Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16279 del 30/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 30/06/2017, (ud. 31/05/2017, dep.30/06/2017),  n. 16279

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

R.C., R.M. e R.M.E., tutti

nella qualità di eredi di C.M.L., rappresentati e

difesi dagli Avvocati Riccardo Ravera e Piero Nodaro, con domicilio

eletto nello studio di quest’ultimo in Roma, via Venti Settembre, n.

3;

– ricorrenti –

contro

L.A., rappresentato e difesi dall’Avvocato Mauro

Ferrando, con domicilio eletto nello studio dell’Avvocato Augusto

D’Ottavi in Roma, via Banco di S. Spirito n. 48;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 501 dell’Il

aprile 2013.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

31 maggio 2017 dal Consigliere Alberto Giusti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con atto di citazione notificato il 17 novembre 2011 ex art. 140 cod. proc. civ., C.M.L., proprietaria dell’appartamento (OMISSIS) e della cantina pertinenziale ubicata al piano sottostrada dell’edificio, conveniva in giudizio L.A., chiedendone la condanna al rilascio della cantina che era stata inglobata nel 1996 nell’appartamento (OMISSIS) da G.F., dante causa del signori Chiesa, danti causa del L..

Il convenuto si costituiva soltanto all’udienza di precisazione delle conclusioni, formulando preliminarmente istanza di rimessione in termini.

Il Tribunale di Genova, con sentenza n. 4181/2005, in accoglimento della domanda, dichiarava la C. titolare della piena ed esclusiva proprietà della cantina annessa all’appartamento sito in (OMISSIS), ovvero dello spazio corrispondente alle dimensioni (mq. 4,5) di tale cantina, oggi accorpata all’appartamento distinto dal (OMISSIS).

2. – La Corte d’appello di Genova, con sentenza in data 11 aprile 2013, in accoglimento dell’appello, ha dichiarato la nullità degli atti successivi alla notifica della citazione di primo grado e della sentenza di primo grado e, provvedendo nel merito, ha respinto la domanda.

2.1. – La Corte territoriale ha in primo luogo rilevato la nullità della citazione introduttiva del giudizio di primo grado, per vizio della vocatio in ius, per mancanza dei termini a comparire: vizio che, non essendo stato sanato, ha comportato la nullità di tutti gli atti successivi alla notifica della citazione, e quindi anche della sentenza.

Nel merito la Corte di Genova ha affermato che l’accorpamento della cantina in questione risale al 1978, e ha quindi dichiarato fondata l’eccezione di usucapione sollevata dal convenuto, essendo decorsi oltre venti anni dal 1978 al 2001, data di proposizione della domanda. In ogni caso – ha rilevato la Corte del merito – sarebbe compiuta l’usucapione decennale, essendo stato l’immobile acquistato a non domino per atto pubblico anche dal G. in buona fede, poichè la buona fede si presume e non può ritenersi provato che risalga a lui l’iniziativa dell’accorpamento della cantina 1 nella cantina 1A.

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello R.C., R.M. e R.M.E., nella qualità di eredi di C.M.L., hanno proposto ricorso, con atto notificato il 21 giugno 2013, sulla base di quattro motivi.

L’intimato ha resistito con controricorso.

In prossimità della camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Va esaminata preliminarmente l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa del controricorrente per difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti, sul rilievo che gli stessi non avrebbero dimostrato la qualità di eredi di C.M.L., parte nel giudizio di merito.

1.1. – L’eccezione è priva di fondamento.

I ricorrenti hanno infatti dimostrato la loro qualità di eredi della C., e quindi la loro legittimazione a proporre il ricorso per cassazione, avendo allegato al ricorso per cassazione sia il certificato di morte della C., sia la denuncia di successione attestante che R.C., R.M. e R.M.E. sono stati chiamati all’eredità della de cuius, rispettivamente essendo marito e figlie della C.. Del resto, promuovendo il ricorso per cassazione avverso la sentenza di merito che ha rigettato la domanda di rivendica avanzata dalla C. in relazione alla cantina annessa all’appartamento di via (OMISSIS), i ricorrenti hanno provato di avere posto in essere un atto di accettazione tacita dell’eredità, e, quindi, idoneo a far considerare dimostrata la loro legittimazione.

La legittimazione a proporre ricorso risulta altresì comprovata dal fatto che i ricorrenti hanno notificato al L. mediante elenco e depositato in cancelleria ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ. i seguenti documenti: (a) l’atto di precetto e l’atto di pignoramento presso terzi compiuti dal L. nei confronti dei R. attribuendo loro la qualità di eredi, con i quali l’odierno controricorrente ha fatto valere in sede esecutiva i crediti nascenti a suo favore dalla sentenza della Corte d’appello di Genova oggetto del presente ricorso; (b) l’atto di avvenuto pagamento, da parte dei R. nella qualità di eredi della C., della somma pretesa per via esecutiva.

