Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16263 del 28/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 28/06/2017, (ud. 19/04/2017, dep.28/06/2017),  n. 16263

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10633-2016 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE DEI

MELLINI, 17, presso lo studio dell’avvocato ORESTE CANTILLO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUGLIELMO CANTILLO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DEILO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9045/12/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI SEZIONE DISTACCATA di SALERNO, depositata il

19/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/04/2017 dal Consigliere Dott. MANZON ENRICO.

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

Con sentenza in data 8 giugno 2015 la Commissione tributaria regionale della Campania, sezione distaccata di Salerno, accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 439/1/12 della Commissione tributaria provinciale di Salerno che aveva accolto il ricorso di B.M. contro l’avviso di accertamento IRAP, IRPEF ed altro, IVA ed altro 2007. La CTR osservava in particolare che la procedura accertativa basata sullo scostamento dagli studi di settore, sia nella versione originaria che in quella aggiornata, doveva considerarsi legittima e quindi fondata la pretesa fiscale portata dall’atto impositivo impugnato, non avendo il contribuente adeguatamente controprovato alle presunzioni ricavabili dallo strumento standardizzato; rilevava tuttavia che, come da richiesta subordinata dell’Agenzia fiscale appellante, dovesse nel caso di specie applicarsi la percentuale di ricarico minima prevista dallo studio (23%) in considerazione delle giustificazioni date dal contribuente e più in generale tenuto conto della crisi del settore commerciale in esame.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo quattro motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – il ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia della CTR sulla sua eccezione di inidoneità dello studio di settore a fondare la pretesa fiscale oggetto della lite.

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – il ricorrente riprende la censura di cui al primo ponendola nel diverso ambito del vizio motivazionale.

Con il terzo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – vi è doglianza per la violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), D.L. n. 331 del 1993, artt. 62 bis e sexies, poichè la CTR ha ritenuto legittima la procedura accertativa de qua ancorchè la stessa sia fondata esclusivamente sullo scostamento dallo studio di settore.

Con il quarto motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – il ricorrente lamenta violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62, bis e sexies, poichè la CTR ha applicato lo studio di settore originario, in luogo di quello “evoluto”.

Le censure, da esaminarsi congiuntamente per stretta connessione, sono infondate.

Anzitutto vi è da rilevare che non è affatto vero che il giudice di appello abbia omesso di pronunciarsi sull’eccezione indicata nella prima censura e correlativamente non abbia assolto il proprio obbligo motivazionale sul punto.

Al contrario la CTR ha articolatamente analizzato non solo le risultanze dell’accertamento in sè e per sè considerato, quindi il palese, sensibile scostamento del “dichiarato” annuale ai fini delle imposte reddituali e dell’IVA, ma anche ha puntualmente valutato le difese del contribuente, esposte sin dalla fase procedimentale amministrativa, essendosi pienamente rispettato in quella sede il principio del contraddittorio endoprocedimentale (cfr. in questo senso Cass. SU, n. 26635/2009 e successive conformi).

Non è quindi dubbio che la sentenza impugnata si ponga ben oltre lo standard del “minimo costituzionale” (su cui v. Cass. SU, n. 8053/2014).

Ne consegue che non è nemmeno corrispondente al vero che l’atto impositivo impugnato e la corrispondente valutazione meritale del giudice tributario di appello si basino esclusivamente sullo scostamento dallo studio di settore, giacche anzi entrambi -come richiesto dalla citata giurisprudenza sull’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale – tengono puntualmente conto delle difese del contribuente, valorizzandole, anche se sfavorevolmente, ai rispettivi fini, amministrativi e giurisdizionali.

In particolare risulta ampia e puntuale la motivazione della sentenza impugnata sull’assenza di efficacia controprobatoria dell’allegazione della compressione dei ricavi derivante dall’esistenza di grandi esercizi commerciali concorrenti in prossimità di quello del B..

Anche la quarta censura risulta del tutto priva di fondamento, poichè la CTR ha puntualmente riscontrato la deduzione difensiva relativa alle diverse risultanze dei due studi di settore applicabili astrattamente al caso di specie -con riguardo sia alla presenza di collaboratori famigliari sia al regime intertemporale di “passaggio” dal vecchio al nuovo studio- concludendo nel senso che anche con quello “evoluto” comunque le risultanze dell’avviso di accertamento risultavano confermate, ancorchè con la minor valutazione della percentuale di ricarico in concreto applicata, così accogliendosi la domanda subordinata dell’Ente impositore.

Peraltro, in relazione alla terza e quarta censura, va anche ribadito che “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione” (ex multis Sez. 5, n. 26110 del 2015). Ed ancora, particolarmente in ordine al quarto motivo, vi è altresì da ribadire che il processo tributario non ha natura di “impugnazione-annullamento”, bensì di “impugnazione – merito” (tra le molte, v. Sez. 5, Sentenza n. 13294 del 28/06/2016, Rv. 640171 – 01) e quindi la CTR comunque bene ha fatto nell’entrare nel merito della eccezione della parte contribuente di applicabilità al caso di specie dello studio di settore “evoluto”, non limitandosi ad annullare l’atto impositivo impugnato in quanto applicativo dello studio di settore originario.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.100 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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