Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16289 del 26/07/2011

Cassazione civile sez. VI, 26/07/2011, (ud. 24/06/2011, dep. 26/07/2011), n.16289

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 15811/2010 proposto da:

AMA – AZIENDA MUNICIPALE AMBIENTE (OMISSIS), in persona

dell’Amministratore Delegato e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CIRO MENOTTI 1, presso lo

studio dell’avvocato COCCONI Giovanni M., che la rappresenta e

difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA AGRI 1, presso lo studio dell’avvocato NAPPI Pasquale, che

lo rappresenta e difende giusta delega a margine de ricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

AMA – ZIENDA MUNICIPALE AMBIENTE SPA (OMISSIS), in persona

dell’Amministratore Delegato e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CIRO MENOTTI 1, presso lo

studio dell’avvocato COCCONI GIOVANNI M., che la rappresenta e

difende giusta procura a margine del ricorso;

– controricorrente al ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 4901/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

5/06/09, depositata il 03/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PIETRO ZAPPIA;

è presente il P.G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI.

Fatto

IN FATTO ED IN DIRITTO

Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Roma, depositato l’8.7.2003, S.R., premesso di aver lavorato alle dipendenze dell’AMA – Azienda Municipale Ambiente s.p.a. – dal 1 gennaio 1985 a 31 ottobre 2000 con mansioni di autista di mezzi pesanti, chiedeva la condanna della società predetta al pagamento della somma di Euro 18.693,52 a titolo di differenze retributive per l’inclusione nella base di calcolo del T.F.R. del compenso percepito per lavoro notturno di turno e per lavoro straordinario fisso e continuativo, per l’inclusione degli emolumenti predetti nella base di calcolo delle mensilità aggiuntive, delle ferie, dell’indennità sostitutiva del preavviso, e di alcuni ulteriori emolumenti previsti dall’accordo aziendale del 1985 (indennità sede lavorativa, manutenzione, vestiario, indennità maggiore produttività, EDR) nonchè, limitatamente a ferie e preavviso, per l’incidenza di altri due emolumenti previsti dall’accordo aziendale 25.8.1998 (emolumento legato alla professionalità per gli autisti di mezzi complessi ai sensi dell’art. 10 del CCNL e premio di risultato in relazione all’art. 29 dello stesso contratto collettivo).

Con sentenza in data 21.10.2004 il Tribunale adito rigettava la domanda.

Avverso tale sentenza proponeva appello l’originario ricorrente lamentandone la erroneità sotto diversi profili e chiedendo l’accoglimento delle domande proposte con il ricorso introduttivo.

La Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 5.6 – 3.12.2009, in parziale accoglimento del gravame, condannava la società appellata al pagamento della somma di Euro 3.158,33 a titolo di differenze mensilità aggiuntive, ferie ed indennità di preavviso per l’inclusione nella base di calcolo del compenso per lavoro straordinario, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria;

confermava nel resto l’impugnata sentenza.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione l’AMA con due motivi di impugnazione.

Resiste con controricorso l’intimato, che propone a sua volta ricorso incidentale affidato a due motivi di impugnazione.

L’AMA resiste a ricorso incidentale con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Col primo motivo di ricorso la ricorrente principale lamenta omessa ed insufficiente motivazione circa il fatto controverso e decisivo del giudizio costituito dalla natura fissa e continuativa del lavoro straordinario prestato (art. 360 c.p.c., n. 5); erronea ricostruzione della fattispecie concreta.

In particolare rileva che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto che il lavoro straordinario svolto dal dipendente avesse carattere fisso e continuativo, in contrasto con quanto emergeva dalle buste paga che per contro evidenziavano la variabilità dei compensi ricevuti per il titolo predetto.

Col secondo motivo di ricorso lamenta erronea, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa il fatto controverso e decisivo del giudizio costituito dalla natura del compenso per lavoro straordinario (art. 360 c.p.c., n. 5); violazione degli artt. 12 e 26 del CCNL Federambiente 1995; violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c..

In particolare rileva che erroneamente la Corte territoriale aveva incluso il compenso per il lavoro straordinario nella retribuzione globale da prendere a base per il calcolo delle mensilità aggiuntive, delle ferie e dell’indennità sostitutiva del preavviso, in palese violazione degli artt. 12 e 26 del CCNL di settore.

