Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1626 del 20/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/01/2017, (ud. 06/12/2016, dep.20/01/2017),  n. 1626

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22689/2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TIBULLO 16,

presso lo studio dell’avvocato SANDRO FASCIOTTI, che lo rappresenta

e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 222/4/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI ROMA, emessa il 03/05/2012 e depositata il 10/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, contro la sentenza della CTR Lazio indicata in epigrafe con la quale, confermando la decisione impugnata, è stata annullata la cartella emessa a carico di R.A. per la ripresa di IVA relativa agli anni 2003 e 2004. La CTR ha ritenuto che l’omessa indicazione del credito d’imposta indicato nella dichiarazione annuale, successivamente non riportato in quella dell’anno successivo, non elideva il diritto alla detrazione dello stesso.

La parte intimata si è costituita con controricorso, chiedendone il rigetto.

Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.

La censura proposta dall’Agenzia, con la quale si prospetta la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 30, nonchè del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8, comma 3, è infondata.

Il ricorso, prospettando l’erronea applicazione del regime in tema di detrazione del credito d’imposta IVA non tempestivamente indicato in dichiarazione dal contribuente, è infondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte – sent. n. 17757/2016, depositata l’8.9.2016 – hanno di recente ritenuto che “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta – risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto – sia riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; pertanto, in tal caso, il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto – ovvero non controverso – che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili. Ed infatti, alla stregua della sentenza delle S.U. sopra richiamata, in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale, spetta al soggetto passivo l’onere di dimostrare l’effettività del diritto di detrazione, il quale va esercitato nel rispetto del termine biennale di decadenza previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1, risultando tale principio peraltro anche di recente ribadito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia – Corte giust., 28 luglio 2016, C-332/15.

Orbene, a detto principio si è attenuto il giudice di appello che ha riconosciuto l’esistenza del credito d’imposta maturato nell’anno 1999 ed indicato pacificamente nella dichiarazione IVA 1999 come riconosciuto dall’Agenzia ricorrente – pag. 3, 2^ cpv. ricorso per cassazione, accertato dalla CTR – pag. 4, rigo 22 sent. impugnata.

In definitiva, il giudice di appello si è conformato alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la domanda di rimborso dell’IVA o di restituzione del credito d’imposta maturato dal contribuente deve ritenersi già presentata con la compilazione, nella dichiarazione annuale, del quadro relativo al credito, analogamente a quanto avviene in materia di imposte dirette, ed in linea con la Sesta Direttiva CEE, per la quale il diritto al ristoro dell’IVA versata “a monte” è principio basilare del sistema comunitario, per effetto del principio di neutralità, mentre la presentazione del modello di rimborso costituisce esclusivamente presupposto per l’esigibilità del credito e, quindi, adempimento necessario solo per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso – v. in punto di esercizio del credito IVA in dichiarazione, Cass. nn. 15229/2012, 20678/2014, 19682/2015, 20255/2015, 19115/2016. A nulla pertanto rileva l’omesso riporto del credito nelle dichiarazioni degli anni successivi (Cass., ex plurimis, n. 18763 del 2014) dovendosi considerare pienamente legittima l’attività della parte contribuente che resiste alla richiesta del fisco, esternata con la notifica di cartella di pagamento, volta a disconoscere il detto credito.

Così facendo la CTR ha rettamente riconosciuto l’esistenza del credito IVA, imputato entro il termine di decadenza biennale.

Sulla base di quanto sopra esposto il ricorso va respinto.

Ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio in relazione all’intervento chiarificatore delle S.U..

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2017

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