Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16275 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/06/2021, (ud. 02/02/2021, dep. 10/06/2021), n.16275

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 9920/2018 proposto da:

LUCCHINI s.p.a., c.f. (OMISSIS), in amministrazione straordinaria con

sede legale in Piombino (il) in persona del legale rappresentante

pro tempore e commissario straordinario, elettivamente domiciliata

in Roma via XXV maggio 43 presso lo studio degli avv.ti Paolo Puri e

Alberto Mula che la rappresentano e difendono unitamente e

disgiuntamente;

– ricorrente –

contro

REGIONE TOSCANA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma Piazza Ballerini 12 presso lo studio dell’avv.

Marcello Cecchetti, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lucia Bora e

Arianna Paoletti dell’Avvocatura regionale;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2038/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della Toscana depositata in data 25 settembre 2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa RUSSO

RITA;

lette le conclusioni del PG che si esprime per il rigetto del primo

motivo del ricorso e accoglimento del secondo.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.- La società Lucchini ha presentato ricorso avverso tre atti di

accertamento notificati in data 27 agosto 2014 emessi dalla Regione Toscana, per la imposta regionale dell’anno 2009, interessi e sanzioni, relativi a tre concessioni del demanio rilasciate dall’autorità portuale di Piombino. I giudici di primo grado hanno accolto il ricorso della società ritenendo non dovuta l’imposta. La CTR, con sentenza depositata in data 25 settembre 2017, ha accolto l’appello della regione Toscana ritenendo legittima la riscossione dell’imposta per la concessione del demanio marittimo.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società affidandosi a due motivi. Ha resistito con controricorso la Regione. Il PG ha concluso per il parziale accoglimento, limitatamente alla richiesta di disapplicazioni delle sanzioni. La società ha depositato memoria. La causa è stata trattata all’adunanza camerale del 2 febbraio 2021.

Diritto

RITENUTO

CHE:

3.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 della L. n. 281 del 1970, art. 2.

La società deduce che la pronuncia impugnata si riassume nel riportare il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione, secondo cui presupposto dell’imposta regionale è l’occupazione e l’uso di beni appartenenti al demanio o al patrimonio dello Stato inclusi nel territorio della Regione, indipendentemente dall’autorità competente al rilascio della concessione. Il principio, deduce la ricorrente, non è applicabile al caso di specie perchè relativo a una concessione proveniente da autorità portuale e non già dalla Regione e quindi presenta specificità che differenziano la fattispecie dal precedente, imponendo una diversa soluzione, atteso che l’autorità portuale amministra i beni dello Stato in virtù di un’autonoma competenza e non per conto dello Stato.

3.1- Il motivo è infondato

Il giudice d’appello ha posto in evidenza che il tributo è dovuto per il fatto della occupazione dell’uso di beni del patrimonio o del demanio statale indipendentemente dall’autorità cui compete il rilascio della concessione, richiamando una già consolidata giurisprudenza di questa Corte.

La L. n. 281 del 1970, al fine di dare attuazione ai principi costituzionali in materia di autonomia amministrativa ha attribuito alle Regioni entrate fiscali, e tra queste l’imposta sule concessioni statali dei beni del demanio e patrimonio indisponibile, disponendo (art. 2) che “L’imposta sulle concessioni statali si applica alle concessioni per l’occupazione e l’uso di beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato siti nel territorio della Regione, ad eccezione delle concessioni per le grandi derivazioni di acque pubbliche. Le Regioni determinano l’ammontare dell’imposta in misura non superiore al triplo del canone di concessione”.

La Regione Toscana ha dato seguito alla L. nazionale n. 281 del 1970 con la L.R. n. 2 del 1971 la quale prevede che “dal 1 gennaio 1972 è istituita, ai sensi della L. 16 maggio 1970, n. 281, art. 2 (Provvedimenti finaniari per l’attuaione delle regioni a statuto ordinario) l’imposta regionale sulle concessioni statali per l’occupazione e l’uso dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato, situati nell’ambito territoriale della Regione” e per quanto riguarda le concessioni rilasciate o rinnovate dalla autorità portuale il comma 4 (come successivamente modificato dalla L.R. n. 77 del 2012, art. 11, finanziaria) dispone che “L’imposta regionale sulle concessioni statali per l’occupazione e l’uso dei beni dei demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato non si applica, a decorrere dal periodo d’imposta 2013, alle concessioni rilasciate o rinnovate dall’Autorità portuale di Piombino di cui al D.P.R. 20 marzo 1996, art. 1 (Istituzione dell’autorità portuale nel porto di Piombino) e dalle Autorità portuali di Livorno e Marina di Carrara di cui alla L. 28 gennaio 1994, n. 84, art. 6 (Riordino della legislazione in materia portuale)”.

