Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16288 del 30/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/07/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 30/07/2020), n.16288

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30988-2018 proposto da:

D.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ORVIETO

24, presso lo studio dell’avvocato ZAMPAGLIONE ASSUNTA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LABANCA SAMUELE;

– ricorrente –

contro

C.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARNALDO CERVESATO

21, presso lo studio dell’avvocato AL QARYOUTI BEISSAN,

rappresentata e difesa dall’avvocato VALENTINI ANTONIO;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di l’AQUILA, depositato il

28/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. TRICOMI

LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

La Corte di appello dell’Aquila, con il decreto in epigrafe indicato, esaminate le risultanze istruttorie, ha rigettato il reclamo proposto in via principale da D.G. e in via incidentale da C.R. ed ha confermato la statuizione di primo grado che – in sede di domanda di revoca dell’assegno di divorzio originariamente concordate tra gli ex coniugi in favore di C. – lo aveva ridotto ad Euro 150,00= (rispetto all’originaria previsione di Euro 250,00=).

Il ricorso per cassazione è stato proposto da D’Alessandro con due mezzi; C. ha replicato con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Sono stati ritenuti sussistenti i presupposti per la trattazione camerale ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. Preliminarmente va disattesa l’eccezione di carenza di procura speciale del difensore di D., Avv. Zampaglione Assunta, per mancata menzione nel corpo dell’atto dell’iscrizione della stessa all’albo speciale di cui al R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 33, giacchè il ricorrente risulta difeso anche dall’Avv. Labanca Samuele, dichiaratosi patrocinante in Cassazione.

1.2. Sempre preliminarmente va osservato che la documentazione prodotta dalla controricorrente con la memoria, volta essenzialmente ad illustrare le sue condizioni economiche e reddituali, non è ammissibile ex art. 372 c.p.c. perchè non riguarda la nullità del decreto impugnato o l’ammissibilità del ricorso.

2.1. Con il primo motivo si denuncia la contraddittorietà della pronuncia impugnata, quale error in iudicando, per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame di fatti decisivi per la decisione ed oggetto di discussione tra le parti.

A parere del ricorrente la Corte abruzzese, contraddittoriamente, dopo aver ritenuto provato – a cura del D. – lo svolgimento di attività lavorativa da parte della C., le ha ugualmente riconesciuto l’assegno divorzile sol perchè non era conosciuto il reddito della stessa, mentre non ha tenuto conto del peggioramento delle condizioni economiche del D. per impegni di spesa assunti dopo il divorzio per far fronte a difficoltà economiche della società di cui era titolare il figlio.

2.2. Il motivo è inammissibile perchè sollecita il riesame del merito in termini conformi alle aspettative del ricorrente, non consentito in sede di legittimità.

3.1. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dei principi in materia di distribuzione dell’onere della prova e della disponibilità e/o vicinanza della prova, che avrebbe determinato l’erroneità della motivazione.

Il ricorrente si duole che la Corte di appello, nonostante abbia preso atto che egli aveva provato mediante investigazioni private che la ex coniuge svolgeva attività lavorativa e godeva di un buon tenore di vita, aveva ritenuto sufficienti ad avvalorare una compromissione della sua situazione economica, le mere avverse deduzioni circa la contrazione di debiti in epoca successiva al divorzio, nel mentre sarebbe toccato alla C. dimostrare che il reddito percepito non era sufficiente a vedere eliso il già disposto assegno divorzile.

3.2. Il secondo motivo è manifestamente fondato e va accolto.

3.3. Va rammentato che “La revisione dell’assegno divorzile di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 9 (come sostituito dalla L. n. 74 del 1987, art. 13) postula l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi idonea a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell’assegno, secondo una valutazione comparativa delle condizioni suddette di entrambe le parti. In particolare, in sede di revisione, il giudice non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o della entità dell’assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile, ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento della attribuzione dell’emolumento, deve limitarsi a verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato l’equilibrio così raggiunto e ad adeguare l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale-reddituale accertata.” (Cass. n. 787 del 13/01/2017; n. 11177 del 23/04/2019) e che il giudice richiesto della “revisione” dell’assegno divorzile che incida sulla stessa spettanza del relativo diritto precedentemente riconosciuto, deve verificare se i sopravvenuti “motivi” dedotti giustifichino effettivamente, o no, la negazione del diritto all’assegno a causa della sopraggiunta “indipendenza o autosufficienza economica” dell’ex coniuge beneficiario, sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte dall’ex coniuge obbligato, sul quale incombe il corrispondente onere probatorio, fermo il diritto all’eccezione ed alla prova contraria dell’ex coniuge beneficiario (Cass. n. 15481 del 22/06/2017).

3.4. Nel caso di specie la Corte territoriale, pur avendo accertato lo svolgimento di attività lavorative da parte di C. ed il favorevole mutamento delle sue condizioni economiche, ha fondato la immutata conservazione e quantificazione dell’assegno divorzile a suo favore compiuta in primo grado sul mancato accertamento del reddito dalla stessa percepito: tale decisione, non solo risulta essere assertiva e priva di un reale contenuto motivazionale (Cass. SU n. 8053 del 07/04/2014; Cass. n. 26018 del 17/10/2018), ma è frutto anche di una implicita ed illegittima inversione dell’onere probatorio, come innanzi descritto.

Ne consegue che fondatamente il ricorrente – che nel giudizio di revisione ha provato lo svolgimento di attività lavorativa della C., e quindi la modifica della situazione di disoccupazione risultante al momento del divorzio – ha lamentato la violazione in esame, poichè avrebbe dovuto essere la ex moglie a fornire la prova contraria in merito all’inidoneità del reddito percepito ad assicurale una autosufficienza economica.

Invero, una volta accertato lo svolgimento di attività lavorative da parte della ex -coniuge, il mancato accertamento del relativo reddito non poteva essere ritenuto sic et simpliciter decisivo per la conservazione dell’assegno divorzile nell’ammontare già fissato.

4. In conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo; la decisione impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello dell’Aquila in diversa composizione per il riesame e la liquidazione delle spese.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

PQM

– Accoglie il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo; cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte di appello dell’Aquila in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese;

– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2020

 

 

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