Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16266 del 09/07/2010

Cassazione civile sez. III, 09/07/2010, (ud. 20/05/2010, dep. 09/07/2010), n.16266

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI OTRANTO in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GIULIO VENTICINQUE 6, presso lo studio

dell’avvocato LAURA POLIMENO, rappresentato e difeso dall’avvocato

PANAREO MILCO, giusta Delibb. Giunta Municipale n. 173 del 7.7.2009,

e giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BELSIANA

71, presso lo studio dell’avvocato DELL’ERBA GIUSEPPE, rappresentata

e difesa dall’avvocato NISI SALVATORE, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 157/2 009 del TRIBUNALE di LECCE Sezione di

MAGLIE del 22.5.09, depositata il 25/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. AMBROSIO Annamaria;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. RICCARDO FUZIO.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

che:

1.- Il COMUNE DI OTRANTO ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Lecce pronunciata in data 25-5-2009, che si assume notificata in data 11 giugno 2009, nella controversia con G.P..

Detta sentenza ha rigettato l’appello del COMUNE avverso la sentenza del giudice di pace di Otranto di condanna dell’appellante al pagamento in favore della G. della somma di Euro 1.270,00 a titolo risarcimento danni per il morso di un cane randagio.

1.1. Ha resistito al ricorso G.P., depositando controricorso con cui ha eccepito l’inammissibilita’ e/o l’infondatezza dell’impugnazione.

2. Il ricorso e’ soggetto alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, attesa la data di pronuncia della sentenza impugnata.

Essendosi ravvisate le condizioni per la decisione in camera di consiglio, e’ stata redatta relazione ex art. 380 bis c.p.c. regolarmente notificata.

2.1. Parte controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

1 – Nella relazione redatta ex art. 380 bis c.p.c. si legge:

“(…)3. – Il ricorso appare inammissibile perche’ formulato senza rispettare i requisiti di cui all’art. 366 bis c.p.c. qui applicabile, come introdotto con il cit. D.Lgs..

3.1. Invero il primo motivo – denunciante violazione di legge in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – non si conclude e neppure contiene un quesito di diritto adeguato, tale non potendo ritenersi la parte evidenziata in grassetto in calce al motivo, trattandosi di una generica istanza di accoglimento del motivo.

Si rammenta che il principio di diritto applicabile alla fattispecie, costituisce il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio generale, e non puo’ consistere in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte di legittimita’ in ordine alla fondatezza della censura cosi’ come illustrata nello svolgimento dello stesso motivo, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regola juris che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (Cass. civ., Sez. 3^, 09/05/2008, n. 11535).

3.2. Il secondo motivo – denunciante omessa e/o contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 – non si conclude e nemmeno contiene la chiara indicazione richiesta dall’art. 366 bis c.p.c., dal momento che questa, secondo i canoni elaborati da questa Corte (cfr. Sez. Unite, 01/10/2007, n.20603; Cass. civ. Ord., Sez. 3^, 18/07/2007, n. 16002; Cass. civ. Ord, Sez. 3^, 07/04/2008, n. 8897) deve consistere in una parte del motivo che si presenti a cio’ specificamente e riassuntivamente destinata, da cui risulti non solo il fatto controverso, ma anche la decisivita’ del vizio.

Il motivo all’esame, invece, si conclude, come il precedente, con una generica istanza di accoglimento della censura.

3.2.1. Peraltro – in relazione al secondo motivo sussiste un’ulteriore ragione di inammissibilita’: cio’ in quanto il ricorrente deduce l’omesso esame di un motivo di appello, di modo che la relativa censura e’ configurabile come error in procedendo per violazione dell’art. 112 c.p.c., e non come vizio di motivazione o errar in indicando. Invero e’ costante l’insegnamento di legittimita’, secondo cui l’omessa pronuncia su una domanda, ovvero su specifiche eccezioni fatte valere dalla parte, integrando una violazione dell’art. 112 c.p.c., deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4, e, conseguentemente, e’ inammissibile il motivo di ricorso con il quale la relativa censura sia proposta sotto il profilo della violazione di norme di diritto, ovvero come vizio della motivazione (v. tra numerose altre Cass. n. 14003 del 2004; n. 604 del 2003; n. 9707 del 2003; n. 11260 del 2000).

3.3. Il terzo motivo – denunciante omessa e/o insufficiente motivazione in ordine alla determinazione del quantum ed erronea quantificazione in via equitativa per un importo superiore a quello previsto dall’art. 113 c.p.c. – pur formalmente richiamando il solo n. 5 dell’art. 360 c.p.c., sembra postulare una duplice censura anche in relazione al n. 3 del cit. art. 360. In ogni caso non si conclude con un quesito di diritto e neppure contiene la chiara indicazione, prevista dall’art. 366 bis cit..

Si rammenta inoltre che la formulazione di motivi cumulativi deve rispettare l’esigenza di chiarezza di cui all’art. 366 bis c.p.c., nella specie rimasta inosservata”.

2. – Il Collegio ritiene assorbente – rispetto alle pur condivisibili argomentazioni e conclusioni della relazione – la circostanza che il ricorrente, pur enunciando in ricorso che la sentenza impugnata e’ stata notificata in data 11 giugno 2009 non ha provveduto al deposito della copia contenente la relata di notifica della sentenza stessa.

Si rammenta che la previsione – di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2 – dell’onere di deposito a pena di improcedibilita’, entro il termine di cui al comma 1 della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, e’ funzionale al riscontro, da parte della Corte di Cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestivita’ dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, e’ esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve. Nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente o implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli e’ stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notifica, il ricorso per cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilita’ soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto dell’art. 372 c.p.c., comma 2 applicabile estensivamente, purche’ entro il termine, di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1 e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestivita’ dell’impugnazione (Sez. Unite, ord. 16/04/2009, n. 9005).

3. – In definitiva il ricorso va dichiarato improcedibile.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara improcedibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 800,00 (di cui Euro 200,00 per spese) oltre rimborso spese generali e accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2010

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