La modifica del comma 4 si comprende ove si ponga mente al fatto che il tributo, in virtù delle disposizioni del D.Lgs. n. 68 del 2011, art. 8 stato trasformato, dal 1 gennaio 2013, insieme ad altri, in tributo proprio regionale, ferma la facoltà per le regioni di sopprimerlo; sicchè la specificità delle concessioni rilasciate dalle autorità portuali è stata presa in considerazione dal legislatore regionale toscano, che ha deciso di introdurre una esenzione, ponendo come spartiacque la data del 1 gennaio 2013, così esercitando la propria discrezionalità nell’ambito della politica fiscale riguardo a tributi propri.

L’intervento normativo regionale del 2012 è quindi diretto ad introdurre una esenzione dapprima inesistente e soltanto a far data dall’anno 2013; ciò in quanto nel regime normativo ratione temporis applicabile all’anno 2009 il tributo in questione resta nella titolarità dello Stato, (ma attribuito alle Regioni) non rilevando l’esercizio delle funzioni legislative o amministrative delle Regioni (o quanto a quelle amministrative, di altri enti, quali le Autorità portuali) riguardo all’utilizzazione dei beni stessi (Cass. 21136/2016; Corte Cost. 286/2004).

La CTR ha correttamente richiamato e applicato un principio di diritto già affermato da questa Corte, secondo il quale il presupposto dell’imposta sulle concessioni di beni del demanio non coincide con il fatto oggettivo del rilascio della concessione da parte dell’autorità statale, ma piuttosto va collegato all’utilizzo da parte del concessionario di beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato, assumendo rilievo il fatto oggettivo della relazione materiale concretamente instaurata con la cosa, a prescindere dal titolo che consentendola, rende legittimo il godimento ovvero l’utilizzo (Cass. n. 11652 e 11653/2015; n. 11655/2015; 21136/2016). Da ultimo, con la ordinanza n. Cass. 6714/2020, in fattispecie in tema di concessione di risorse geotermiche, ma sulla base di un principio sistematico e di portata generale, è stato ribadito quanto segue: “Ai sensi della L. 16 maggio 1970, n. 281, art. 2, comma 1, nonchè ai sensi della L.R. Toscana 30 dicembre 1971, n. 2, art. 1, comma 1, presupposto dell’imposta regionale sulle concessioni statali per l’occupazione e l’uso di beni appartenenti al demanio o a/ patrimonio indisponibile dello Stato inclusi nel territorio della Regione, sono l’occupazione e l’uso assentiti degli stessi, indipendentemente dall’Autorità cui compete il rilascio della concessione”

