Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16260 del 29/07/2020

Cassazione civile sez. un., 29/07/2020, (ud. 18/12/2018, dep. 29/07/2020), n.16260

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Primo Presidente f.f. –

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente di Sez. –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22928/2017 proposto da:

C.T., M.G., MA.BR.MA.RO.,

CO.FR. in proprio e nella qualità di erede di

D.B.M.D., Z.A., Z.T. e Z.B. in proprio

e nella qualità di eredi di Z.D., Z.T.,

c.m., M.M.C., CU.VE.GI.,

m.a., P.M., CA.MI., CA.MA.,

CA.LE., CA.CA., D.F.N.,

S.M., elettivamente domiciliati in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati FABRIZIO

CRISCI, e LUCIO RODOLFO CRISCI;

– ricorrenti –

contro

I.V.P.C. S.R.L. – ITALIAN VENTO POWER CORPORATION, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEGLI AVIGNONESI 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA

ABBAMONTE, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI ALBERONA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 941/2017 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il

01/03/2017.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/12/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO GRECO.

 

Fatto

RITENUTO

che C.T., m.a., M.G., c.m., Ma.Br.Ma.Ro., D.F.N., S.M., Ca.Le., Ca.Ca., Ca.Mi., D.S.C., C.S.B., Ca.Ma., Z.B., Z.A., Z.T., in proprio e nella qualità di eredi di Z.D., Cu.Ve.Gi., P.M., Co.Fr., D.B.M.D., M.M.C. – proprietari di taluni fondi a destinazione agricola prescelti ed utilizzati da imprenditori impegnati nel campo della produzione elettrica da fonte eolica in agro di (OMISSIS) -, proponevano ricorso dinanzi al TAR della Puglia – per quel che nella presente sede maggiormente rileva, in un complesso e articolato contenzioso – per l’annullamento del decreto del 2 luglio 2013, adottato dal Comune di Alberona a mezzo del Dirigente dell’UTC, recante, ai sensi del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 42 bis, comma 6, l’acquisizione al patrimonio della Società IPVC – Italian Vento Power Corporation a r.l., del diritto di servitù coattiva sulle aree di pertinenza di essi ricorrenti, e diretto altresì ad ottenere la condanna del Comune di Alberona alla restituzione delle aree illecitamente acquisite, ed alla corresponsione del risarcimento dei danni arrecati;

che il giudice amministrativo di primo grado ha accolto il ricorso parzialmente;

che ha infatti ritenuto infondate le censure volte a dimostrare la nullità ovvero la illegittimità intrinseca del contestato decreto acquisitivo, perchè era stato emesso in presenza di tutte le condizioni di legge, ed era fornito di perspicua motivazione; erano state rispettate le disposizioni tese a garantire i diritti infra procedimentali e di difesa dei destinatari dell’atto, era stato ponderato l’interesse pubblico ed era stata dimostrata l’indispensabilità del provvedimento e l’assenza di ragionevoli alternative alla sua emissione;

che quanto alla contestazione della determinazione dell’indennizzo offerto in conseguenza del decreto impositivo di servitù impugnato, mentre con sentenza non definitiva (con la quale era disposta una ctu di tipo estimativo) il TAR riteneva la propria giurisdizione, con la sentenza definitiva riteneva essere sopraggiunto il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla questione concernente la quantificazione dell’indennizzo, e su tale segmento della controversia declinava la giurisdizione;

che il Consiglio di Stato, adito in appello, ha rigettato il gravame di C.T. e gli altri;

che anzitutto, con riguardo al dedotto vizio di incompetenza, secondo cui il provvedimento impugnato non poteva essere disposto dal Dirigente dell’U.t.c., ma piuttosto dal Consiglio comunale, ovvero, più radicalmente, trattandosi di impianti relativi ad energie rinnovabili, non sarebbe stata affatto competenza del Comune provvedere all’acquisizione sanante disposta dal Dirigente dell’U.t.c., la doglianza era priva di fondamento;

che trovava nella specie applicazione della L.R. Puglia n. 13 del 2001, art. 15, che prevedeva in materia la competenza dirigenziale, come la prevede, del resto, del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 6;

che era priva di fondamento anche la tesi secondo cui il Comune non avrebbe affatto competenza in materia, atteso che il vaglio sull’attività dinamica dell’impianto era stato effettuato dalle autorità competenti e che il provvedimento di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, non riguardava il prosieguo di tale attività, “ma al Comune, soggetto che aveva rilasciato le concessioni, era stato demandato un vaglio in ordine ad uno spostamento/arretramento dell’impianto, nel bilanciamento rispetto alle parti private coinvolte”;

che trovava applicazione la disposizione dell’art. 42 bis, comma 6, a lume del quale “l’unico soggetto competente ad attribuire una servitù insistente sul territorio comunale non può che essere il Comune medesimo”;

che per la cassazione della sentenza del Consiglio di Stato C. e altri hanno proposto ricorso sulla base di due motivi;

che resiste con controricorso la IVPC srl, mentre il Comune di Alberona non ha svolto attività difensiva in questa sede;

