Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16282 del 12/07/2010

Cassazione civile sez. un., 12/07/2010, (ud. 15/06/2010, dep. 12/07/2010), n.16282

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Primo Presidente f.f. –

Dott. PREDEN Roberto – Presidente di sezione –

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente di sezione –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.N. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA G. PIERLUIGI DA PALESTRINA 19, presso lo studio

dell’avvocato MORELLA ANTONIO, che lo rappresenta e difende, per

procura speciale del notaio dott. Vincenzo Cottone di Palermo, rep.

37367 del 31/12/09, in atti;

– ricorrenti –

contro

PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, MINISTERO

DELLA GIUSTIZIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 149/2009 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA

MAGISTRATURA, depositata il 24/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO D’ALESSANDRO;

udito l’Avvocato Antonio MORELLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il dott. M.N., giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Palermo, propone ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione, in base a nove motivi, illustrati da successiva memoria, avverso la sentenza 6/11 – 24/11/09 della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura che gli ha inflitto la sanzione della censura, ritenendolo parzialmente responsabile dell’illecito disciplinare ascrittogli, ai sensi del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 1, art. 3, lett. a), e art. 4, lett. d), e successive modificazioni.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Il motivo nuovo dedotto nella memoria in data 28/5/10 e’ fondato su un nuovo documento (verbale di assunzione di informazioni del (OMISSIS)), la cui produzione e’ inammissibile, non essendo un documento che l’incolpato non aveva potuto produrre nel giudizio di merito.

2.- Con il primo motivo il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata si fondi, quanto alla ricostruzione in fatto della vicenda ed ai profili valutativi, su sentenze intervenute in sede penale prive dell’autorita’ di cosa giudicata, spettante, nel giudizio disciplinare, esclusivamente alle sentenze penali di condanna.

2.1.- Il mezzo e’ infondato.

Non vi e’, infatti, riconoscimento dell’efficacia di giudicato alla sentenza di non doversi procedere del Tribunale di Caltanissetta e a quella di cassazione che ha ritenuto inammissibile il ricorso avverso di essa, ma valutazione di quanto risultante in fatto dagli atti del procedimento, come risulta in particolare dalle pagine 3 e 4 della sentenza, ove la ricostruzione dei fatti e’ tratta “dalla ricostruzione della vicenda effettuata dalle forze dell’ordine” ritenuta “complessivamente coerente con le dichiarazioni rese, limitatamente ai fatti cui hanno assistito, dai testimoni P.G., T.F., F.F., P.E., S.A.M.”, tenuto anche conto che, nel giudizio disciplinare, il M., nella memoria del 2/11/09, ha sostanzialmente ammesso l’episodio, quanto meno con riferimento alle “frasi di minaccia” pag. 5 della sentenza impugnata), pur assumendo che “le frasi sarebbero scriminate dai comportamenti abusivi c/o provocatori di un agente di P.S. e dalla necessita’ di salvarsi da un danno grave alla persona” (pag. 7).

Quanto, poi, ai profili valutativi, e’ agevole rilevare che, anche quando le sue conclusioni coincidono con quelle del giudice penale, il giudice disciplinare afferma di condividerle, a sottolineare che essi sono il frutto di una autonoma attivita’ di giudizio.

3.- Con il secondo motivo il M. deduce, in relazione a quella parte dell’incolpazione descritta sub b) a pagina 6 della sentenza, l’insussistenza del carattere minaccioso delle frasi pronunciate.

3.1.- Il secondo motivo e’ inammissibile, risultando come si e’ detto dalla sentenza che, nel giudizio disciplinare, l’odierno ricorrente – il quale, nella memoria 2/11/09, aveva ammesso di avere rivolto ai poliziotti le “frasi di minaccia di denuncia alla Procura, di arresto per tentato omicidio nonche’ di previsione di visita in carcere” – non aveva negato il carattere minaccioso di tali frasi, di per se’ evidente, ma aveva rappresentato di avere agito in un contesto caratterizzato da “conflittualita’” e “forte tensione reciproca” (pag. 5 della sentenza).

4.- Con il terzo motivo il ricorrente censura come erronea la tesi del giudice disciplinare, quanto a quella parte dell’incolpazione descritta sub c) a pagina 6 della sentenza, secondo cui la lesione consisterebbe in “qualsiasi alterazione, anche lievissima, dell’integrita’ fisica”, assumendo quindi che non sussisterebbe alcuna lesione in danno dell’Assistente di P.S. D. a lui addebitabile.

4.1. – Il terzo motivo e’ infondato.

A prescindere, infatti, dall’esattezza in diritto del concetto di lesione personale esposto nella sentenza, resta accertato, in punto di fatto, che l’Assistente di P.S. D.F. ha riportato, a seguito dell’azione dell’incolpato, “escoriazioni al collo” o “graffi in sede (…) del collo” (pag. 10 della sentenza), che sicuramente integrano l’ipotesi di lesioni personali.

5.- Con il quarto motivo la sentenza impugnata e’ oggetto di censura per non avere riconosciuto la causa di giustificazione della reazione legittima ad atti arbitrari, pur dando atto che gli agenti di P.S. si sono posti “in modo prima scarsamente efficiente, poi poco educato e non piu’ comprensivo dell’intenzione del dott. M. di controllarsi la pressione”.

