Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16254 del 28/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 28/06/2017, (ud. 17/02/2017, dep.28/06/2017),  n. 16254

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27930-2015 proposto da:

A.S., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati GIULIANA

DE GIORGIO, LORINZA SANTELLA;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19, presso lo

studio dell’avvocato FEDERICA PATERNO’ rappresentato e difeso

dall’avvocato VITTORIO ANELLI;

– controricorrente –

contro

P.L., ELIPSO FINANCE SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2164/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 20/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/02/2017 dal Consigliere Dott. SCALISI ANTONINO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Preso atto che il Consigliere relatore Dott. Scalisi A. ha proposto che la controversia fosse trattata in Camera di Consiglio non partecipata dalla Sesta Sezione Civile di questa Corte, ritenendo la: “In via preliminare va disposta l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 331 c.p.c., osto che il ricorso non risulta notificato alla società Collina S.r.l. e al sig. P.F. parti nel giudizio di appello, nonostante fossero contumaci”.

La proposta del relatore è stata notificata alle parti.

Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe.

Ritenuto che:

A.S. con ricorso notificato il 17 novembre 2015 ha chiesto a questa Corte di cassazione l’annullamento della sentenza 2164 del 2014 con la quale la Corte di appello di Bologna riformava la sentenza del Tribunale di Parma che, su domanda del fallimento (OMISSIS) S.r.l. nei confronti di Collina S.r.l., aveva dichiarato la nullità di due contratti di compravendita intervenuti tra le parti in giudizio, per simulazione assoluta e dichiarava la sentenza opponibile nei confronti dei suacquirenti A.S. e P.L.. Secondo la Corte di Appello Bologna la dichiarazione di nullità per simulazione assoluta del primo atto di vendita in data 9 dicembre 2002 era passata in giudicato perchè A.S. e il figlio P.L. non avevano formulato una specifica domanda di riforma; la sentenza di nullità per simulazione assoluta era opponibile alla M. perchè la stessa al momento dell’acquisto era consapevole della simulazione di cui si dice. Fondato era l’appello incidentale proposto dal curatore avverso il capo della sentenza che aveva dichiarato non opponile a Banca Antonveneta (dante causa di Elipso Finance) la pronuncia di simulazione perchè, pur essendo creditore di A. Elipso Finance (successore a titolo particolare di Banca Antonveneta) non poteva vantare alcuna legittima aspettativa di soddisfarsi su di un bene mai uscito dal patrimonio della società fallita, solo fittiziamente alienato in base ad atti di vendita simulati.

La cassazione della sentenza della Corte di Appello di Bologna è stata chiesta per un motivo. Il Fallimento (OMISSIS) S.r.l. ha resistito con controricorso. P.L. ed Elpso Finance S.r.l. in questa fase non hanno svolto attività giudiziale.

1= In via preliminare, Il Collegio ritiene che nel caso in esame non sia necessaria l’integrazione del contraddittorio per manifesta infondatezza del ricorso, dato che nel giudizio di cassazione, come è stato già detto da questa Corte, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un’evidente ragione d’inammissibilità del ricorso, di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio (Cass. Ssuu. n. 6826 del 22/03/2010).

2.= La ricorrente lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, vizio di motivazione sotto molteplici aspetti. Violazione e falsa applicazione e dell’art. 1414 e 1415 c.c., e art. 2652 c.c., n. 4, Secondo la ricorrente:

a) la motivazione con la quale la Corte distrettuale avrebbe escluso che la Immobiliare Collina srl avesse potuto trasferire il bene alla A.S. posto che la Immobiliare Collina non era divenuta proprietaria, essendo simulata acquirente, sarebbe assolutamente carente ove si consideri che ( A. avrebbe ampiamente svolto nel suo atto di appello le ragioni che dovevano far ritenere non simulata la seconda vendita e che la seconda vendita era voluta da entrambe le parti e non vi sarebbe prova come afferma la Corte di Bologna che il bene, secondo la vera intenzione delle parti, doveva rimanere a P.F., all’epoca della vendita legale rappresentante delle (OMISSIS) e che le due vendite dovevano considerarsi entrambe simulate. Basterebbe considerare che nel dicembre 2002 non vi era alcuna posizione debitoria consolidata della (OMISSIS) S.r.l. Questo aspetto rilevante ai fini dell’indagine sulla buona fede sarebbe stato ampiamente omesso nella decisione sicchè la motivazione sul punto sarebbe assolutamente carente.

