Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16285 del 12/07/2010

Cassazione civile sez. un., 12/07/2010, (ud. 22/06/2010, dep. 12/07/2010), n.16285

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente di sezione –

Dott. DI NANNI Luigi Francesc – Presidente di sezione –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

“GEOM. VITO CIUFFREDA DI ING. DOMENICO CIUFFREDA e C. 2010 S.A.S.”

((OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore,

ettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14/A, presso lo

studio dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, rappresentata e difesa

dall’avvocato DE BONIS CRISTALLI RAFFAELE, per procura speciale del

notaio dott. Alfredo Aquaro di Milano, rep. 123973 del 31/03/2009, in

atti;

– ricorrente –

contro

A.T.E.R. – AZIENDA TERRITORIALE PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE DI

POTENZA ((OMISSIS)), in persona dell’Amministratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE PORTA PIA 121, presso lo

studio dell’avvocato VACCARELLA LUCREZIA, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati GALGANO MARILENA, VETRANO GIUSEPPE,

per delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– resistente con procura –

e sul ricorso n. 10898/2009 proposto da:

TYCHE S.R.L. ((OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TERENZIO 7,

presso lo STUDIO TITOMANLIO, rappresentata e difesa dall’avvocato

ABBAMONTE ORAZIO, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.T.E.R. – AZIENDA TERRITORIALE PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE DI

POTENZA ((OMISSIS)), in persona dell’Amministratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE PORTA PIA 121, presso lo

studio dell’avvocato VACCARELLA LUCREZIA, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati GALGANO MARILENA, VETRANO GIUSEPPE,

per delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– resistente con procura –

e contro

“GEOM. VITO CIUFFREDA DI ING. DOMENICO CIUFFREDA e C. S. A. S.”;

– intimata –

avverso la sentenza n. 228/2008 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 07/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/06/2010 dal Consigliere Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio;

uditi gli avvocati Orazio ABBAMONTE anche per delega dell’avvocato

Raffaele De Bonis, Marilena GALGANO, Giuseppe VETRANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del

ricorso principale, inammissibile o assorbimento del ricorso

incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 16/12/2002 il tribunale di Potenza condannava l’IACP della provincia di Potenza (poi ATER) a pagare alla societa’ Ciuffreda Euro 1.302.560,56 a titolo di revisione prezzi ed interessi moratori a fronte dei lavori di costruzione di 123 alloggi realizzati nel comune di (OMISSIS) in esecuzione del contratto (OMISSIS) con il quale era stata modificata la precedente pattuizione di cui al contratto (OMISSIS) avente ad oggetto la costruzione di 248 alloggi.

Tale decisione era fondata su due argomenti.

Con il primo il tribunale riteneva che la sentenza n. 87/1991 del Tar Basilicata passata in giudicato – con la quale era stata annullata la delibera del consiglio di amministrazione dell’IACP che aveva riconosciuto alla impresa appaltatrice il diritto alla revisione prezzi per un limitato periodo di tempo -avesse anche accertato il diritto dell’appaltante alla revisione prezzi per tutta la durata del contratto ricompresa nel periodo dal 14/2/1979 al 6/8/1981.

Con il secondo ribadiva quanto gia’ affermato dal TAR secondo cui il diritto in contestazione discendeva direttamente dalla L. n. 37 del 1973, art. 2 – avente contenuto inderogabile – con conseguente applicazione della revisione prezzi ai contratti di appalto di opere pubbliche.

Il tribunale escludeva che obbligato a tale adempimento fosse il Ministero per i lavori pubblici chiamato in giudizio dalla stazione appaltante.

