Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16256 del 27/06/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 16256 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA

sul ricorso 14932-2007 proposto da:
SERRATORE LUISA, DE MARCA ALESSANDRO, DE MARCA
ANTONIO, DE MARCA ROBERTA, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 22, presso lo studio
dell’avvocato DI GENESIO PAGLIUCA GABRIELE, che li
rappresenta e difende;
– ricorrenti contro

CELLI LUISIANO C.F.CLLLSN56E08H501T, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DI SANTA COSTANZA 35, presso
lo

studio

dell’avvocato

VITTUCCI

DOMENICO,

Data pubblicazione: 27/06/2013

rappresentato e difeso dall’avvocato LUCCONE MARIA;
– controricorrente nonchè contro

DE MARCA GENNARO;
– intimato –

D’APPELLO di ROMA, depositata il 30/03/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/04/2013 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;
udito l’Avvocato Rosati Angelo con delega depositata
in udienza dell’Avv. Di Genesio Pagliuca Gabriele
difensore dei ricorrenti che si riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 1595/2006 della CORTE

d,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 21-2-1996 Celii Luisiano
conveniva dinanzi al Tribunale di Roma Serratore Luisa, De Marca
Antonio, De Marca Roberto e De Marca Alessandro, per sentir

compravendita immobiliare del 30-6-1996, con conseguente
condanna dei resistenti alla restituzione della somma di lire
25.000.000 agli stessi versati a titolo di acconto, oltre al
risarcimento dei danni.
Nel costituirsi, i convenuti contestavano la fondatezza della
domanda, sostenendo, in particolare, che ogni vicenda relativa alla
compravendita in questione, ivi compreso il versamento degli acconti
sul prezzo di vendita, riguardava esclusivamente Celi Luisiano e De
Marca Gennaro, che chiedevano di chiamare in causa.
Autorizzata la chiamata del terzo, si costituiva De Marca
Gennaro, il quale chiedeva in via riconvenzionale la risoluzione del
contratto per inadempimento di Celii Luciano, con condanna di
quest’ultimo al risarcimento dei danni.
Con sentenza in data 2-2-2002 il Tribunale, qualificato il
contratto stipulato dalle parti come compravendita, rigettava la
domanda proposta dall’attore e le domande riconvenzionali proposte
dai convenuti e dal terzo chiamato, ritenendo che il contratto si era
già risolto per effetto del recesso esercitato dal Celi, e rilevando che

dichiarare la risoluzione, per fatto dei convenuti, del contratto di

la domanda di restituzione delle somme versate non era stata
proposta contro il percettore De Marca Gennaro.
Avverso la predetta decisione proponeva appello l’attore.
Con sentenza in data 30-3-2006 la Corte di Appello di Roma,

della domanda di restituzione, condannava Serratore Luisa, De Marca
Roberta, De Marca Alessandro e De Marca Antonio a pagare al Ceni
la somma di lire 25.000.000, pari ad euro 13.169,65, oltre agli
interessi legali dal 26-1-1996 al saldo.
Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso
Serratore Luisa, De Marca Roberta, De Marca Alessandro e De
Marca Antonio, sulla base di due motivi.
Celli Luisiano ha resistito con controricorso, mentre De Marca
Gennaro non ha svolto attività difensive.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione o
falsa applicazione di norme di diritto.
Deducono che la Corte di Appello ha errato nel ritenere che De
Marca Gennaro fosse stato autorizzato dai familiari a recepire in loro
vece le somme versate da Celli Luisiano a titolo di acconto sul
prezzo della vendita del 30-6-1993, in quanto dalle emergenze
processuali risulta che ogni rapporto relativo alla vendita in
questione era intercorso esclusivamente tra il Celli e De Marca

in parziale riforma della sentenza di primo grado e in accoglimento

Gennaro, e i versamenti di denaro erano stati incamerati
esclusivamente da quest’ultimo. Sostengono, pertanto, che, stante la
nullità della compravendita, nella specie doveva applicarsi la
normativa di cui all’art. 2033 c.c., e l’azione di ripetizione doveva

