Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16258 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/06/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 10/06/2021), n.16258

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6917/2014 R.G. proposto da:

Motospazio s.n.c. di F.S. e S.V. e dei soci

S.F. e V.S., rappresentati e difesi dall’avv. Loris Tosi

e dall’avv. Giuseppe Martini, elettivamente domiciliati presso lo

studio di quest’ultimo in Roma, via dei Monti Parioli, n. 48, per

procura speciale a margine del ricorso.

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura

generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliata in Roma,

alla via dei Portoghesi, n. 12.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto

n. 93/5/13, depositata il 5.9.2013.

Udita la relazione svolta alla udienza camerale del 10.3.2021 dal

Consigliere Rosaria Maria Castorina.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza n. 93/5/13, depositata il 5.9.2013 la Commissione Tributaria Regionale del Veneto rigettava l’appello proposto da Motospazio s.n.c. e dei soci S.F. e V.S. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria provinciale di Venezia che, previa riunione, aveva parzialmente accolto, riducendo del 15% i maggiori ricavi accertati, il ricorso dei contribuenti avverso degli avvisi di accertamento, per gli anni di imposta 2004 e 2005 con i quali era stato rettificato in via induttiva il reddito dichiarato sulla base delle risultanze degli studi di settore e le cartelle di pagamento emesse in pendenza di giudizio a titolo di riscossione frazionata.

La CTR rilevava la legittimità dell’accertamento, come rideterminato in primo grado, affermando che l’ufficio non si era limitato ad una valutazione basata esclusivamente sugli studi di settore, ma aveva condotto una analisi corretta della realtà economica della società e del mercato.

Avverso la suddetta pronuncia hanno proposto ricorso la società contribuente e i soci, affidando il loro mezzo a tre motivi, illustrati con memoria.

L’Agenzia delle entrate si è costituita depositando controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamentano che la CTR aveva motivato insufficientemente, con riferimento alla asserita situazione di incongruenza tra i ricavi dichiarati e quelli risultanti dallo studio di settore, ritenuta di notevole entità e accertata per due anni, senza indicare le fonti del proprio convincimento nè il percorso logico argomentativo della propria decisione.

2. Con il terzo motivo deducono omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamentano che la CTR non aveva motivato il percorso logico che l’aveva condotta ad affermate l’antieconomicità della compravendita dei motocicli usati e l’infondatezza della eccepita marginalità del mercato dell’usato e l’asserita coerenza della riduzione forfettaria del 15 % alla realtà economica della società.

Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta.

Esse non sono fondate.

Al riguardo va ricordato che il vizio di motivazione ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (in materia di processo civile ordinario) e del D.Lgs. n. 546 del 1992, omologo art. 36, comma 2, n. 4 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata.

La sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico, o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e che presentano una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perchè dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e. consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata). Alla luce del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dunque, non è più configurabile il vizio di insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza.

Nella specie la sentenza si sottrae alle censura.

La CTR ha affermato: nel presente caso siamo in presenza di una situazione di incongruenza tra i ricavi dichiarati e quelli risultanti dallo studio di settore, di notevole entità e ripetuti nei due anni presi in considerazione e quindi l’Ufficio poteva avviare l’accertamento. Sul punto non appare corretta la stima formulata dalla Società che ha quantificato nella percentuale del 3,2% lo scostamento, in quanto, dai dati presentati in contenzioso e da quelli riscontrabili nell’avviso, si evidenzia uno scostamento ben maggiore dei ricavi dichiarati su quelli puntuali di riferimento per entrambi gli anni di cui trattasi; va comunque rilevato come non sussiste una misura definita ex lege oltre alla quale si abbia uno “scostamento gravè. Il contraddittorio si è ampiamente sviluppato ed ha portato a rettifiche delle previsioni originarie formulate dall’Ufficio, con una consistente riduzione delle richieste, motivata con l’accoglimento di situazioni particolari presentate dalla Società e dall’adozione di un più perfezionato studio le eccezioni formulate dall’Ufficio e relative all’antieconomicità della compravendita dei motocicli usati appaiono ‘veritiere, mentre non altrettanto quanto dichiarato nell’appello principale della parte: i dati allegati all’avviso di accertamento per l’anno 2005 dimostrano la antieconomicità dell’attività svolta in quanto su 40 casi analizzati di compravendita solamente uno risulta con un guadagno per la società, ben tre sono in perdita e il resto va in pari. La stessa marginalità del mercato dell’usato non appare credibile, se si consideri che la società ha speso, per ricambi ed accessori, ben 25.450,00 Euro nel 2004 e 15.150,00 Euro nel 2005.

La CTR ha, inoltre, evidenziato che l’amministrazione non si era limitata a una valutazione basata esclusivamente sullo studio di settore, ma aveva condotto una analisi approfondita della realtà economica della società e del mercato…lo stesso contestato riferimento al mercato dell’usato automobilistico comunque, pur se non particolarmente significativa ai fini della determinazione della richiesta tributaria, dimostra lo sforzo compiuto dall’ufficio nella ricostruzione della realtà economica e del mercato.

Con riferimento alla misura della riduzione della pretesa tributaria operata dai primi giudici la CTR ha osservato: in realtà l’iter logico che ha portato la Commissione Provinciale a formulare la sentenza appare coerente con il quadro generale in cui va collocata la controversia, non facendo altro che accogliere, nei fatti la proposta dell’Ufficio e quindi non appare come una “arbitraria decisione presa dai giudici” ma come una ragionata conclusione che assume l’ultima proposta formulata dall’Ufficio come la più adeguata a rispettare la realtà economica della società.

La CTR ha dato conto di avere esaminato gli elementi forniti ed ha effettuato una adeguata disamina della realtà fattuale, rendendo, così, possibile il controllo sulla logicità del ragionamento sviluppato per giungere alla rassegnata decisione.

Le censure dei contribuenti mirano, invece a una inammissibile rivalutazione degli elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, non essendo il giudizio per cassazione un terzo grado di merito (Cass. S.U. n. 24148/2013; Cass. n. 12779/2015 e n. 12799/2014).

2. Con il secondo motivo deducono la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamentano l’insussistenza delle gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dallo studio di settore.

La censura è inammissibile.

Il motivo di ricorso, ancorchè formulato per violazione di legge, in realtà contesta il merito della decisione da parte del giudice di appello, mediante l’allegazione di una erronea ricognizione della fattispecie concreta da parte sua rispetto alle risultanze di causa; questione che invece non attiene all’interpretazione della legge ma alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (v., per tutte, Cass. Sez. 1, ordinanza n. 3340 del 05/02/2019). Infatti. l’apprezzamento in ordine alla gravità, precisione e concordanza degli indizi posti a fondamento dell’accertamento effettuato con metodo presuntivo (e quindi anche dell’esistenza di una grave incongruenza fra il dichiarato e l’accertato) attiene alla valutazione dei mezzi di prova ed è pertanto rimesso in via esclusiva al giudice di merito, per cui le censure formulate dal ricorrente si risolvono nell’invito ad una rilettura degli elementi di fatto dedotti in causa, inammissibile in questa sede (Cass. n. 25529/2020).

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 5.600,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

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