5.1.- Il mezzo e’ infondato, tenuto conto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell’applicazione della causa di giustificazione prevista dal D.Lgs. 14 settembre 1944, n. 288, art. 14 (ora art. 393 bis c.p.) non basta che il pubblico ufficiale ecceda dai limiti delle sue attribuzioni, ma e altresi’ necessario che tenga una condotta improntata a malanimo, capriccio, sopruso, prepotenza nei confronti del privato destinatario (Cass., Sez. 6^, 5414/09), il che evidentemente non risulta nel caso di specie, non apparendo il comportamento degli operanti caratterizzato da preconcetto malanimo nei confronti del magistrato.

6.- Con il quinto motivo il ricorrente deduce che la sentenza impugnata avrebbe presunto, senza offrire adeguata motivazione, l’esistenza del dolo eventuale, dichiarando condivisibile l’affermazione in tal senso contenuta nell’ordinanza di parziale archiviazione per remissione della querela, quanto al reato di lesioni.

6.1.- Il quinto motivo e’ infondato.

Il dolo quanto meno eventuale (la questione si riferisce al solo reato di lesioni) e’ chiaramente desumibile dalle modalita’ di svolgimento dell’azione, salvo ritenere che il magistrato fosse momentaneamente incapace, risultando che il M. ha preso per il collo l’Assistente di P.S., arrestandolo per tentato omicidio, mentre questi si allontanava dopo avergli restituito il documento, procurandogli graffi ed escoriazioni.

7.- Con il sesto motivo il M. si duole dell’assenza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della buona fede e dell’erronea supposizione di cause giustificative.

7.1.- Il sesto motivo e’ infondato.

La motivazione della sentenza in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo ed alla non configurabilita’ di cause di giustificazione putative, e’ contenuta alle pagine 9 e 10 ed e’ condivisibile. Quanto alle minacce il dolo e’ d’altro canto sostanzialmente ammesso dallo stesso incolpato nella memoria del 9/11/09, nella quale – per quanto risulta dalla sentenza – ammette di avere pronunciato “frasi di minaccia”, “estreme e addirittura odiose oltre che del tutto sproporzionate”. La tesi della legittima difesa putativa e’ disattesa sul rilievo, corretto, tratto dalla sentenza di legittimita’ che ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza di non doversi procedere del Tribunale di Caltanissetta, che, “ai fini della configurabilita’ di tale stato e’ comunque necessario che la pretesa opinione soggettiva dell’esistenza del pericolo (…) trovi giustificazione nell’esistenza di una situazione di fatto che possa determinare la necessita’ di una azione difensiva, non essendo sufficienti ne’ lo stato d’animo dell’agente ne’ il semplice timore di costui che altri commetta un fatto lesivo del suo diritto o sia una persona pericolosa”.

8.- Con il settimo motivo il ricorrente si duole che sia stato ritenuto norma piu’ favorevole all’incolpato il R.D.Lgs. n. 511 del 1946, art. 18, assumendo che viceversa, nella specie, sarebbe piu’ favorevole il D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 4, lett. d, il quale richiede la commissione di un fatto di reato, ed inoltre osserva che l’applicazione in concreto della sanzione della censura, invece che dell’ammonimento, consentita dal citato art. 18, smentisce comunque la valutazione operata dalla Sezione disciplinare.

8.1.- Il settimo motivo e’ infondato. Il giudizio di maggior favore correttamente consegue – come risulta dalla sentenza – dal fatto che l’art. 18 consente l’irrogazione di una sanzione piu’ tenue, a nulla rilevando che la Sezione Disciplinare abbia poi ritenuto di applicare la medesima sanzione minima prevista dalla norma ritenuta meno favorevole.

Non si vede, comunque, l’interesse del magistrato alla questione, una volta accertata la sussistenza dei reati – ai fini disciplinari – e, quindi, l’applicabilita’ anche del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 4, lett. d).

9.- Con l’ottavo motivo il ricorrente lamenta l’omessa valutazione dei contenuti della consulenza medico – legale eseguita nel proprio interesse, quanto, in particolare, alla rilevanza delle proprie condizioni di salute al momento dell’episodio.

9.1.- Il mezzo e’ inammissibile.

La sentenza impugnata contiene – come si e’ detto – una adeguata motivazione riguardo alla sussistenza dell’illecito disciplinare, cosicche’ non appare in alcun modo censurabile l’omessa considerazione esplicita della consulenza medico – legale di parte, prodotta a sostegno della tesi, motivatamente disattesa, della scusabilita’ del comportamento del magistrato.

10.- Con il nono motivo il ricorrente nega l’esistenza di un’offesa rilevante, assumendo che, al piu’, potrebbe trattarsi di un fatto di scarsa rilevanza tale da escludere l’illecito disciplinare, ai sensi del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3 bis.

10.1.- Il nono motivo e’ infondato.

Esclusa dalla Sezione disciplinare, con adeguata motivazione, che il fatto potesse ritenersi giustificato dalle condizioni di salute dell’incolpato, ne consegue che resta ferma la sua gravita’, quale desumibile dall’ampia ricostruzione in fatto dell’episodio contenuta nella sentenza, essendo non certo condivisibile – ai fini del giudizio di rilevanza – che esso possa trovare la sua causa nel “forte affaticamento derivato dall’attivita’ di volontaria assistenza ai malati svolta continuativamente per una settimana a (OMISSIS) nei giorni immediatamente precedenti l’episodio in contestazione”.

11.- Il ricorso va pertanto rigettato.

Non vi e’ luogo a provvedere sulle spese.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni unite civili, il 15 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2010

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