2. – Il ricorso è affidato a quattro motivi di censura.

Con il primo motivo, i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione degli artt. 164 e 294 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. I ricorrenti deducono che il convenuto, inizialmente rimasto contumace, si è costituito in giudizio dopo la prima udienza di chiamata della causa e non ha eccepito il mancato rispetto del termine a comparire: la costituzione del convenuto ha pertanto sanato il vizio e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si sono prodotti sin dal momento della notificazione della citazione. Il convenuto L. si è costituito nel giudizio di primo grado eccependo la nullità della notifica dell’atto di citazione, ma nulla ha eccepito in merito alla mancata osservanza del termine a comparire. Erroneamente la Corte d’appello avrebbe proceduto ad una declaratoria d’ufficio della nullità dell’atto introduttivo del giudizio. Ad avviso dei ricorrenti, essendosi il L. costituito ben oltre la prima udienza di trattazione, l’art. 164 cod. proc. civ. non potrebbe trovare applicazione alla fattispecie, mentre sarebbe applicabile l’art. 294 cod. proc. civ., che prevede un ben diverso regime di rimessione in termini.

Con il secondo motivo (violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e artt. 99, 112, 161, 324 e 329 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) i ricorrenti deducono che il rispetto del termine a comparire, già appurato dal giudice di prime cure allorquando ha dichiarato la contumacia del L., ha costituito l’oggetto di una specifica pronuncia del Tribunale su questione rilevabile d’ufficio e in concreto esaminata in sede di decisione dietro esplicita sollecitazione da parte della stessa attrice C.. Il capo della sentenza che ha pronunciato il rispetto del termine di comparizione non sarebbe stato impugnato dal L., il quale, nell’atto di appello, non ha mosso la benchè minima censura al predetto capo. La Corte d’appello avrebbe finito con il giudicare una questione processuale già esaminata e decisa dal Tribunale con pronuncia non impugnata e, come tale, divenuta incontrovertibile.

Il terzo mezzo (nullità della sentenza o del procedimento per violazione o falsa applicazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) ribadisce che il rispetto del termine a comparire, avendo costituito l’oggetto di una specifica pronuncia del Tribunale su questione esaminata in sede di decisione, si è tradotto in un autonomo capo della sentenza, che il L. non ha impugnato.

Con il quarto motivo (violazione o falsa applicazione degli artt. 161, 166, 167, 180, 184, 324 e 329 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) i ricorrenti deducono che l’inesistenza del vizio di nullità della notifica dell’atto di citazione, costituente l’unico vizio eccepito dal L., determinerebbe: la ritualità della dichiarazione di contumacia pronunciata dal Tribunale, la decadenza del L. dalla facoltà di sollevare eccezioni riconvenzionali, di dedurre prove testimoniali e di effettuare produzioni, l’inammissibilità, in particolare, dell’eccezione riconvenzionale di usucapione riproposta dal L. nell’atto di appello.

3. – In ordine logico, è preliminare l’esame del secondo motivo di ricorso.

Esso è fondato.

Il Tribunale di Genova, decidendo la causa in primo grado con la sentenza in data 10 settembre 2005, ha rilevato che “la notifica dell’atto di citazione per l’udienza del 22 gennaio 2002 al convenuto, avvenuta ex art. 140 cod. proc. civ. presso la sua residenza anagrafica di (OMISSIS) il 17 novembre 2011, appare rituale e regolarmente perfezionata, con rispetto del termine di comparizione. Infatti, il certificato di residenza prodotto in atti attesta la residenza anagrafica del convenuto in tale immobile e le formalità prescritte dall’art. 140 cod. proc. civ. risultano, dalla relata di notifica in calce all’atto di citazione, adempiute e tale risultanza fa fede sino a querela di falso. Pertanto l’istanza di rimessione in termini del convenuto deve essere respinta, con la conseguenza che l’eccezione di usucapione dallo stesso sollevata – eccezione in senso proprio – è palesemente tardiva oltre che non provata, nè provabile, attesa la decadenza del convenuto dalle prove orali e da quelle documentali”.

Proponendo appello, il L. ha dedotto, come motivo di gravame, la “irritualità della notifica della citazione introduttiva”, con conseguente “istanza di rimessione al primo giudice ex art. 354 cod. proc. civ. e di rimessione in termini ex art. 294 cod. proc. civ.”. A sostegno della censura così rubricata, l’appellante ha dedotto di “non ricorda(re) di aver mai ricevuto presso la propria abitazione la notificazione di alcun atto giudiziario, neppure nelle forme di cui all’art. 140 cod. proc. civ.”, osservando in particolare che “nessun avviso gli è stato mai lasciato nella cassetta della posta e/o affisso alla porta d’ingresso al proprio appartamento”. Di qui la richiesta che, “previo accertamento della irritualità della notifica della citazione introduttiva”, “la presente causa venga pregiudizialmente e/o preliminarmente rimessa al giudice di prime cure, il Tribunale di Genova, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 354 cod. proc. civ.”, e di “poter essere pregiudizialmente e/o preliminarmente rimesso in termini ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 294 cod. proc. civ.”.