Avverso la sentenza del tribunale ITACP proponeva appello a quale resistevano il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e la societa’ Ciuffreda. Con sentenza 7/11/2008 la corte di appello di Potenza dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario osservando: che il parziale riconoscimento del compenso revisionale era stato gia’ operato dall’ente appaltante con delibera che era stata annullata dal Tar con la sentenza 87/1991; che solo in ipotesi di riconoscimento dell’intera opera la giurisdizione amministrativa poteva ritenersi consumata, nel mentre il riconoscimento solo parziale, limitato a particolari lavori o categoria di lavori, ovvero a limitati periodi di tempo (come verificato nella specie) comportava la competenza del giudice ordinario limitata alle sole pretese ad esso riconducibili; che infatti in detta ultima ipotesi la controversia doveva ritenersi concernente non il quantum ma l’an del compenso revisionale (riferito ai lavori non compresi nel riconoscimento) ricollegabile quindi ad una posizione di interesse legittimo, con conseguente persistenza della giurisdizione amministrativa per pretese revisioni eccedenti il riconoscimento stesso; che della menzionata decisione del Tar dovevano essere verificate le effettive implicazioni; che, in primo luogo, non risultava conforme al vigente dato normativo l’asserzione in quella sede espressa secondo cui, in accoglimento del terzo motivo, l’attrice aveva “stipulato un autonomo contratto di appalto soggetto alla normativa di cui alla L. n. 37 del 1973, art. 2” con conseguente inderogabile applicazione della revisione dei prezzi ai contratti di appalto di opere pubbliche; che la citata normativa aveva diverso significato dovendo essere intesa nel rispetto del seguente principio affermato dalla Corte di Cassazione: “In tema di appalti di opere pubbliche, la L. n. 37 del 1973, riconoscendo alla p.a. la facolta’ di concedere la revisione dei prezzi nonostante qualsiasi patto in deroga, ha vietato le pattuizioni, consentite, invece, sulla base della disciplina previgente di cui al D.Lgs. c.p.s. n. 1501 del 1947, dirette a rendere obbligatoria la revisione stessa, affette, pertanto, da nullita’. Peraltro, detta normativa, non avendo efficacia retroattiva, e’ applicabile solo ai contratti stipulati successivamente alla sua entrata in vigore, mentre i patti in deroga anteriori alla L. n. 37 del 1973 non perdono valore per i lavori da eseguire o eseguiti dopo l’entrata in vigore della legge stessa”; che pertanto era nulla la previsione contrattuale in questione inserita nel nuovo contratto (OMISSIS) e che contemplava l’aumento medio dei prezzi nella misura del 3%; che questa conclusione era stata condivisa anche dal Tar il quale, constatata l’inficiante condizione normativa di nullita’ parziale, aveva considerato queste clausole “tamquam non essent” perche’ in deroga rispetto alla disciplina legale; che, conformemente ai motivi di gravame, la prima questione da affrontare era quella inerente l’efficacia dell’indicato giudicato amministrativo al quale il primo giudice aveva attribuito i connotati propri della decisione pregiudiziale vincolante nel rapporto in esame trattandosi di un giudicato implicito nella parte relativa al riconoscimento della azionata pretesa; che, secondo l’appellata, con quella decisione il Tar aveva non solo assentito la propria giurisdizione, ma aveva anche esaurito tutte le questioni relative a quel rapporto contrattuale statuendo con efficacia di giudicato sull’an debeatur; che si poteva argomentare di giudicato implicito solo in presenza di una decisione asseritamente prodromica contenente una statuizione di merito coinvolgente il contenzioso collegato; che nella specie non risultava essere stato acclarato dal Tar il diritto della Ciuffreda alla revisione prezzi essendosi il giudice amministrativo limitato ad annullare il menzionato provvedimento del consiglio di amministrazione dell’IACP; che cio’ non si dimostrava sufficiente onde poter ravvisare una statuizione anche sull’an debeatur posto che in tema di diritti affievoliti era inderogabile la concreta rimozione della condizione non espansiva della situazione giuridica tutelata; che la decisione del Tar difettava proprio di questa capacita’ ultrattiva essendosi limitata ad annullare un deliberato senza statuire sull’an debeatur rimandando alla stessa p.a. per i “conseguenti provvedimenti”; che allo stato l’atteggiamento non ricognitivo ed ammissivo della propria debitoria ad opera della P.A. si dimostrava coerente con la decisione del Tar;

che quindi allo stato non poteva che essere declinata la giurisdizione del giudice ordinario. La cassazione della sentenza della corte di appello di Potenza e’ stata chiesta dalla s.a.s.

