Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16289 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/06/2021, (ud. 16/02/2021, dep. 10/06/2021), n.16289

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 25660/2017 proposto da:

S.S. avv. c.f. (OMISSIS) elettivamente domiciliato in Roma

via P.Albertelli 1 presso l’avv. Lucia Camporeale, rappresentato e

difeso da se stesso domiciliato

– ricorrente –

contro

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO, in persona del legale

rappresentante pro tempore con sede in Roma viale Flaminia 19;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1215/6/17 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

CENTRALE del LAZIO depositata in data13/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa RUSSO

RITA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.- S.S. ha impugnato innanzi al TAR Lazio la delibera dell’8/2/2013 resa dal Consiglio di giustizia amministrativa, di rigetto di una istanza, proposta dallo stesso S., di avvio del procedimento disciplinare avverso alcuni magistrati amministrativi, dichiarando ai fini del contributo unificato che esso era dovuto nella metà del contributo base poichè la questione atteneva a rapporti di pubblico impiego; la segreteria del TAR lo ha inviato a integrare il pagamento del contributo ordinario, integrando la somma già pagata fino alla concorrenza di Euro 650,00. Lo S. ha opposto il provvedimenti innanzi alla Commissione tributaria provinciale, che ha rigettato il ricorso. Il contribuente ha quindi proposto appello che è stato rigettato con sentenza del 13.3.2017 dalla CTR del Lazio. In particolare, la CTR ha ritenuto corretta la misura del contributo perchè non si tratta di pubblico impiego bensì di responsabilità disciplinare dei magistrati. Ha aggiunto che in ogni caso il regime agevolativo implica l’esenzione solo nel caso in cui la parte abbia credito imponibile inferiore a una prefissata soglia reddituale circostanza questa non dimostrata.

2.- Avverso la predetta sentenza il propone ricorso per cassazione il contribuente affidandosi a due motivi. Non ha spiegato difese l’intimato. La causa è stata trattata alla adunanza camerale non partecipata del 16.9.2021.

Diritto

RITENUTO

CHE:

3.- Con il primo motivo di ricorso la parte lamenta ex art. 360 c.p.c, n. 3 la violazione e dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 277 per carenza di motivazione e per violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di configurazione dei procedimenti riguardanti la materia disciplinare nell’ambito del rapporto privato e pubblico. Deduce che il giudice d’appello ha riconosciuto che il ricorso al TAR riguardava la materia disciplinare e ciò nonostante non ha ritenuto che la materia rientrasse nell’ambito del rapporto di lavoro senza darne alcuna motivazione e peraltro erroneamente perchè il sistema delle sanzioni disciplinari è proprio dell’impiego pubblico e privato. Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione del T.U. n. 115 del 2002, art. 13, comma 6 bis e dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., n. 4 nonchè del T.U. n. 115 del 2002, art. 19, in relazione all’art. 360 n. 3 e 4 c.p.c.- asserito di avere diritto all’esenzione ma soltanto di pagare un contributo minore di quello reclamato in quanto trattasi di materia di pubblico impiego. Deduce inoltre l’errore del giudice d’appello in quanto esso ricorrente aveva rappresentato di avere un reddito superiore al reddito previsto dall’art. 76 TU per cui il contributo era quello di 37 Euro.

I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono infondati

La denuncia o l’esposto a carico di un magistrato, per un comportamento in tesi disciplinarmente rilevante, e la relativa delibera che decide sull’esposto non fa sorgere in capo al terzo denunciante un interesse o un diritto che si possa qualificare come pubblico impiego.

Il rapporto di pubblico impiego sul quale il provvedimento disciplinare può incidere riguarda il pubblico dipendente e l’amministrazione, e ad esso il terzo (e cioè il denunciante) è estraneo.

Pertanto la impugnazione da parte del terzo denunciante della delibera che rigetta l’esposto non si può qualificare controversia di pubblico impiego poichè non è questo l’interesse che viene dedotto in giudizio. Ciò posto ogni latra questione è assorbita.

Ne consegue il rigetto del ricorso.

Nulla sulle spese in difetto di costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio da remoto, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

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