatore, ritiene che debba essere preliminarmente esaminata la questione avente per oggetto l’idoneità della procura rilasciata al difensore a valere come procura speciale per il giudizio di legittimità.

3. In merito alle modalità di rilascio della procura speciale, questa Corte ha avuto modo di chiarire che “è inammissibile il ricorso per cassazione allorquando la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ex art. 83 c.p.c., comma 2, contenga espressioni incompatibili con la proposizione dell’impugnazione ed univocamente dirette ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali” (cfr. Cass. n. 4069 del 18/02/2020; in precedenza, Cass. 23381/2004; Cass. 6070/2005; Cass. 18257/2017; Cass. 28146/2018); e che “In tema di ricorso per cassazione, non può considerarsi speciale, come l’art. 365 c.p.c. prescrive, la procura conferita a margine del foglio in bianco, in quanto di data anteriore alla stesura del ricorso, la quale non contenga richiami alla fase processuale di legittimità, ma specifici riferimenti a fasi e poteri propri esclusivamente del giudizio di merito, oltre che l’elezione di domicilio in luogo diverso da Roma; in tal caso, invero, la procura non è un “tutt’uno” con il ricorso e, quindi, non può attribuirsi alla parte la volontà, in contrasto con le espresse indicazioni contenute nella procura, compresa l’elezione di domicilio, di promuovere un giudizio di cassazione.” (Cass. n. 7137 del 13/03/2020; Cass. n. 7974 del 12/06/2000).

Nel caso in esame, il mandato difensionale risulta conferito in un foglio separato e non contiene alcun riferimento al ricorso introduttivo del presente giudizio, al decreto impugnato, o al giudizio di cassazione, essendo stato compilato con esclusivo riferimento ad incombenti processuali tipici dei gradi di merito (“Delego a rappresentarmi e difendermi… in ogni grado e fase del presente procedimento … compreso il processo di esecuzione…, conferendogli ogni più ampia facoltà di legge, ivi comprese le facoltà di transigere, conciliare, incassare, rinunciare agli atti ed accettarne la rinuncia, … “).

Il domicilio del ricorrente risulta inoltre eletto in Milano alla Via Carlo Pisacane 10, presso lo studio dell’avv. Egidi Aldo.

La procura in esame – redatta su foglio a parte – non solo non contiene alcun riferimento al consapevole conferimento, da parte del cliente, dell’incarico al difensore per la proposizione del giudizio di legittimità, ma espone anche un’elezione di domicilio in luogo diverso da Roma. Pertanto, detta procura non solo è priva di specialità ma presenta indicazioni incompatibili con il giudizio di cassazione che, lungi dal costituire un gravame o “un grado” rispetto alla pronuncia di merito, configura uno speciale mezzo di impugnazione svolto attraverso un ricorso a critica vincolata, secondo l’impostazione del sistema processuale vigente e, quindi, non può attribuirsi alla parte la volontà, in contrasto con le espresse indicazioni contenute nella procura, compresa l’elezione di domicilio, di promuovere un giudizio di cassazione.

Non risulta, inoltre, soddisfatta la previsione D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, comma 13, che onera il difensore della certificazione dell’avvenuto rilascio in suo favore della procura in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato (Cass. n. 1043 del 17/01/2020; Cass. n. 2342 del 03/02/2020).

4. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.100,00= oltre spese prenotate a debito;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2020

 

 

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