che il ricorso per cassazione è stato avviato alla trattazione in Camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.;

che in prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo, denunciando violazione dell’art. 111 Cost., comma 8 e dell’art. 110c.p.a., nonchè dell’art. 360 c.p.c., n. 4, i ricorrenti si dolgono dell’invasione della sfera di competenza del legislatore, perchè il Consiglio di Stato, nel disapplicare la disciplina sulla competenza funzionale della Regione in materia di produzione di energia elettrica da fonte eolica di cui al D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, per l’adozione del decreto di acquisizione sanante del D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 42 bis, avrebbe privato la normativa del detto D.Lgs. n. 387 del 2003, dell’efficacia sua propria attribuendo detta competenza all’ente comune, non competente in materia di produzione di energia elettrica da fonte eolica;

con il secondo motivo i ricorrenti denunciano il superamento da parte del Giudice amministrativo dei limiti esterni della sua giurisdizione, per aver invaso anche la sfera di competenza della P.A., unica ad avere il potere discrezionale di adottare i decreti di autorizzazione alla costruzione di aerogeneratori per produrre energia elettrica da fonte eolica, secondo la disciplina del D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12;

che il Consiglio di Stato, appropriandosi del potere discrezionale riservato alla P.A. non solo avrebbe integrato la sentenza del TAR, ma si sarebbe addirittura sostituito alla stessa, stravolgendo i poteri riservati alla P.A. nell’adozione dei provvedimenti acquisitivi;

che i motivi sono inammissibili;

che questa Corte ha ripetutamente affermato che l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore, denunciabile ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8 e dell’art. 362 c.p.c., è configurabile solo qualora il Consiglio di Stato abbia applicato non la norma esistente ma una norma da esso creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete: ipotesi non ricorrente quando il giudice amministrativo si sia attenuto al compito interpretativo che gli è proprio, ricercando la voluntas legis applicabile al caso concreto, anche se questa abbia desunto non dal tenore letterale delle singole disposizioni, ma dalla ratio che il loro coordinamento sistematico disvela, tale operazione ermeneutica potendo dar luogo, tutt’al più, ad un error in iudicando, e non alla violazione dei limiti esterni della giurisdizione del giudice speciale (tra le tante, Cass., sez. un. 1 febbraio 2016, n. 1840; Cass. sez. un. 4 luglio 2017, n. 16417; Cass., sez. un. 30 luglio 2018, n. 20168);

che nella specie il Consiglio di Stato ha proceduto ad una lettura sistematica delle disposizioni via via analizzate, operando un’attività ermeneutica tutta interna al raggio di azione assegnato al giudice amministrativo, non concretizzante, come tale, l’assunta violazione dei limiti esterni della giurisdizione per invasione della competenza legislativa;

che non spetta a questa Corte sindacare l’esattezza o meno dell’interpretazione seguita dal Consiglio di Stato nella sentenza impugnata e quindi prendere posizione sulla preferibilità della diversa lettura propugnata dai ricorrenti;

che è erroneo l’assunto secondo cui la mancata o inesatta applicazione di norme di legge determinerebbe la creazione di una norma inesistente e, quindi, l’invasione della sfera di attribuzioni del potere legislativo, giacchè il controllo sulla giurisdizione non è in alcun caso estensibile alla prospettazione di pure e semplici violazioni di legge da parte del giudice speciale;

che quanto al lamentato eccesso di potere giurisdizionale per usurpazione della funzione amministrativa, esso si realizza, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. un., 22 dicembre 2003, n. 19664; Cass. sez. un., 11 luglio 2018, n. 18240), quando il giudice amministrativo, eccedendo i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, e sconfinando nella sfera del merito, riservata alla p.a., compia una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e della convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima la volontà dell’organo giudicante di sostituirsi a quella dell’amministrazione, così esercitando una giurisdizione di merito in situazioni che avrebbero potuto dare ingresso soltanto a una giurisdizione di legittimità;

che il vizio lamentato dal ricorrente non è riscontrabile già in base al tipo di decisione emessa dal Consiglio di Stato, consistente nel rigetto del ricorso con conferma del provvedimento impugnato; che, difatti, poichè la pronuncia di rigetto del giudice amministrativo si esaurisce nella conferma del provvedimento impugnato, e non si sostituisce all’atto amministrativo – conservando l’autorità che lo ha emesso tutti i poteri che avrebbe avuto se l’atto non fosse stato impugnato eccetto i vizi di legittimità ritenuti insussistenti dal giudice -, non è ipotizzabile in tale tipo di pronuncia uno sconfinamento nella sfera del merito e quindi della discrezionalità dell’azione amministrativa (Cass. sez. un., 9 novembre 2001, n. 13927, Cass. sez. un., 6 dicembre 2001, n. 15496);

che il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

che poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti al rimborso delle spese processuali sostenute dalla società controricorrente, che liquida in complessivi Euro 5.000, di cui Euro 200 per esborsi, oltre a spese generali nella misura del 15% e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2020

 

 

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