Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16281 del 26/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 26/07/2011, (ud. 23/06/2011, dep. 26/07/2011), n.16281

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26564/2008 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIEMONTE 39-

A, presso lo studio dell’avvocato TOMASELLI Edmondo, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.E. e B.A., in qualità di eredi di P.

G., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DEL FANTE 10,

presso lo studio dell’avvocato CELATA Orfeo, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GARGIULO ANTONIO, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI,

LELIO MARITATO, LUIGI CALIULO, ANTONIETTA CORETTI, giusta delega in

calce alla copia notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 5584/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/11/2007 R.G.N. 969/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/06/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito l’Avvocato CELATA ORFEO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 9.7.07 la Corte d’Appello di Roma rigettava l’appello contro la sentenza 22.9.04 con cui il Tribunale della stessa sede aveva respinto la domanda proposta – nel contraddittorio con l’INPS – da M.A. contro E. e B.A., questi ultimi nella qualità di eredi della madre P.G., intesa ad ottenerne la condanna al pagamento dei contributi conseguenti al rapporto di lavoro domestico che l’attrice deduceva essere intercorso con la predetta P. dal 15.10.90 al 26.12.95.

Al riguardo escludevano i giudici del merito che fosse stata raggiunta la prova del dedotto rapporto di lavoro subordinato, a ciò aggiungendo quelli di secondo grado la fondatezza dell’eccezione di prescrizione quinquennale L. n. 335 del 1995, ex art. 3, sollevata in prime cure dai B..

Per la cassazione della sentenza della Corte territoriale ricorre la M. articolando due motivi.

Resistono con controricorso E. e B.A..

L’intimato INPS non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In quanto logicamente preliminare, si esamina dapprima il secondo motivo di ricorso, con cui la M. lamenta insufficiente motivazione su un fatto controverso decisivo per il giudizio, deducendo che vi era comunque un periodo per il quale era dimostrata l’esistenza del rapporto di lavoro, che la Corte d’appello aveva senza motivo negato l’ammissione dei mezzi istruttori formulati in primo grado e aveva sottovalutato le concordi deposizioni dei testi O. e P. a lei favorevoli, il tutto senza considerare la circostanza, pacifica e non seriamente contestabile, che nel sostituire la O. (domestica fissa) nelle sue mansioni ogni giovedì dalle h. 15,00 alle h. 20,00, la ricorrente non poteva che svolgere una prestazione di lavoro subordinato presso l’appartamento della P..

Il motivo è da disattendersi.

Per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema – da cui non si ravvisa motivo alcuno di discostarsi – il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di fatti decisivi della controversia, potendosi in sede di legittimità solo controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione operata dal giudice del merito, soltanto al quale spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr., ex aliis, Cass. S.U. 11.6.98 n. 5802 e innumerevoli successive pronunce conformi).

Nè il giudice del merito è tenuto a vagliare ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, risultino logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr. Cass. Sez. Lav. 20.4.06 n. 9234 e numerose altre conformi).

Nel caso di specie la ricorrente sollecita soltanto una terza lettura in punto di fatto delle risultanze processuali, operazione – questa – non consentita in sede di legittimità.

2. Le considerazioni che precedono, escludendo che possa rimettersi in discussione la ritenuta insufficienza circa la prova del dedotto rapporto di lavoro subordinato, assorbono il primo motivo di ricorso, con il quale l’odierna ricorrente lamenta violazione di legge in ordine alla ritenuta applicabilità, nel caso in esame, della prescrizione quinquennale dei contributi previdenziali L. n. 335 del 1995, ex art. 3, e del giudicato sull’eccezione di prescrizione sollevata dai B. per non essere stata la relativa questione, non esaminata in prime cure, oggetto di appello incidentale.

3. In conclusione, il ricorso è da rigettarsi, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dei B., spese liquidate come da dispositivo.

Non è – invece – dovuta pronunzia sulle spese nei confronti dell’intimato INPS, che non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dei B. che liquida in Euro 40,00 per esborsi e in Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A.. Nulla spese nei confronti dell’INPS. Così deciso in Roma, il 23 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2011

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