Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16277 del 30/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/07/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 30/07/2020), n.16277

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29319-2018 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIORGIO SARDELLA;

– ricorrente –

contro

BANCA POPOLARE PUGLIESE SCPA, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BAIAMONTI 10, presso

lo studio dell’avvocato MARTA CAGNA, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIORGIO ANTONIO MARSANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 842/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 24/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. UMBERTO

LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA e RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, rilevato che:

con sentenza del 13/1/2014 il Tribunale di Brindisi ha accolto la domanda di rideterminazione del saldo del contratto di contocorrente n. (OMISSIS), acceso il (OMISSIS), proposta da C.M. nei confronti della Banca Popolare Pugliese, accertando che il credito della Banca verso il correntista era di Euro 19.872,26, diversamente da quanto sostenuto dalla Banca, che lo aveva indicato in Euro 9.914,20, compensando le spese di lite;

con sentenza del 24/8/2017 la Corte di appello di Lecce, in parziale riforma della predetta sentenza, ha accolto, per quanto di ragione, l’appello principale proposto da C.M., dichiarandolo creditore verso la Banca Popolare Pugliese della somma di 3.745,24, oltre interessi legali dal 23/11/2006 al saldo, rigettando l’appello incidentale della Banca e condannando la Banca al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi del giudizio;

avverso la predetta sentenza, successivamente corretta da errore materiale nella liquidazione delle spese con ordinanza del 14/11/2017, non notificata, ha proposto ricorso per cassazione C.M., svolgendo unico motivo, al quale ha resistito con controricorso la Banca Popolare Pugliese soc. coop. a r.l., chiedendone l’inammissibilità o il rigetto;

dopo la proposta di trattazione in camera di consiglio non partecipata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la parte ricorrente ha illustrato con memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, le proprie difese.

Diritto

RITENUTO

che:

con il motivo il ricorrente deduce ex art. 360 c.p.c., n. 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia circa la domanda riguardante il mancato riconoscimento di quanto indebitamente versato a titolo di competenze di sconto;

il ricorrente ricorda che il Giudice di primo grado aveva ristretto il thema decidendum della controversia alle sole domande avanzate dall’attore con l’atto di citazione, escludendo ogni questione relativa alle commissioni di massimo scoperto, alle spese di tenuta conto e ai giorni di valuta, ritenute dedotte tardivamente, e che la Corte di appello aveva ritenuto fondato il suo primo motivo di appello in proposito;

secondo il ricorrente, però, la Corte territoriale aveva omesso di pronunciarsi sulla non debenza – per mancata pattuizione con il contratto base di conto corrente n. (OMISSIS) del (OMISSIS) – delle competenze a qualsiasi titolo, anche di sconto, di cui pure l’attore aveva chiesto l’accertamento, cosa che era stata fatta valere con il punto 1 di pagina 6 dell’atto di appello ed era stata già chiesta in precedenza con l’atto di citazione in primo grado;

il ricorso pecca di autosufficienza quanto alla riproduzione degli specifici punti dell’atto di citazione in primo grado, con cui il ricorrente assume di aver richiesto tempestivamente la restituzione di quanto indebitamente versato a titolo di competenze di sconto;

a pagina 6 del ricorso il ricorrente indica genericamente i passaggi della citazione introduttiva con cui egli avrebbe proposto la domanda (così citandoli: pag. 1, secondo e ultimo periodo; pag. 2, primo periodo, pag. 3, primo periodo), senza trascrivere le espressioni usate e limitandosi a una descrizione sintetica in cui, peraltro, non figura alcuno specifico riferimento ad operazioni di sconto;

la mancanza di tale riferimento certamente non può essere efficacemente surrogata, come parrebbe ritenere il ricorrente, con la generica richiesta della restituzione di “tutto quanto illegittimamente addebitato o riscosso a qualsiasi titolo”, del tutto inidonea a esprimere tanto il petitum quanto la causa petendi della domanda asseritamente introdotta;

il ricorrente nella memoria 26/6/2020 fa leva sui commenti esplicativi ai richiami testuali contenuti nel ricorso (pag.1, secondo e ultimo periodo; pag. 2, primo periodo, pag. 3, primo periodo) per affrancare dal vizio di non autosufficienza il ricorso introduttivo, pur in difetto di trascrizione integrale dei passaggi contenenti la domanda asseritamente ignorata;