Ciuffreda con ricorso affidato a tre motivi. Ha resistito con controricorso l’ATER che ha proposto ricorso incidentale condizionato sorretto da un motivo. La cassazione della sentenza della corte di appello di Potenza e stata chiesta – con altro autonomo ricorso sulla base di un unico motivo – anche dalla s.r.l. Tyche nella qualita’ di cessionaria dalla societa’ Ciuffreda del credito da quest’ultima azionato nei confronti dell’ATER e del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Al ricorso della Tyche ha resistito con controricorso l’ATER che ha proposto ricorso incidentale condizionato sorretto da un motivo. Al ricorso condizionato dell’ATER ha resistito con controricorso la societa’ Tyche. Il Ministero delle infrastrutture e Trasporti – non costituitosi nei termini di legge mediante controricorso – ha depositato “atto di costituzione” al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Innanzitutto va disposta – a norma dell’art. 335 c.p.c. la riunione dei ricorsi proposti separatamente dalla societa’ Ciuffreda e dalla societa’ Tyche e di quelli incidentali proposti dall’ATER. In via preliminare va rilevato, in relazione ai vari ricorsi, che, per il principio dell’unicita’ del processo di impugnazione contro una stessa sentenza, dopo la notifica del primo ricorso (principale) tutte le altre impugnazioni devono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e, percio’, nel caso del ricorso per cassazione, nell’atto contenente il controricorso indipendentemente dalla forma espressa dalla parte ed ancorche’ proposto con atto a se’ stante: tale modalita’ non e’ pero’ essenziale per cui si verifica la conversione di ogni ricorso successivo al primo in ricorso incidentale.

Pertanto dei due ricorsi, proposti come impugnazioni autonome, quello della societa’ Ciuffreda e’ stato notificato per primo per cui e’ da riguardare come principale, mentre quello successivo della societa’ Tyche si converte in incidentale.

Valgono poi come incidentali (cosi’ come qualificati dalla stessa ricorrente) i due ricorsi incidentali contenuti nei controricorsi della ATER relativi al ricorso principale della Ciuffreda e al ricorso della Tyche.

Occorre poi esaminare il problema costituito dalla presenza di piu’ ricorsi proposti in via incidentale dalla stessa parte (e, cioe’, dalla ATER) contro la stessa sentenza.

Si deve osservare in proposito che il primo ricorso incidentale della citata parte non puo’ esser ritenuto nullo o inesistente per cui il secondo e successivo ricorso incidentale proposto dalla stessa parte e’ inammissibile in quanto, essendo ammissibile il primo ricorso, il potere di impugnazione era ormai esaurito in base al costante principio di questa Corte secondo cui la rituale proposizione del ricorso per cassazione determina la consumazione del diritto di impugnare con la conseguenza che non solo non e’ possibile presentare motivi aggiunti, oltre a quelli gia’ formulati, ma neppure e’ consentita la proposizione di un altro ricorso che pertanto e’ soggetto alla sanzione di inammissibilita’ (sentenze 2/2/2007 n. 2309; 26/9/2005 n. 18756; 10/3/2005 n. 5207; 10/2/2005 n. 2704;

17/4/2003 n. 6165). Ne consegue che in virtu’ del principio della consumazione del diritto d’impugnazione, la parte che, dopo la proposizione di un ricorso per cassazione nei suoi confronti abbia a sua volta proposto autonomo ricorso per cassazione, da ritenersi convertito in ricorso incidentale, non puo’ con il controricorso avverso il ricorso notificatole proporre nuova impugnazione incidentale, ancorche’ intenda indicare nuovi motivi o colmare la mancanza di taluno degli elementi prescritti per la valida impugnazione (sentenza 29/9/2005 n. 19150). Nella giurisprudenza di legittimita’ si e’ anche precisato che la parte che abbia gia’ proposto ricorso per cassazione (sia esso principale o incidentale) contro alcune delle statuizioni della sentenza impugnata, nel rapporto con un determinato avversario, non puo’ successivamente presentare un nuovo ricorso con riguardo ad altre pronunce sul medesimo rapporto ovvero fondato su nuovi motivi, non presenti nel primo, atteso che l’ordinamento non consente la reiterazione od il frazionamento dell’iniziativa impugnatoria in atti separati, alla stregua del principio generale della cosiddetta consunzione dell’impugnazione, senza che il relativo divieto trovi deroga nelle disposizioni di cui all’art. 334 c.p.c., le quali operano soltanto in favore della parte che, prima dell’esercizio del potere impugnatorio dell’altro contendente, abbia fatto una scelta di acquiescenza alla sentenza impugnata (sentenze 14/11/2006 n. 24219; 24/12/2004 n. 23976; 13/12/1996 n. 11128).

