Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16255 del 27/06/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 16255 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 10185-2007 proposto da:
CEDA SERVIZI SAS 01193660444, in persona del legale
rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio
dell’avvocato PANARITI BENITO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato FRANCHI MARIANO;
– ricorrenti contro

SANTINI DUILIO SNTDLU41L27F520Q,

SANTINI SIMONE

SNTSMN66M22D542D, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA A.RIBOTY 28, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 27/06/2013

PAVONI DOMENICO, rappresentati e difesi dall’avvocato
MATTII STEFANO;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 141/2006 della CORTE D’APPELLO
di ANCONA, depositata il /03/2006;

udienza del 17/04/2013 dal Consigliere Dott. CESARE
ANTONIO PROTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

o•-•

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udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 22/11/1999 Santini Simone e Santini
Duilio proponevano opposizione al decreto ingiuntivo
con il quale era stato loro intimato il pagamento del
corrispettivo dovuto a CEDA Servizi per servizi di

La richiesta di decreto ingiuntivo era fondata su un
atto di ricognizione di debito sottoscritta da Santini
Simone come obbligato principale e da Duilio, padre di
Simone, come garante.
Con l’opposizione l’obbligato principale disconosceva
la propria firma e Duilio, che aveva prestato garanzia
per l’obbligazione principale, eccepiva che a seguito
del disconoscimento della firma per l’obbligazione
principale, veniva meno anche la sua responsabilità
patrimoniale come garante.
La CEDA chiedeva la verificazione della scrittura che,
comunque,

riteneva

confermata,

quanto

alla

riconducibilità a Simone, dalla sottoscrizione del
padre che aveva prestato garanzia per il figlio.
Con sentenza emessa ai sensi dell’art. 281 sexies
c.p.c. il Tribunale di Fermo rigettava l’opposizione
confermando il decreto ingiuntivo.

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contabilità svolti a favore di Santini Simone.

L’appello di Santini Duilio e Santini Simone era
accolto dalla Corte di Appello di Ancona con sentenza
del 4/3/2006.
CEDA Servizi s.a.s. ha proposto ricorso affidato
quattro motivi.

quali, preliminarmente, eccepiscono l’inammissibilità
del ricorso in quanto privo dei quesiti prescritti a
pena di inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c.
Motivi della decisione
1.

Il

ricorso

è

inammissibile

perché

viziato

dall’assoluta inosservanza dell’abrogato art. 366-bis
c.p.c., introdotto dall’art. 6 del d.Lgs. n. 40 del ,
2006 e applicabile alle controversie nelle quali il
provvedimento impugnato con ricorso per cassazione è
stato pubblicato o depositato a decorrere dal 2 marzo
2006, data di entrata in vigore del citato decreto
legislativo.
1.1 Quanto all’applicabilità della suddetta norma, si
osserva che, nella fattispecie, la sentenza impugnata è
stata depositata il 4/3/2006 e pertanto il ricorso
doveva essere proposto, a pena di inammissibilità, nel
rispetto della richiamata norma la quale prevedeva che,
nei casi previsti dall’art. 360 n. 3,

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“l’illustrazione

Resistono con controricorso Santini Simone e Duilio i

di ciascun motivo si deve concludere, a pena
d’inammissibilità,

con la formulazione di un quesito

di diritto. Nel caso previsto dall’art. 360

primo

coma n. 5, l’illustrazione del motivo deve contenere,
a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del

si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni
per le quali la dedotta insufficienza della motivazione
la rende inidonea a giustificare la decisione.
Quanto

all’applicabilità,

al

ricorso

in

esame,

dell’art. 366 bis c.p.c. ora abrogato si osserva:
che l’abrogazione dell’art. 366-bis c.p.c.
(intervenuta ai sensi dell’art. 47 della citata legge
n. 69 del 2009) è diventata efficace per i ricorsi
proposti con riferimento ai provvedimenti pubblicati
successivamente alla suddetta data, con la conseguenza
che per quelli proposti antecedentemente (dopo
l’entrata in vigore del d. lgs. n. 40 del 2006) la
norma è da ritenersi ancora applicabile (Cass.
24/03/2010 n. 7119); infatti, l’art. 11, comma 1, disp.
prel. c.p.c., stabilisce che, in mancanza di una
espressa disposizione normativa contraria, la legge non
dispone che per l’avvenire e non ha effetto
retroattivo; il correlato disposto del comma quinto

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fatto controverso in relazione al quale la motivazione

dell’art.