tuttavia lo stesso ricorrente assume solamente di aver chiesto “di determinare l’esatto ammontare di quanto versato in più all’Istituto bancario a titolo di interessi superiori al tasso legale o al tasso che sarebbe stato ritenuto legittimo, di eventuali competenze e di interessi anatocistici, eliminando altresì il costo della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, delle spese di chiusura conto e delle commissioni di massimo scoperto”, in totale difetto di menzione di rapporti di sconto, e tantomeno di allegazione di commissioni indebitamente applicate a quel titolo e dei relativi presupposti storico – fattuali;

anche con riguardo alle conclusioni dell’atto di citazione in primo grado il ricorrente ritiene erroneamente sufficiente a includere la domanda asseritamente ignorata la richiesta restitutoria di “tutto quanto illegittimamente addebitato o riscosso a qualsiasi titolo (con riferimento al rapporto per cui è causa) dall’istituto bancario”, ancora senza riferimento alcuno a rapporti di sconto, relative commissioni e presupposti storico-fattuali;

quand’anche poi la proposizione della domanda potesse essere validamente formulata attraverso il contenuto della lettera raccomandata del 12/7/2005 sol perchè prodotta e richiamata nell’atto di citazione il ricorrente sostiene di aver richiesto con la messa in mora “competenze e interessi, con eliminazione del costo derivante dalla capitalizzazione trimestrale, agli eventuali interessi arbitrari e alle commissioni non dovute”, ancora una volta del tutto genericamente e senza riferimenti al rapporto di sconto;

per finire, anche la richiesta istruttoria di consulenza tecnica di ufficio, citata dal ricorrente, era del tutto generica e riguardava le competenze indebite; anche il contenuto del primo motivo di appello del ricorrente non è trascritto nel ricorso nel suo preteso riferimento anche alle competenze di sconto cambiali ed effetti commerciali indebitamente applicate, adempimento questo tanto più necessario a supporto della dedotta omissione di pronuncia su tale profilo di censura che viene addebitata alla Corte territoriale, che ha invece espressamente registrato in sentenza (pag. 2, penultimo paragrafo) in modo differente – e molto più vago e generico – il tenore della censura;

in tal modo il motivo di ricorso per cassazione incorre nel vizio di assoluta a-specificità, dal momento che non pone questa Corte in condizione di valutare la potenziale capacità di confutazione delle censure svolte dall’appellante in rapporto al decisum;

secondo lo stesso ricorrente erano state richieste del tutto genericamente “eventuali competenze” ed erano statè indicate specificamente solo la capitalizzazione trimestrale degli interessi, le spese di chiusura conto e la commissione di massimo interesse; la richiesta di c.t.u. si riferisce ancora del tutto genericamente, alle “competenze”;

fa del tutto difetto una sufficiente determinazione delle competenze relative allo sconto di effetti (neppur menzionato) e tantomeno la indispensabile allegazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa che si vorrebbe azionata;

giova rammentare che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza;

infatti perchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che al giudice di merito fossero state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili e, dall’altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell’autosufficienza, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività e, in secondo luogo, la decisività (Sez. 6 – 5, n. 5344 del 04/03/2013, Rv. 625408 – 01; Sez. U, n. 15781 del 28/07/2005, Rv. 583090 – 01);

è quindi inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (Sez. 2, n. 17049 del 20/08/2015, Rv. 636133 – 01; Sez. L, n. 21083 del 07/10/2014, Rv. 632888 – 01; Sez. L, n. 14561 del 17/08/2012, Rv. 623618 – 01; Sez. 3, n. 978 del 17/01/2007, Rv. 596924 – 01);

del tutto irrilevante ai fini dell’ammissibilità del presente ricorso appare il contenuto di altra proposta di trattazione ex art. 380 bis, in adunanza camerale non partecipata relativa ad altro procedimento;

tale proposta comunque non enuncia affatto un principio di diritto processuale contraddittorio, visto che in entrambi i casi è stato evidenziato un vizio di non autosufficienza in difetto di trascrizione degli atti processuali rilevanti (in questo caso, con riferimento alla pretesa formulazione di una domanda giudiziale; nell’altro procedimento ai fini della dimostrazione della rilevanza di elementi probatori);

ritenuto quindi che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e che le spese debbano seguire la soccombenza, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidate nella somma di 8.000,00 per compensi, 100,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2020

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