Questa Corte si è invero pronunciata anche in altre occasioni sulla questione oggi oggetto di esame precisando che: a) l’eliminazione del tributo da parte della citata L.R. Toscana n. 77 del 2012, art. 11, comma 1, non ha effetto retroattivo, ma opera (come del resto testualmente previsto) solo a decorrere dall’annualità 2013, risultando pertanto ininfluente ai fini della presente causa, in (quanto relativa ad annualità pregressa nella quale l’imposta era ancora vigente (Cass. n. 6061/17 tra le stesse parti oggi in causa, per l’annualità 2006); b) questa eliminazione costituisce il frutto di una scelta puramente discrezionale del legislatore regionale (consentitagli dall’ordinamento nazionale) nell’ambito della manovra di bilancio (legge finanziaria regionale per l’anno 2013) incidente su tributi propri, sicchè non può ad essa attribuirsi alcun significato o efficacia di “sostanziale riconoscimento dell’infondatezza della pretesa impositiva” riferita ad annualità pregresse (Cass. n. 6061/17 cit.); c) la conformità del tributo alla riserva (relativa) di legge ex art. 23 Cost. deve ritenersi assicurata dal fatto che gli elementi costitutivi del tributo in questione sono fissati per legge statale, nel senso che la L. n. 281 del 1970, art. 2 individua il presupposto impositivo (come appena descritto), i soggetti passivi d’imposta (concessionari di beni del demanio e del patrimonio indisponibile) e la base imponibile (costituita dallo stesso canone di concessione), ed in ambito regionale, la citata L. n. 2 del 1971, art. 1, comma 3 prevede che l’imposta sia appunto commisurata ad una prestabilita percentuale (aliquota) del canone di concessione statale; ebbene, per quanto specificamente concerne le concessioni demaniali marittime, la disciplina nazionale (D.L. n. 400 del 1993 conv.in L. n. 494 del 1993) detta altresì i criteri per la determinazione dei canoni (cioè della base imponibile), stabilendo per quanto qui rileva che (art. 7) “Gli enti portuali potranno adottare, per concessioni demaniali marittime rientranti nel proprio ambito territoriale, criteri diversi da quelli indicati nel presente decreto, che comunque non comportino l’applicazione di canoni inferiori rispetto a quelli che deriverebbero dall’applicazione del decreto stesso” (Cass. ord. nn. 21136 – 21137 – 21138/16 aventi riguardo a concessione di beni del demanio marittimo, da parte dell’Autorità Portuale, a favore di circoli nautici della Toscana).

A questi principi il Collegio intende dare continuità.

3.2- Deve infatti osservarsi che la pretesa impositiva, in termini generali, si fonda e trova la sua legittimazione nella legge (art. 23 Cost.) e si giustifica in ragione della capacità contributiva del privato (art. 53 Cost.) e dei doveri inderogabili di solidarietà sociale ed economica di cui la Repubblica chiede l’adempimento a ciascun cittadino (art. 2 Cost.). Nella fattispecie la scelta sull’an del tributo è esercitata dal legislatore (nazionale prima e regionale poi) e trova fondamento nella utilizzazione esclusiva di un bene dello Stato che crea un incremento economico nel concessionario, con correlativo sacrificio da parte del titolare del bene (lo Stato) che lo sottrae all’uso pubblico.

Il presupposto impositivo è quindi da individuarsi nell’uso e l’occupazione (assentiti) di beni del demanio dello Stato, situati nel territorio della Regione, visto nella sua dimensione oggettiva, come relazione utile del soggetto con una res di proprietà dello Stato, ma sita nel territorio regionale, e non in ragione del rapporto con l’autorità che rilascia la concessione. Non è la maggiore o minore autonomia dell’ente che gestisce il bene a rilevare, ma la appartenenza del bene allo Stato, che ha deciso di destinare alle Regioni le risorse fiscali che derivano dal conferire al privato l’uso esclusivo del bene statale. Gli elementi costitutivi dell’imposizione discendono da criteri di legge, e non dalla autonomia gestionale della autorità gerente, ferma restando la ricorribilità in sede giurisdizionale di quei canoni concessori che l’autorità portuale abbia in ipotesi fissato in violazione di tali criteri e, più in generale, dei parametri di proporzionalità e ragionevolezza. La “diversità” della imposta relativa ad una concessione demaniale rilasciata dall’autorità portuale opera infatti su piani (sostanzialmente riconducibili agli obiettivi della concessione ed ai criteri di determinazione dei canoni) estranei ai presupposti impositivi come sopra delineati.

3.3- In sintesi, il termine “concessioni statali” di cui alla L. nazionale n. 281 del 1970 e alla L.R. Toscana n. 2 del 1971 deve intendersi, ai fini impositivi che qui interessano, concessioni sui beni dello Stato e non -come vorrebbe la società ricorrente- “concessioni rilasciate dallo Stato”; rileva dunque ai fini impositivi la appartenenza del bene allo Stato, indipendentemente dalla autorità che rilasci la concessione, fermo restando che nella riconosciuta (per legge) facoltà della Regione di sopprimere il tributo rientra anche quella di stabilire una esenzione; se la esenzione, come nella fattispecie, è prevista da una certa data in poi, ciò non vale ad escludere sussistenza della obbligazione tributaria per gli anni precedenti, essendo peraltro la norma – come tutte quelle che prevedono esenzioni o agevolazioni tributarie- di stretta interpretazione e quindi non applicabile oltre lo stretto perimetro tracciato dal dictum normativo.