Marca Gennaro, quale destinatario dell’indebito pagamento e come
tale legittimato passivo nel relativo giudizio. Al contrario, stante la
completa estraneità dei ricorrenti in ordine al rapporto giuridico
controverso, e non avendo, comunque, gli stessi incamerato alcuna
somma di denaro, non poteva imputarsi agli stessi alcun obbligo di
restituzione.
Il motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito
di diritto, ex art. 366 bis c.p.c., applicabile rottone temporis al
ricorso in esame “Dica la Corte adita se nella fattispecie, in base alle
argomentazioni suesposte, e alla luce delle risultanze processuali, la
domanda di restituzione proposta da Celii Luciano doveva svolgersi
esclusivamente contro De Marca Gennaro, ex art. 2033 c.c., quale
vero, unico ed effettivo obbligato a restituire le somme versate in
conto prezzo di vendita; e, dunque, se nella impugnata sentenza è
ravvisabile la violazione di legge per applicazione di diversa
normativa sostanziale in luogo di quella prevista per il caso in
esame.
Il motivo è infondato.

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essere proposta esclusivamente nei confronti dell’accipiens De

La Corte di Appello, con apprezzamento in fatto non
sindacabile in questa sede, ha accertato che nel contratto di
compravendita, sottoscritto da tutti gli appellati, si precisava che il
primo acconto era stato versato a De Marca Gennaro, prevedendosi

di quest’ultimo, legato da stretti vincoli di parentela con i venditoriappellati, essendo marito della Serratore e padre degli altri convenuti
Poiché, dunque, il versamento a mani di De Marca Gennaro era
stato autorizzato da tutti i venditori ed era avvenuto nell’interesse
comune, legittimamente il giudice del gravame ha ritenuto che,
essendo venuta meno la causa di tale attribuzione per effetto del
recesso dal contratto esercitato dal Celli, rilevato dal Tribunale,
sorgesse a carico di tutti i venditori l’obbligazione di restituzione
del prezzo e che, trattandosi di obbligazione con pluralità di soggetti
passivi, per la quale si presume la solidarietà, il creditore potesse
rivalersi per l’intero nei confronti di ogni debitore.
Nella specie, è stata fatta corretta applicazione della
presunzione di solidarietà passiva posta dall’art. 1294 c.c., in forza
della quale, allorché più debitori sono tenuti per una medesima
prestazione, in difetto di una contraria pattuizione questa può essere
richiesta dal creditore a ciascuno di essi nella sua interezza.
La situazione non muta ove si tenga conto della causa di
nullità del contratto di vendita (per mancanza di concessione

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dunque che il pagamento del prezzo potesse essere effettuato a mani

edilizia) rilevata dalla Corte di Appello, incombendo anche in tal
caso a carico solidale di tutti i venditori l’obbligazione solidale di
restituzione delle somme materialmente percepite, nell’interesse
comune, da De Marca Gennaro.

ricorrenti lamentano l’omessa e insufficiente motivazione..
Sostengono, in primo luogo, che la Corte di Appello ha omesso
di valutare una serie di circostanze prospettate dalle parti e risultanti
dal materiale probatorio acquisito, da cui emergeva che ogni
rapporto contrattuale era intercorso esclusivamente tra Celi
Luisiano, quale acquirente, e De Marca Gennaro, quale unico ed
effettivo venditore e percettore del corrispettivo; laddove i ricorrenti
non hanno mai manifestato alcuna volontà negoziale, né la volontà di
acquisire le somme versate dal Celli. In particolare, rilevano che De
Marca Antonio non ha apposto alcuna firma nella scrittura del 30-62003, mentre gli altri convenuti hanno apposto la loro firma solo “a
margine”, successivamente al 30-6-1993.
In secondo luogo, deducono che, contrariamente a quanto
affermato dal giudice del gravame, non vi è alcuna prova
dell’autorizzazione data dei ricorrenti a De Marca Gennaro per la
ricezione, in loro vece, dei versamenti eseguiti dal Celi, avendo De
Marca Gennaro agito sempre in nome e per conto proprio, senza
alcun mandato o rappresentanza. Rilevano che tale situazione era ben

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2) Con il secondo motivo, articolato in due censure (A e B), i

nota al Celii, il quale, infatti, ha formalizzato il recesso solo nei
confronti di De Marca Gennaro e ha chiesto la restituzione solo a
quest’ultimo.
Il motivo è infondato.