Col primo motivo del ricorso incidentale il lavoratore lamenta insufficienza e contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5); violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del CCNL 31.10.1995.

In particolare rileva che erroneamente la Corte territoriale aveva escluso l’importo delle tre indennità (indennità sede lavorativa, compenso per indennità manutenzione vestiario ed indennità maggiore produttività) dalla retribuzione presa a base della 13^, 14^ mensilità, ferie ed indennità sostitutiva de preavviso, argomentando dalla mancata produzione del testo dell’accordo aziendale del 1985; ed invero tali indennità erano state percepite solo dal 1987 e pertanto non poteva trovare applicazione l’accordo del 1985; sotto altro profilo la sentenza in parola aveva omesso di considerare che dette indennità erano state corrisposte in modo continuativo ed in misura uniforme, e pertanto avevano natura retribuiva, per cui l’esclusione delle stesse dalla retribuzione presa a base della 13^, 14^ mensilità, ferie ed indennità sostitutiva del preavviso si poneva in violazione del concetto contrattuale di retribuzione omnicomprensiva (di cui all’art. 12 del CCNL di settore).

Col secondo motivo del ricorso incidentale il lavoratore lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2120 c.c. in relazione agli artt. 12 e 46 del CCNL; insufficiente, incoerente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5); violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c.;

difetto assoluto di motivazione sul punto decisivo della controversia.

In particolare rileva che la Corte territoriale, dopo aver accertato che il lavoro straordinario aveva avuto carattere fisso e continuativo, ne aveva escluso l’incidenza sul T.F.R. con una motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria in ordine all’interpretazione dell’art. 46 del CCNL. Il Consigliere relatore ha depositato relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., che è stata comunicata al Procuratore Generale e notificata ai difensori costituiti.

Preliminarmente va disposta la riunione ai sensi dell’art. 335 c.p.c., dei due ricorsi perchè proposti avverso la medesima sentenza.

Il primo motivo del ricorso principale non è fondato.

Osserva il Collegio che la censura prospettata col suddetto motivo di ricorso, circa la erronea affermazione da parte della Corte territoriale della natura fissa e continuativa dello straordinario effettuato, involge in realtà la valutazione di specifiche questioni di fatto, valutazione non consentita in sede di giudizio di legittimità.

Devesi sul punto evidenziare che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento e di dare adeguata contezza dell’iter logico – argomentativo seguito per giungere ad una determinata conclusione. Ne consegue che il preteso vizio della motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della stessa, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, ovvero quando esista insanabile contrasto fra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione.

Siffatta ipotesi non ricorre nella fattispecie in esame, ove si osservi che la Corte territoriale ha rilevato come dalla documentazione (buste paga) prodotte dall’appellante, in relazione alla quale non era stata sollevata alcuna contestazione da parte della società, emergeva con immediatezza, avuto riguardo altresì all’analitico prospetto allegato alla relazione di consulenza tecnica d’ufficio, che le prestazioni di lavoro straordinario erano state rese dal dipendente con frequenza tale da doversi escludere che si trattasse di prestazioni sporadiche od occasionali, svolte per esigenze aziendali eventuali ed imprevedibili.

E pertanto, dal momento che il giudice di merito ha illustrato le ragioni che rendevano pienamente contezza de proprio convincimento esplicitando l’iter motivazionale attraverso cui lo stesso era pervenuto alla valutazione delle risultanze probatorie poste a fondamento della propria decisione, resta escluso il controllo sollecitato in questa sede di legittimità. Il vizio non può invero consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove rispetto a quello dato dal giudice di merito, cui spetta in via esclusiva individuare le fonti del suo convincimento e a tal fine valutare le prove e controllarne la concludenza.

In conclusione, il motivo si risolve in un’inammissibile istanza di riesame della valutazione del giudice d’appello, fondata su tesi contrapposta al convincimento da esso espresso, e pertanto non può trovare ingresso (Cass. sez. lav., 28.1.2008 n. 1759).

Il suddetto motivo di ricorso va pertanto rigettato.

Il secondo motivo del ricorso principale, al pari del ricorso incidentale, si appalesa improcedibile, a causa del mancato deposito, unitamente al ricorso, dei CCNL in forma integrale, avendo le parti riportato solo stralci, seppure ampi, della normativa contrattuale richiamata: ciò in forza del dettato letterale dell’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4 (come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), il quale prevede che gli atti processuali, i documenti e i contratti o accordi collettivi su cui il ricorso si fonda devono essere depositati insieme al ricorso a pena di improcedibilità, norma che non sembra prevedere deroghe, consentendo che vengano depositati (o riportati) solo di stralci del contratto collettivo da interpretare.

