Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16275 del 03/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 03/08/2016, (ud. 08/04/2016, dep. 03/08/2016), n.16275

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8286-2014 proposto da:

M.A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 132, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CIGLIANO, che

lo rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE SCICLI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1964/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANIA del

20/09/2013, depositata i128/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’08/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO;

udito l’Avvocato Francesco CIGLIANO difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti, chiede l’accoglimento.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che è stato depositata la seguente relazione in ordine al procedimento civile iscritto al R.G. 8286/2014:

“Il ricorrente, arch. M.A.M., conveniva dinanzi al Tribunale di Modica il Comune di Scicli per il pagamento della somma di Lire 51.320.930 a titolo di corrispettivo per la redazione del progetto esecutivo per la ristrutturazione di un fabbricato di proprietà comunale da destinare a sede della Pretura e della Conciliazione (progetto poi abbandonato e affidato a tecnici comunali). Chiedeva, in subordine, il riconoscimento della responsabilità precontrattuale del Comune per il recesso illegittimo dalle trattative con conseguente ristoro del danno subito (spese sostenute e mancato guadagno) ovvero la condanna dello stesso al pagamento di un’indennità per arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c. Con sentenza n. 319 del 2006 il Tribunale rigettava la domanda di parte attrice e compensava integralmente le spese.

Avverso detta sentenza proponeva appello il M. davanti la Corte di appello di Catania. Il Collegio rigettava l’impugnazione motivando come segue:

– il professionista non ha mai fornito la prova di aver consegnato al Comune il progetto in relazione al quale chiede il pagamento del compenso e sostiene l’arricchimento senza causa dell’ente:

– manca nella fattispecie la conclusione di un contratto in forma scritta, così come richiesto ad substantiam, dal R.D. n. 2440 del 1923, artt. 16 e 17 a nulla rilevando l’esistenza della delibera comunale di conferimento dell’incarico (peraltro nulla ai sensi del R.D. n. 383 del 1934, art. 284 in mancanza dell’indicazione dell’ammontare della spesa prevista e dei mezzi per farvi fronte. Del pari irrilevante, ai fini della conclusione del contratto, la corrispondenza intercorsa tra il professionista e l’ente, non potendosi applicare al caso di specie il R.D. n. 2440 del 1923, art. 17 che prevede la possibilità che il contratto con ditte commerciali possa concludersi a distanza, poichè il contenuto degli accordi aventi ad oggetto il conferimento di incarichi professionali non può essere rimesso all'”uso del commercio”;

– è inammissibile ex art. 342 c.p.c. la doglianza che ripropone la responsabilità precontrattuale dell’Ente attraverso il mero richiamo per relationem a scritti del primo grado di giudizio;

– la nota di sollecito del Ministero di Grazia e Giustizia avente ad oggetto la trasmissione di notizie circa lo stato della pratica relativa al progetto in questione indirizzata al Comune di Scicli e al Pretore di Modica non evidenzia ritardi colpevoli dell’ente nè l’inerzia di quest’ultimo nell’espletamento della pratica. Ci esclude la dedotta responsabilità precontrattuale.

Avverso la sentenza della Corte territoriale proponeva ricorso per cassazione M.A.M., affidandosi ai seguenti motivi:

1. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alla domanda formulata ex art. 2041 c.c., rappresentato nella fattispecie dalla raccomandata a/r del 30 marzo 1990 – il cui testo viene integralmente riprodotto nel ricorso – comprovante la trasmissione del progetto comprensivo di elaborato grafico e relazione esplicativa al Sindaco di Scicli, e non all’arch. della Soprintendenza Antichità di Siracusa come ritenuto dalla Corte. Tale assunto non può che essere il frutto dell’omesso esame del documento in questione.

2. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in relazione alla dedotta responsabilità precontrattuale dell’ente territoriale, costituito dalla nota del Ministero della Giustizia – riprodotto anch’esso nel ricorso -nella quale il riferimento ad una precedente lettera della stessa ed all’inadeguatezza della Pretura di Scicli connoterebbero negativamente, a parere del ricorrente, la condotta del Comune di Scicli e documenterebbero lo stato talmente avanzato delle trattative, tale da ingenerare ragionevolmente l’affidamento dell’arch. M. in una loro formalizzazione negoziale. Il comportamento del Comune, unitamente alla rinuncia all’esecuzione dell’opera, integrerebbe, pertanto, un illecito precontrattuale per violazione dell’art. 1337 c.c..

Il primo motivo di ricorso, nel quale il ricorrente lamenta l’omesso esame da parte del Collegio di una raccomandata comprovante la trasmissione del progetto comprensivo di elaborato grafico e relazione esplicativa al Sindaco di Scicli, merita di essere disatteso in quanto inammissibile. Nello specifico, si assume che la Corte Territoriale abbia erroneamente ritenuto la lettera indirizzata all’Architetto della Soprintendenza Antichità di Siracusa e non al Sindaco, e che tale errore dimostrerebbe, inequivocabilmente, il mancato esame della stessa. Invero, la Corte ha esaminato e preso posizione su tutta la documentazione prodotta dal M. a sostegno della propria tesi, giudicando nel complesso le missive in atti inidonee a fornire “la prova della consegna degli elaborati all’ente territoriale o l’ammissione di quest’ultimo di averli ricevuti”. Nondimeno il Giudice dell’appello parla esplicitamente, aldilà dell’effettiva numerazione degli allegati, di “missive inviate dal professionista al Sindaco di Scicli”, ricomprendendole nella suddetta valutazione di inidoneità probatoria. Pertanto l’omesso esame della doglianza in oggetto non pu ritenersi sussistente. Vi è una precisa valutazione dei fatti operata dalla Corte, che non può essere oggetto di nuova valutazione in questa sede.

Ad abundantiam, la raccomandata in questione, così come riprodotta nel ricorso, contiene, così come correttamente ritenuto dal Collegio, “considerazioni e proposte… in ordine alla realizzazione del progetto”, e non prova affatto in maniera univoca la specifica consegna del progetto all’ente territoriale.

Il secondo motivo di ricorso nel quale si lamenta l’omesso esame della nota del Ministero di Grazia e Giustizia con la quale le detta Amministrazione sollecitava il Comune di Scicli ci fornire informazioni circa lo stato di avanzamento della pratica relativa al fabbricato da destinare a sede della Pretura e della Conciliazione, risulta parimenti inammissibile. Nella specie, il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 da parte della Corte territoriale. Tale assunto non corrisponde a verità essendo, per converso, stato valutato specificamente dalla stessa e giudicato inidoneo a dimostrare una condotta del Comune integrante la violazione dell’obbligo di buona fede nella fase precontrattuale previsto dall’art. 1337 c.c. il ricorrente richiede pertanto a codesta Corte una nuova valutazione dei fatti della causa, come noto precluso dalla Corte di legittimità”.

Il Collegio condivide senza rilievi la relazione, dichiara inammissibile ed applica il principio del doppio del contributo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi de3l D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2016

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