Va pertanto dichiarata l’inammissibilita’ del ricorso incidentale della ATER al ricorso della societa’ Tyche.

Deve quindi procedersi all’esame del primo ricorso da considerare principale (quello proposto dalla societa’ Ciuffreda).

Il primo motivo di detto ricorso – con il quale la societa’ Ciuffreda chiede la correzione dell’errore materiale ravvisabile nell’intestazione della sentenza impugnata per essere stata indicata come parte appellata una societa’ inesistente – va dichiarato inammissibile posto che, come e’ principio pacifico nella giurisprudenza di legittimita’, e’ inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si prospetti un errore materiale della sentenza impugnata, emendabile con la procedura di cui agli art. 287 e 288 c.p.c., da parte del giudice che ha emesso il provvedimento, anche a seguito della dichiarazione di parziale illegittimita’ costituzionale dell’art. 287 c.p.c., pronunciata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 335 del 2004 (in tali sensi, tra le tante, sentenze 15/5/2009 n. 11333; 22/11/2007 n. 24331).

Con il secondo motivo la ricorrente principale denuncia violazione dell’art. 2909 c.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del giudicato costituito dalla sentenza Tar Basilicata n. 87 del 1991. Ad avviso della Ciuffreda la corte di appello – attraverso una confusa lettura della sentenza del TAR Basilicata n. 87/91 la cui errata in-terpretazione rappresenta l’unico motivo della dichiarazione di difetto di giurisdizione – ha violato il giudicato amministrativo che costituisce la “regola iuris” del rapporto controverso. Il giudice di appello ha inutilmente ricercato nella sentenza del TAR una espressa dichiarazione di riconoscimento del diritto alla revisione senza tener conto che il sindacato del giudice amministrativo non prevede la condanna della p.a. ad un “facere”. La p.a. non deve rideliberare la questione risolta con la decisione del giudice aniministrativo: il procedimento, ove non esaurito dalla sentenza di annullamento, deve proseguire con l’osservanza dei principi indicati dalla decisione.

Nella specie la sentenza del TAR – accogliendo i tre diversi motivi del ricorso proposto da essa Ciuffreda – ha annullato la delibera dell’IACP come atto complesso costituito da un diniego parziale dell’an debeatur manifestato “a contrario” attraverso la concessione per il solo periodo successivo. Cio’ ha comportato l’eliminazione non solo dell’atto, ma anche della volonta’ negativa espressa dall’Ente per effetto del riconoscimento della legittimita’ della richiesta di revisione per l’intero periodo contrattuale senza necessita’ di una ulteriore pronuncia della p.a. sul punto. Con la sentenza del TAR si e’ esaurito il potere discrezionale della p.a. la quale doveva solo conformarsi alla detta sentenza determinando il “quantum” della revisione.

Al termine del motivo la ricorrente principale ha formulato il seguente quesito di diritto:

Ai sensi dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 360 c.p.c., n. 3 affermi la Suprema Corte che la sentenza impugnata, dichiarando il difetto di giurisdizione del G.O., ha violato la “regola iuris” dettata dalla sentenza n. 87/1991 del TAR Basilicata, emessa tra le parti e passata in cosa giudicata, la quale, in accoglimento dei motivi nn. 1-2-3 del ricorso della Ciuffreda sas. ha annullato il provvedimento dell’IACP di Potenza in data 27 febbraio 1986 proprio per il “diniego parziale” della revisione prezzi contrattuali espresso in tale delibera “con conseguente riconoscimento dell’an debeatur per l’intero periodo dell’appalto a far data dalla stipula del contratto del (OMISSIS)”.

Con l’unico motivo del ricorso, proposto in via autonoma, la s.r.l.

