Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16273 del 27/06/2013
Civile Ord. Sez. 6 Num. 16273 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: DIDONE ANTONIO
ORDINANZA
sul ricorso 3282-2012 proposto da:
LUCARELLI OLGA (LCRLGO39H63C268C) elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA DON MINZONI 9, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO AFELTRA, che la rappresenta e difende
giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
CURATELA DEL FALLIMENTO MAREA SRL, in persona del
legale rappresentante pro tempore, nonchè OLGA LUCARELLI in
proprio, titolare dell’omonima ditta individuale, in persona del
Curatore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DONZETTI 20,
presso lo studio dell’avvocato SPAGNOLI PAOLA, rappresentati e
difesi dall’avvocato PARONCILLI ENRICO giusta delega in calce al
controricorso;
3551
Data pubblicazione: 27/06/2013
- controricorrend nonché contro
DI MUZIO EMANUELA;
– intimata –
ROMA del 19/10/2011, depositata il 12/12/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/04/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;
udito l’Avvocato Afeltra Roberto difensore della ricorrente che si
riporta agli scritti ed insiste per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Paroncilli Enrico difensore dei controricorrenti che si
riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
Ric. 2012 n. 03282 sez. MI – ud. 16-04-2013
-2-
avverso la sentenza n. R.G. 3148/2005 della CORTE D’APPELLO di
Ritenuto in fatto e in diritto
§ 1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore: <<1.Lucarelli Olga ha proposto ricorso per cassazione - affidato a due motivi - contro la
sentenza del 12.12.2011 con la quale la Corte di appello di Roma ha respinto il suo
reclamo contro la sentenza del Tribunale di Rieti che ne aveva dichiarato il fallimento.
Resiste con controricorso la curatela fallimentare intimata mentre non ha svolto difese
Di Muzio Emanuela, creditrice istante.
2.- I motivi di ricorso appaiono manifestamente infondati, là dove non sono
inammissibili perché contenenti censure in fatto.
L'art. 10 legge fall., come modificato dal d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, prevede la
possibilità per il solo creditore e per il P.M., e non anche per l'imprenditore, di
dimostrare il momento dell'effettiva cessazione dell'attività d'impresa ai fini della
decorrenza del termine per la dichiarazione di fallimento (Sez. 1, Sentenza n. 24431
del 21/11/2011, la quale ha escluso che tale disciplina si ponga in contrasto con gli artt.
3, 24 e 111 Cost., atteso che, se gli fosse consentito di dimostrare una diversa e
anteriore data di effettiva cessazione dell'attività imprenditoriale rispetto a quella della
cancellazione dal registro delle imprese, la tutela dell'affidamento dei terzi ne
risulterebbe vanificata).
Le censure svolte con il primo motivo si pongono in contrasto con il principio innanzi
richiamato mentre neppure è dedotta la cancellazione della ricorrente dal registro delle
imprese (circostanza dalla quale, secondo la ricorrente, si dovrebbe "prescindere":
ricorso, pag. 5).
Quanto al secondo motivo, si tratta di censure in fatto dirette a contrastare
l'accertamento della corte di merito - sorretto da congrua motivazione - circa la
sussistenza dello stato di insolvenza. Come tale è inammissibile.
Del tutto immotivato è l'asserto secondo il quale il debito erariale (di euro
1.000.000,00) non potrebbe "costituire motivo di fallimento"».
La relazione, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio,
è stata comunicata al pubblico ministero e notificata alle parti.
Nel termine di cui all'art. 380 bis c.p.c. parte ricorrente ha depositato memoria.
§, 2.- Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali
esse si fondano - non scalfite dal contenuto della memoria - e che conducono al
rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità che liquida in complessivi euro 2.200,00 di cui euro 100,00 per
esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 aprile 2013
DEPOSITATO IN CANCELUIRIA R.G. 52_3282_2012