è stato dato espressamente atto che il contratto di compravendita per
cui è causa è stato sottoscritto da tutti gli appellati, l’affermazione
dei ricorrenti, secondo cui De Marca Antonio non avrebbe apposto
alcuna firma alla scrittura privata del 30-6-1993, si sostanzia nella
denuncia di un errore di fatto che avrebbe dovuto eventualmente
fatto valere come motivo di revocazione ai sensi dell’art. 395 n. 4
c.p.c.
Quanto all’ulteriore affermazione, secondo cui la scrittura
privata in esame sarebbe stata sottoscritta in calce solo da De Marca
Gennaro, laddove Serratore Luisa, De Marca Alessandro e De Marca
Roberta avrebbero apposto la loro firma solo a margine, si osserva
che, anche se, normalmente, la sottoscrizione di un documento viene
apposta in calce allo stesso, per esprimere la volontà del
sottoscrittore di approvarne il contenuto, non si può negare, “sic et

simpliciter”, rilevanza alla sottoscrizione apposta non già in calce
ma in margine al documento stesso, dovendosi presumere, in
mancanza di prova contraria, che essa sia l’espressione di analoga 12,
volontà di adesione della parte, che il giudice dovrà, se occorre,

Si rileva, in particolare, che, poiché nella sentenza impugnata

interpretare per stabilirne la portata ed i limiti in relazione alla
fattispecie concreta (Cass. 12-7-1991 n. 7764).
Nel caso in esame, pertanto, anche a voler dar credito
all’assunto dei ricorrenti, deve ritenersi che la Corte di Appello, nel

nell’attribuire ai medesimi la qualità di contraenti, ha implicitamente
ritenuto che con l’apposizione delle loro firme i convenuti avessero
inteso manifestare la loro adesione contrattuale. Il fatto, poi, che
tali firme possano essere stata apposte in una data successiva al 306-1996, potrebbe valere solo a spostare il momento dell’incontro
delle volontà negoziali e del perfezionamento del contratto.
Per il resto, attraverso la formale denuncia di vizi di
motivazione, i ricorrenti propongono sostanziali censure di merito
avverso le valutazioni espresse dal giudice del gravame, il quale, con
apprezzamento non sindacabile in questa sede, in quanto sorretto da
una motivazione immune da vizi logici, ha accertato che tutti gli
appellati erano contraenti del contratto di compravendita
immobiliare, dagli stessi sottoscritto, e che i medesimi con tale
contratto avevano autorizzato De Marca Gennaro a ricevere il
pagamento del prezzo.
E’ appena il caso di rammentare che i vizi di motivazione
denunciabili in cassazione ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. non
possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e

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dare atto che il contratto era stato sottoscritto da tutti gli appellati, e

delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla
parte, perché spetta solo a quel giudice individuare le fonti del
proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la
attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie

prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova (tra le tante v. Cass. 1410-2010 n. 21224; Cass. 5-3-2007 n. 5066; Cass. 21-4-2006 n. 9368;
Cass. 20-4-2006 n. 9234; Cass. 16-2-2006 n. 3436; Cass. 20-102005 n. 20322). L’onere di adeguatezza della motivazione, inoltre,
non comporta che il giudice del merito debba occuparsi di tutte le
allegazioni delle parti, ne’ che egli debba prendere in esame, al fine
di confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni da queste
svolte. È, infatti, sufficiente che il giudice esponga, anche in
maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a
fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito
disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non
espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione
adottata e con l’iter argomentativo seguito (tra le tante v. Cass. 2011-2009 n. 24542; Cass. 12-1-2006 n. 407; Cass. 2 agosto 2001, n.
10569).
Nella specie, la Corte di Appello ha correttamente basato le
proprie valutazioni sulla scrittura privata di compravendita
sottoscritta dalle parti, negando, sia pure implicitamente, ogni valore

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quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare

alle tesi difensive che si ponevano in contrasto con la volontà
negoziale consacrata in tale atto.
3) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese

liquidate come da dispositivo. Nei confronti di Celli Gennaro, che
non ha svolto alcuna attività difensiva, non vi è pronuncia sulle
spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese sostenute dal resistente, che liquida in euro
2.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 23-4-2013
Il Consigliere estensore

Il Presidinte

sostenute dal resistente Celli Luisiano nel presente grado di giudizio,

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