b) La ricorrente deduce anche il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 1414 e 1415 c.c., art. 22652 c.c., n. 4), assumendo che la Corte avrebbe disatteso tali norme ritendo provata la sua mala fede. Piuttosto la Corte distrettuale, secondo la ricorrente, avrebbe dato rilievo ad alcuni documenti che di per se non consentivano di escludere la buona fede (il certificato di residenza anagrafica di P.F. e la fideiussione prestata dalla A. a favore della (OMISSIS) srl.) e non ha invece dato rilievo ad altri documenti: fattura regolarmente emessa dalla Collina, le scritture contabili della stessa, dichiarazione di quietanza ricevuta dal notaio, il cui esame avrebbe comportato una decisione diversa da quella assunta. E di più la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto del comportamento dell’acquirente successivo alla vendita, nè che l’immobile era da costruire così come emergeva sia dalla relazione allegata tra i documenti del giudizio di primo grado che dall’accatasta – mento avvenuto nel 2005.

2.1.= Il motivo è infondato.

A) E’ appena il caso di evidenziare che le censure non tengono conto del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, quale risultante in esito alla riforma introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134. Invero, trattandosi di sentenza depositata il 20 ottobre 2014, cioè dopo l’entrata in vigore della precitata novella, la quale, ha introdotto una disciplina più stringente, che ha compresso la possibilità della denuncia dei vizi di motivazione, deve ritenersi che l’intervento della Corte di Cassazione è consentito solo nei casi di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. Il cambiamento operato dalla novella è stato, infatti, netto, dal momento che dal previgente testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, è stato eliminato non solo il riferimento alla “insufficienza” ed alla “contraddittorietà”, ma addirittura la stessa parola “motivazione”. Si è per ciò ritenuto che la nuova previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, legittimi solo la censura per “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, non essendo più consentita la formulazione di censure per il vizio di “insufficienza” o “contraddittorietà” della motivazione. I limiti di censura, connessi al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, risultano, peraltro, fissati da questa Corte che, in recenti pronunce ha avuto modo di fissare il principio, secondo cui “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, deve essere interpretata come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità. Il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo. L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass. SS.UU. n. 19881/2014 n. 8053/2014, n. 11025/2014).

Nel caso in esame, in verità, la Corte distrettuale ha ampiamente chiarito le ragioni poste a fondamento della decisione assunta, e per le quali ha ritenuto sussistente la mala fede della odierna ricorrente, non tralasciando di esaminare le risultanze processuali e tra queste le risultanze documentali (valorizzando la consapevolezza da parte della A. del carattere fittizio dell’operazione di vendita, il fatto che A.S. ed il marito P.F., amministratore della (OMISSIS) srl., nonostante lo stato di separazione legale fossero conviventi, il rilascio di una fideiussione a favore del marito da parte della A. a distanza di circa un anno dalla separazione).

Alla stregua di queste considerazioni, le censure con le quali vengono denunciate carenze motivazionali della decisione in esame, vanno dichiarate inammissibili.

B) A sua volta inammissibile è il secondo profilo del motivo con il quale si denuncia una violazione di legge sia per mancata autosufficienza e sia per genericità. Infatti la ricorrente fonda la censura in esame su atti processuali e documenti senza indicare la sede processuale ove gli stessi si trovano e, soprattutto, senza riportarne il contenuto almeno per la parte che sorreggerebbe il motivo. E di più, con la denuncia di una violazione di legge, la ricorrente richiede, essenzialmente, una nuova valutazione delle risultanze istruttorie non proponibile nel giudizio di cassazione se, come nel caso in esame, la valutazione compiuta dalla Corte distrettuale non presenta alcun vizio logico e/o giuridico.

In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo.

Il Collegio da atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali pari al 15% del compenso ed accessori come per legge, dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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