Tyche denuncia violazione dell’art. 2909 c.c. e del giudicato formatosi sulla sentenza del Tar Basilicata n. 87 del 1991. Al termine del motivo – basato su argomenti simili a quelli sviluppati nel secondo motivo del ricorso principale – la Tyche ha formulato il seguente quesito di diritto:

“Ai sensi dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 360 c.p.c., n. 3 affermi la Suprema Corte che la sentenza impugnata ha violato la “regola iuris” del rapporto controverso quando ha affermato che il giudicato sostanziale formatosi per il passaggio formale in giudicato della decisione del Tar per la Basilicata del 21 febbraio – 20 giugno 1991 n 87 si sia limitata ad annullare il provvedimento amministrativo di riconoscimento parziale della revisione prezzi e non abbia invece anche positivamente pronunciato sull’an debeatur dell’importo revisionale fissandone altresi’ la decorrenza; e che, in conclusione, la citata sentenza del Tar per la Basilicata vada intesa nel senso che ha pienamente riconosciuto l’an debeatur stabilendone altresi’ la decorrenza temporale nei sensi indicati nel presente ricorso”.

La Corte rileva l’infondatezza dei detti motivi che possono essere esaminati congiuntamente riguardando le stesse questioni prospettate in modo analogo sviluppando argomenti simili.

La sentenza impugnata e’ corretta e si sottrae alle critiche che le sono state mosse con le censure in esame: la questione di giurisdizione affrontata con le dette censure deve infatti essere risolta – come affermato dalla corte di appello ed al contrario di quanto sostenuto dai ricorrenti – con la dichiarazione della giurisdizione del giudice amministrativo.

Occorre osservare che – come ampiamente riportato nella parte narrativa che precede – il Tar Basilicata, con la sentenza n. 87 del 1991, in accoglimento del ricorso proposto dalla societa’ appaltatrice Ciuffreda ha annullato la delibera dell’IACP con la quale era stato riconosciuto il diritto dell’impresa appaltatrice alla revisione prezzi solo per un limitato periodo di tempo e non, come richiesto, per tutta la durata del contratto di appalto.

Malgrado tale pronuncia – passata in giudicato – la p.a. appaltante non ha accolto la richiesta di revisione per l’intero periodo contrattuale avanzata dalla appaltatrice e, quindi, non ha riconosciuto il credito revisionale in questione per il cui ottenimento la Ciuffreda si e’ rivolta al giudice ordinario.

Cio’ posto va evidenziato che. come e’ noto e pacifico nella giurisprudenza di legittimita’, il criterio di riparto della giurisdizione in materia di prezzo dell’appalto di opere pubbliche e’ ancorato alla qualificazione della situazione giuridica soggettiva dell’appaltatore che e’ tutelabile dinanzi al giudice amministrativo quando attenga all’an debeatur (e cio’ sia in ipotesi di diritto alla revisione prezzi sia in ipotesi di diritto all’applicazione del sistema del prezzo chiuso) in quanto relativa all’esercizio di un potere discrezionale riconosciuto dalla norma alla stazione appaltante, sulla base di valutazioni correlate a preminenti interessi pubblicistici. Essa acquista natura e consistenza di diritto soggettivo, tutelabile dinanzi al giudice ordinario, quando l’amministrazione abbia gia’ esercitato il potere discrezionale a lei spettante adottando un provvedimento attributivo del compenso revisionale o del sistema del prezzo chiuso, o ancora abbia tenuto un comportamento tale da integrare un implicito riconoscimento del diritto alla revisione o al prezzo chiuso, cosi’ che la controversia riguardi soltanto il quantum della stessa (tra le tante, sentenze 5/6/2008 n. 14824; 5/5/2008 n. 10968; 28/12/2007 n. 27186; 13/9/2005 n. 18126).