Invero, dopo alcune perplessità (Cass. sez. lav., 4.8.2008 n. 21080, per cui l’onere di depositare, unitamente al ricorso, i contratti e gli accordi collettivi sui quali il ricorso si fondava era riferito sia alle norme collettive della cui violazione il ricorrente si doleva attraverso le censure mosse alla sentenza impugnata, sia ad ogni altra norma collettiva utile per l’interpretazione delle prime, sempre però che essa appartenesse alla causa per essere stata dedotta e prodotta nei precedenti gradi di merito), la giurisprudenza maggioritaria di questa Corte (Cass. sez. lav., 11.2.2008 n. 6432, Cass. sez. lav., 5.2.2009 n. 2855, Cass. sez. lav., 2.7.2009 n. 15495) si è orientata nel senso che è necessario il deposito del testo integrale del contratto.

Ciò in primo luogo in forza del dettato letterale dell’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4 (come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 7), il quale prevede che gli atti processuali, i documenti e i contratti o accordi collettivi su cui il ricorso si fonda devono essere depositati insieme al ricorso a pena di improcedibilità, norma che non sembra prevedere deroghe, consentendo il deposito solo di stralci del contratto collettivo da interpretare.

Al riguardo conviene innanzi tutto richiamare i rilievi già svolti da questa Corte sul punto nei giudizi ex art. 420 bis cod. proc. civ., per decidere se essi possano valere anche quando non si tratta di quella speciale procedura, ma de normale ricorso per cassazione, ex art. 360 cod. proc. civ., n. 3, in cui si assume che la sentenza impugnata abbia violato o falsamente applicato i contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro.

E’ stato precisato (Cass. sez. lav., 21.9.2007 n. 19560) che, in sede di applicazione dell’art. 420 bis c.p.c., la Corte di legittimità – nell’enunciare, in funzione nomofilattica, un principio – è tenuta ad operare come se l’oggetto del suo esame fosse una norma giuridica e non, invece, un negozio di natura privatistica.

Si è aggiunto, nella sentenza citata, per quanto attiene specificamente ai poteri della Corte di Cassazione, che nell’interpretazione del contratto, essa non è condizionata dalle domande delle parti e dal loro comportamento, potendo ricercare liberamente all’interno del contratto collettivo (da depositarsi ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) ciascuna clausola – anche se non oggetto dell’esame delle parti e del primo giudice – comunque ritenuta utile alla interpretazione.

Di conseguenza non si dubita che in quei procedimenti sia necessario depositare il contratto collettivo nella sua interezza (Cass. sez. lav., 16.7.2009 n. 16619).

Ritiene il Collegio che alla stessa conclusione si debba pervenire in relazione all’ambito dell’interpretazione che compete alla Corte nel caso in cui venga proposto ordinario ricorso per cassazione ex art. 360 cod. proc. civ., n. 3.

Ed invero i procedimento ex art. 420 bis c.p.c., trova necessario fondamento nella nuova formulazione dell’art. 360, n. 3, e nulla autorizza a ritenere che, nell’un caso, l’analisi della contrattazione collettiva debba essere più limitata rispetto a quanto previsto per l’altro. Se pur è infatti innegabile che la interpretazione resa ex art. 420 bis, oltre avere effetto anticipatorio, abbia una maggiore forza cogente, stante il disposto dell’art. 146 bis disp. att. c.p.c., in cui, richiamando il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 64, comma 7, si sancisce l’influenza della decisione della Corte in altri processi in cui si controverta sulla medesima questione, tuttavia nessuna disposizione diversifica il processo interpretativo da applicare in caso di ricorso normale ed in caso del ricorso per saltum. Infatti la nomofilachia, cui le nuove norme sono finalizzate, sarebbe pregiudicata ove si ritenesse che, nell’uri caso, l’interpretazione debba essere astretta alle clausole contrattuali esaminate nei gradi di merito, mentre, nell’altro, la interpretazione si possa svolgere a tutto campo, reperendo nel contratto altre clausole, non esaminate, che però potrebbero risolvere ogni margine di incertezza.