Ora, la Corte d’appello, nello scrutinare il motivo di gravame, ha rilevato che “dalla disamina della relata di notificazione della citazione di primo grado emerge che essa è stata notificata ex art. 140 cod. proc. civ. alla residenza del convenuto e che il prescritto avviso a mezzo posta non è stato ritirato, essendo stato depositato in data 21 novembre 2011”: pertanto, ha dichiarato “valida” “la notifica”, i cui “effetti decorrevano per il notificato dal 1 dicembre 2001, dovendo considerarsi avvenuto il perfezionamento della notifica nel compimento delle formalità di notifica dell’avviso a mezzo posta”. La Corte d’appello ha altresì rilevato che “non si è in presenza di un vizio della notifica”, ma di un vizio della citazione, “in relazione alla vocatio in ius”, “per mancanza dei termini a comparire, essendo in essa indicata l’udienza di comparizione al 22 gennaio 2002, con termine inferiore ai prescritti sessanta giorni”: vizio non sanato, posto che non vi è stato rilievo d’ufficio ex art. 164 cod. proc. civ. e il convenuto si è costituito all’udienza di precisazione delle conclusioni, chiedendo la rimessione in termini, ma la istanza è stata respinta, di modo che la sanatoria non si è compiuta.

Sennonchè, così decidendo, la Corte territoriale è incorsa nella violazione denunciata.

Il principio di base al quale i motivi di nullità della sentenza e del procedimento si convertono in motivi di impugnazione – ad eccezione del vizio di omessa sottoscrizione da parte del giudice, che dà luogo ad inesistenza – comporta che la nullità derivante dall’assegnazione da parte dell’attore di un termine di comparizione inferiore a quello minimo di legge (art. 164 cod. proc. civ.), ove non rilevata dal giudice d’ufficio, deve essere fatta valere dal convenuto contumace nei limiti e nei termini dei mezzi d’impugnazione, con la conseguenza, in difetto, della formazione del giudicato (Cass., Sez. 2, 31 maggio 2006, n. 12965).

Nella specie, il Tribunale di Genova ha espressamente reso una statuizione sull’avvenuto rispetto del termine di comparizione in relazione ai giorni intercorsi tra il perfezionamento delle formalità di notifica ex art. 140 cod. proc. civ. e l’udienza di comparizione. Il giudice d’appello non poteva, senza uno specifico motivo di impugnazione, dichiarare la nullità della citazione, in relazione alla vocatio in ius, per avere la parte attrice assegnato un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge. Nella specie difettava uno specifico motivo di appello: il L., con l’atto di gravame, si è doluto della irritualità della notifica della citazione introduttiva (instando per questa ragione per la rimessione in termini ai sensi dell’art. 294 cod. proc. civ. e per la rimessione della causa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 354 cod. proc. civ.), senza dedurre alcunchè sul mancato rispetto del termine a comparire quale causa di nullità dell’atto di citazione.

4. – E’ fondato anche il quarto motivo.

Questa Corte (Cass., Sez. 2, 19 maggio 2015, n. 10206) ha statuito che la decadenza dalla proposizione di domanda riconvenzionale di usucapione, per inosservanza del termine stabilito dall’art. 166 cod. proc. civ., non impedisce alla stessa di produrre gli effetti di una semplice eccezione di usucapione, mirante al rigetto della pretesa attrice, sempre che la costituzione sia comunque avvenuta nel termine utile per proporre le eccezioni, ovvero entro quello di cui all’art. 180 c.p.c., comma 2, secondo il testo, applicabile ratione temporis, anteriore alla sostituzione operata dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80.

Nella specie, l’eccezione di usucapione è stata proposta tardivamente, una volta trascorso il termine di venti giorni prima della prima udienza di trattazione (Cass., Sez. 1, 6 luglio 2004, n. 12314).

L’eccezione di usucapione è stata sollevata con la costituzione del convenuto avvenuta all’udienza di precisazione delle conclusioni.

In questo contesto, la Corte d’appello avrebbe dovuto confermare la statuizione del Tribunale in punto di accertata decadenza, per tardività, dalla proposizione della eccezione di usucapione, sollevata dal convenuto in sede di costituzione avvenuta soltanto all’udienza di precisazione delle conclusioni; del pari, avrebbe dovuto rilevare che il convenuto era incorso nelle decadenze istruttorie, stante il mancato rispetto del termine stabilito dall’art. 184 cod. proc. civ..

5. – Il secondo ed il quarto motivo sono accolti.

Il primo ed il terzo mezzo restano assorbiti.

La sentenza impugnata è cassata.

La causa deve essere rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Genova.

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

 

La Corte accoglie il secondo ed il quarto motivo, dichiara assorbito il primo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Genova.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 31 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2017

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