In particolare questa Corte in materia ha avuto modo di precisare che:

– in tema di revisione del prezzo di appalto di opera pubblica (nella specie, stipulato prima dell’entrata in vigore della L. 10 dicembre 1981, n. 741), la posizione dell’appaltatore, la quale ha normalmente consistenza di mero interesse legittimo, correlandosi all’esercizio di un potere discrezionale da parte della amministrazione, assume natura di diritto soggettivo, e come tale e’ tutelabile dinanzi al giudice ordinario, oltre che per effetto di specifico patto contrattuale, che univocamente lo preveda in deroga al regime legale (patto valido prima della L. 22 febbraio 1973, n. 37, che espressamente lo vieta), anche se e quando l’appaltante abbia esercitato positivamente detto potere discrezionale di accordare la revisione medesima, come si verifica nel caso in cui l’abbia riconosciuta in favore dell’appaltatore, esplicitamente od implicitamente (ad esempio mediante la corresponsione di acconti), a meno che tale riconoscimento non sia parziale, perche’ limitato ad un determinato periodo di tempo o riferito solo ad una determinata partita di lavori (sentenza 8/7/1985 n. 4088);

– il riconoscimento da parte dell’amministrazione committente del diritto alla revisione dei prezzi dell’appalto di opere pubbliche sottrae alla cognizione del giudice amministrativo, per attribuirle alla cognizione dell’a.g.o., tutte le controversie relative alla corresponsione del compenso revisionale, quando tale riconoscimento (che puo’ essere desunto anche dal pagamento di acconti a tale titolo) si riferisca all’intera opera; mentre il riconoscimento parziale, limitato a particolari lavori o categorie di lavori, con esplicita o implicita esclusione di altri, avuto riguardo alla loro natura oggettiva ovvero al tempo della loro esecuzione, circoscrive la competenza giurisdizionale del giudice ordinario alle pretese ad esso riconducibili (sentenza 2/6/1997 n. 4907);

– la situazione soggettiva di interesse alla revisione del prezzo dell’appalto di opere pubbliche in quanto correlata alla facolta’ riconosciuta dalla legge all’amministrazione appaltante…..ha natura di interesse legittimo tutelatale davanti al giudice amministrativo, ed acquista, per contro, consistenza di diritto soggettivo solo dopo che l’amministrazione abbia positivamente esercitato il suo potere di accordare la revisione (sentenza 14/5/1998 n. 4873);

– in tema di revisione dei prezzi di appalto di opera pubblica……..la posizione dell’appaltatore, mentre ha natura di mero interesse legittimo – tute-labile davanti al giudice amministrativo – fino a quando l’Amministrazione appaltante non abbia esercitato il potere discrezionale di accordare detta revisione, assume consistenza di diritto soggettivo – e puo’, quindi, essere fatta valere davanti al giudice ordinario – solo quando sia intervenuto detto riconoscimento e residui controversia solo sul quantum del credito, restando i-ninfluente, ai fini della giurisdizione, la sussistenza di un’eventuale clausola contrattuale che vincoli l’amministrazione al riconoscimento della revisione, poiche’ – non essendo consentite, nel vigore della L. n. 37 del 1973, deroghe pattizie – la nullita’ della clausola (sulla cui validita’ avra’ cognizione, in via incidentale, il giudice amministrativo) impedisce il consolidarsi di una posizione di diritto soggettivo in capo all’appaltatore (sentenza 5/5/2008 n. 10968).

Nella specie – come risulta pacifico tra le parti – la p.a.

appaltante non ha accolto la domanda dell’impresa appaltatrice volta al riconoscimento della revisione del prezzo di appalto per tutto il periodo contrattuale per cui correttamente la corte di appello ha declinato la propria giurisdizione.

A nulla vale, per ritenere il contrario, la piu’ volte citata sentenza del Tar Basilicata n. 87 del 1991 con la quale e’ stata annullata la delibera dell’IACP per essere stato riconosciuto il diritto dell’impresa appaltatrice alla revisione prezzi solo per un limitato periodo di tempo e non, come richiesto, per tutta la durata del contratto di appalto.

Con la detta sentenza e’ stato prodotto l’effetto demolitorio dell’atto impugnato rimanendo ferma la necessita’ di una ulteriore delibera della p.a. appaltante per il riconoscimento della pretesa fatta valere dall’impresa appaltatrice in conformita’ di quanto al riguardo affermato dal giudice amministrativo inidoneo di per se’ a sostituirsi all’azione spettante alla p.a..

In proposito e’ appena il caso di rilevare che la sentenza di annullamento non soltanto elimina dal mondo giuridico l’atto amministrativo illegittimo ma contestualmente identifica il modo legittimo di esercizio del potere, fissa la corretta sistemazione degli interessi e quindi determina – con valore precettivo per la successiva azione amministrativa – il contenuto concreto del dovere dell’amministrazione nella specie.