Ed invero, se fosse precluso alla Corte, anche in sede di ricorso ordinario, di applicare il criterio sistematico, interpretando le clausole le une per mezzo delle altre, la decisione che ne sortirebbe sarebbe sicuramente meno affidabile e meno “resistente” rispetto ad altri interventi, sentenze rese ex art. 420 bis c.p.c., che si possono invece giovare di questo fondamentale criterio ermeneutico.

Deve ritenersi pertanto che a norma di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, imponga alla parte un onere di produzione che ha per oggetto il contratto nel suo testo integrale.

La disposizione infatti si riferisce ai “contratti o accordi collettivi”, senza fornire alcun elemento che possa consentire di effettuare una produzione parziale, limitata a singole clausole, singoli articoli, o parti di articoli del contratto.

La scelta legislativa è coerente con i principi generali dell’ordinamento, che certo non consentono a chi invoca in giudizio un contratto, di produrre al giudice solo una parte del documento.

E’ coerente altresì con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dall’art. 1362 c.c., e segg., in particolare, con la regola denominata dal codice “interpretazione complessiva delle clausole”, secondo la quale “le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto” (art. 1363 c.c.).

La scelta legislativa è poi coerente con i criteri di fondo dell’intervento legislativo in cui si inserisce (D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, e relativa legge delega) volto a potenziare la nomofilachia della Corte di cassazione.

Deve di conseguenza affermarsi il principio di diritto per cui la produzione (o la trascrizione) di meri stralci del contratto collettivo nazionale di lavoro non corrisponde alla prescrizione di cui all’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4.

E tale principio è stato, di recente, ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 20075 del 23.9.2010.

Nè può ritenersi, siccome rilevato da entrambe le parti in sede di memoria ex art. 380 bis c.p.c., l’avvenuta ottemperanza al disposto di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, sotto il profilo che i contratti in questione erano stati prodotti, in copia integrale, in sede di giudizio di primo grado.

Come è noto, per il principio di specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione, è necessario che nello stesso siano indicati con precisione tutti quegli elementi di fatto che consentano di controllare l’esistenza del denunciato vizio senza che il giudice di legittimità debba far ricorso all’esame degli atti.

Il ricorrente per cassazione, il quale intenda dolersi della erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha invero il duplice onere – impostogli dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto.

Sul punto le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 7161 del 25.3.2010, hanno rilevato che “qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di quelle fasi, la produzione può avvenire per il tramite della produzione di tale fascicolo, ferma restando la necessità di indicare nel ricorso la sede in cui esso ivi è rinvenibile e di indicare che il fascicolo è prodotto, occorrendo tali indicazioni perchè il requisito della indicazione specifica sia assolto”.

In tal modo le Sezioni Unite hanno inteso espressamente specificare, per come in precedenza evidenziato nello stesso provvedimento, “che il requisito dell’art. 366 c.p.c., n. 6, per essere assolto, postula che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur indicato nel ricorso, risulta prodotto, perchè indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, dire dove nel processo è rintracciabile”.

E tale principio, espresso con riferimento all’art. 366 c.p.c., ai fini dell’ammissibilità del ricorso, non può che essere applicato altresì all’art. 369 c.p.c., ai fini della procedibilità del ricorso medesimo.

Di talchè si appalesa non fondato l’assunto dei ricorrenti, principale ed incidentale, secondo cui gli stessi avrebbero ottemperato al predetto onere di allegazione avendo prodotto i contratti in parola nel giudizio di primo grado, atteso che questa Corte già in precedenza, con numerose pronunce, ha evidenziato l’esigenza, ai fini del corretto espletamento dell’onere di allegazione, che la parte avesse indicato, nel ricorso per cassazione, la sede processuale del giudizio di merito in cui la produzione documentale era avvenuta e la sede in cui, nel fascicolo d’ufficio o di parte, tale documento era rinvenibile (v., in particolare, Cass. sez. 3, 25.5.2007 n. 12239).

Tirando le fila del discorso sin qui condotto, va rigettato il primo motivo del ricorso principale, mentre vanno dichiarati improcedibili il secondo motivo del detto ricorso principale nonchè il ricorso incidentale; sussistono giusti motivi, avuto riguardo al contenuto di tale pronuncia, per compensare tra le parti le spese relative al presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il primo motivo del ricorso principale e dichiara improcedibile il secondo; dichiara improcedibile il ricorso incidentale; compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2011

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