Altro è valutare se l’omesso versamento della imposta sia ricollegabile ad un legittimo affidamento, da parte del contribuente, su una erronea interpretazione della norma in virtù indicazioni provenienti da atti della stessa amministrazione, il che porrebbe valere ad escludere le sanzioni, ma non già l’obbligazione tributaria; la questione è oggetto del secondo motivo di ricorso.

4.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dello Statuto del contribuente, art. 10, del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 5 e 6 e della L. n. 281 del 1970, art. 3, comma 3.

La parte indica e parzialmente anche trascrive, le pagine degli atti ove risulta che essa ha proposto in primo grado, e ribadito in appello (pag. 17/18 ricorso), in subordine, la domanda di annullamento degli interessi e delle sanzioni richiamando l’art. 10 dello Statuto del contribuente e il principio del legittimo affidamento. La parte deduce che non sono dovute le sanzioni e interessi per la presenza di circolari contraddittorie quali la circolare Ministero finanze n. 365 del 1972 e la nota 28 febbraio 2012, prot. 3049 della Direzione del federalismo fiscale e la circolare Ministero infrastrutture e trasporti n. 45 del 2012, nonchè per il comportamento della autorità competenti che non hanno mai preteso (se non con gli atti impugnati) il pagamento dell’imposta.

Il motivo è fondato.

Emerge infatti dal ricorso e dagli atti ammnistrativi in esso richiamati che la questione è stata, fino all’anno 2012, affrontata e risolta dalle amministrazioni competenti con soluzione opposta alle conclusioni cui poi è giunta questa Corte con giurisprudenza che si è consolidata dall’anno 2015 in poi. Basti qui citare la nota del Ministero dei Trasporti (Direzione generale per i porti) che richiamando la circolare MEF n. 365 del 1972, la nota n. 12848 del 2011 della stessa Direzione, e la nota n. 3049 del 2012 della Direzione del federalismo fiscale del MEF, chiaramente affettna che per le concessioni dei beni demaniali marittimi rilasciate dalle autorità portuali non si applica l’imposta regionale in questione, considerando che le autorità portuali determinano esse stesse il canone. La circolare si fonda anche implicitamente sulla distinzione tra le concessioni contratto e lc concessioni per le quali il canone è determinato dalla legge perchè è richiamato anche un parere dell’Avvocatura dello Stato del 1971, che in tal senso si esprimeva.

Deve quindi rilevarsi che in tema di legittimo affidamento del contribuente di fronte all’azione dell’Amministrazione finanziaria, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 10 (Statuto del contribuente), costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata: a) da un’apparente legittimità e coerenza dell’attività dell’Amministrazione finanziaria in senso favorevole al contribuente; b) dalla buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall’assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo; c) dall’eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee ad indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono (Cass. 537/2015, Cass. 18618/2019). Vero è che per la giurisprudenza di questa Corte rileva il legittimo affidamento indotto da circolari della amministrazione finanziaria (si veda ad es. Cass. 10195/2016; Cass. 370/2019) ma qui deve tenersi conto della specificità della fattispecie: si tratta infatti di un tributo dovuto alle Regioni per la utilizzazione di un bene statale e in particolare di un bene gestito dalla autorità portuale. Per questa ragione non può disconoscersi la incidenza di una circolare della Direzione generale Porti del Ministero dei trasporti, che peraltro, come si è detto, si pone in una linea coerente con una precedente circolare del MEF ed altri atti amministrativi, in essa richiamati. A ciò si aggiunga il comportamento della Regione che non ha richiesto fino al 2013 il pagamento.

Ne consegue, in accoglimento del secondo del ricorso, rigettato il primo, la cassazione della sentenza impugnata e decidendo nel merito, l’accoglimento dell’originario ricorso della società contribuente limitatamente agli interessi ed alle sanzioni.

In ragione del parziale accoglimento le spese del doppio grado di merito e del giudizio di legittimità si compensano interamente.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo del ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della società contribuente limitatamente agli interessi ed alle sanzioni.

Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado di merito e del giudizio di legittimità

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio da remoto, il 2 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

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