58 della legge 18 giugno 2009 n.

69

stabilisce che tali nuove norme si applicano ai ricorsi
per cassazione proposti avverso i provvedimenti
pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore
della medesima legge (4 luglio 2009);

costituzionale del comma quinto dell’art. 58 cit. per
contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto rientra nella
discrezionalità del legislatore disciplinare nel tempo
l’applicabilità delle disposizioni processuali e non
appare irragionevole il mantenimento della pregressa
disciplina per i ricorsi per cassazione promossi
avverso provvedimenti pubblicati prima dell’entrata in
vigore della novella (Cass. 16/12/2009 n. 26364).1a
violazione dell’art. 327 c.p.c. in relazione all’art.
281 sexies c.p.c. e il vizio di motivazione.
1.2 Quanto alla mancanza dei quesiti di diritto e del
momento di sintesi per il vizio di motivazione, si
osserva quanto segue.
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta il
mancato accoglimento dell’eccezione di inammissibilità
dell’appello per tardività.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c. e

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che è stato escluso ogni dubbio di legittimità

il vizio di motivazione quanto al mancato accoglimento
dell’istanza di verificazione della scrittura che pure
era stata reiterata in appello.
Con il terzo motivo la ricorrente deduce il vizio di
motivazione e la violazione dell’art. 1386 c.c.

e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e il vizio di
motivazione anche in relazione agli artt. 633 e 645 e
ss. c.p.c.; il vizio di omessa pronuncia è, peraltro,
collegato

all’omessa

valutazione

di

elementi

documentali che avrebbero dovuto far ritenere che il
credito azionato era provato indipendentemente dal
disconoscimento dell’atto di ricognizione di debito
che, invece, la Corte di appello ha ritenuto elemento
decisivo.
Nei motivi, quanto ad una violazione di norma di
diritto, non solo manca del tutto la prescritta
formulazione conclusiva, ma manca persino graficamente
qualsivoglia riferimento ad un quesito di diritto.
Questa

Corte

costantemente

ha

affermato

l’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art.
366-bis c.p.c., laddove l’illustrazione dei singoli
motivi non sia accompagnata dalla formulazione di un
esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la

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Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione

pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o
un rigetto del quesito formulato dalla parte (Cass.
SS.UU. 26/03/2007 n. 7258).
Tali principi sono applicabili anche nel caso in cui
con il motivo di ricorso si denuncino errores in

L’abrogazione dell’art.366-bis cod. proc. civ., operata
dall’art.47 della legge 18 giugno 2009, n.69, non è
retroattiva, né lo stesso art. 366-bis autorizza una
distinzione tra i motivi d’impugnazione in diritto, con
la conseguenza che é applicabile anche a quelli con i
quali si deducano “errores in procedendo).

il quesito di diritto può essere desunto dal

contenuto del motivo, poiché, in un sistema processuale
che già prevedeva la redazione del motivo con
l’indicazione della violazione denunciata, la
peculiarità del disposto di cui all’art. 366-bis cod.
proc. civ., consiste proprio nell’imposizione, al
patrocinante che redige il motivo, di una sintesi
originale ed autosufficiente della violazione stessa,
funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del
principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio
della funzione nomofilattica della Corte di legittimità
(Cass. 24/07/2008 n. 20409).

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procedendo (v. Cass. 26/10/2009 n. 22578 Ord.:

Quanto al vizio di motivazione, si osserva che, nel
vigore dell’art.366 bis c.p.c., il motivo di ricorso
per omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione, proposto ai sensi dell’art.360, comma l,
n.5, c.p.c., deve essere accompagnato da un momento di

maniera da non ingenerare incertezze in sede di
formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità; il motivo, cioè, deve contenere – a pena
d’inammissibilità una indicazione riassuntiva e
sintetica, che costituisca un

“quid pluris”

rispetto

all’illustrazione del motivo e che consenta al giudice
di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso
(Cass. SS.UU. 20/05/2010 n. 12339).
Nulla di tutto ciò è leggibile nel caso di specie.
2. In conclusione deve dichiararsi l’inammissibilità
del ricorso; le spese di lite, liquidate come in
dispositivo, seguono la soccombenza della società
ricorrente.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna
la ricorrente CEDA Servizi s.a.a. a pagare ai
controricorrenti Santim Simone e Santim Duilio le spese
di questo giudizio di cassazione che liquida in euro

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sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti, in

2.500 oltre euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, addì 17/4/2013.

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