Nonostante la cessazione degli effetti del provvedimento impugnato, permane l’interesse alla decisione del ricorso considerato che la sentenza di annullamento del Giudice amministrativo, oltre al c.d.

effetto caducatorio o demolitorio (consistente nella eliminazione dell’atto impugnato), produce anche un effetto conformativo, vincolando le scelte amministrative in sede di riedizione del potere e fissando la regola alla quale la pubblica Amministrazione si deve attenere nella sua attivita’ futura.

In caso di sottrazione da parte della p.a. all’obbligo di conformarsi alle statuizioni della sentenza di annullamento e di orientare conseguentemente la sua ulteriore azione, o qualora essa non si conformi puntualmente ai principi contenuti nella sentenza oppure non constati le conseguenze giuridiche che da essa discendono o ancora nel caso di successiva sua inerzia, l’interessato puo’ instaurare il giudizio di ottemperanza, nel quale il giudice amministrativo, nell’esercizio della sua giurisdizione di merito, ben puo’ sindacare in modo pieno, completo e satisfattivo per il ricorrente l’attivita’ posta in essere dall’Amministrazione o il suo comportamento omissivo, adottando tutte le misure (direttamente o per il tramite di un commissario) necessarie ed opportune per dare esatta ed integrale esecuzione alla sentenza e per consentire una corretta riedizione del potere amministrativo; e cio’ in quanto il giudice amministrativo puo’ realizzare il contenuto conformativo della sentenza, di per se’ riferibile alla fase pubblicistica successiva all’annullamento, ed emanare tutti i provvedimenti idonei ad assicurare al ricorrente vittorioso il bene della vita effettivamente perseguito con il giudizio di legittimita’, reintegrandolo pienamente nella situazione concreta che avrebbe dovuto gia’ conseguire qualora la p.a. non avesse adottato l’atto dichiarato illegittimo.

La societa’ Ciuffreda, quindi, non avrebbe dovuto agire davanti al giudice ordinario, ma avrebbe dovuto adire il giudice amministrativo per ottenere l’adempimento coattivo dell’obbligo ritenuto sussistente in virtu’ della sentenza del Tar Basilicata passata in giudicato.

Con il terzo motivo del ricorso principale la societa’ Ciuffreda denuncia vizi di motivazione con violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e all’art. 366 bis c.p.c.. Il motivo e’ inammissibile perche’ articolato in palese contrasto con quanto disposto dall’art. 366 bis c.p.c. non avendo la ricorrente – con riferimento all’asserita violazione di norma di norme di diritto – formulato il connesso e consequenziale quesito di diritto e – con riferimento al denunciato vizio di motivazione – indicato “chiaramente” il fatto controverso in relazione al quale la motivazione sarebbe viziata e le ragioni di tale asserito vizio. In definitiva i ricorsi proposti dalle societa’ Ciuffreda e Tyche vanno rigettati – per essere i relativi motivi o inammissibili o infondati e va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo con conseguente rimessione delle parli innanzi al TAR territorialmente competente.

Dal rigetto del ricorso principale proposto dalla societa’ Ciuffreda deriva l’assorbimento del ricorso incidentale che l’ATER ha proposto nel controricorso al detto ricorso della societa’ Ciuffreda ed espressamente in via subordinata al suo accoglimento.

Le spese del giudizio di cassazione – in ragione, tra l’altro, della peculiarita’ delle questioni di diritto che hanno determinato gli esiti dei ricorsi riuniti, nonche’ del rilevato contrasto tra le sentenze rese nei gradi di merito – possono compensarsi per intero tra tutte le parti per giusti motivi.

P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso incidentale proposto dall’ATER nel controricorso al ricorso della s.r.l. Tyche;

rigetta il ricorso principale proposto dalla societa’ Ciuffreda e quello autonomo proposto dalla s.r.l. Tyche; dichiara assorbito il ricorso incidentale proposto dall’ATER nel controricorso al ricorso della societa’ Ciuffreda; dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo; rimette le parti innanzi al TAR territorialmente competente; compensa per intero tra tutte le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2010

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