Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16253 del 27/06/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 16253 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 13353-2007 proposto da:
LAVORATO

GIUSEPPE

LVRGPP63E13Delettivamente

domiciliato in ROMA, VIA AREZZO 38, presso lo studio
dell’avvocato MESSINA MAURIZIO, rappresentato e
difeso dall’avvocato BROZZI SERGIO;
– ricorrenti 2013
934

contro

27/71(3z
bk Q. r2k-%kc1:
GIANNACE VITO ROBERTO, elettivamente domiciliato in
ROMA,

VIA CARLO POMA 2,

presso lo studio

dell’avvocato ORLANDO FABIO MASSIMO, rappresentato e
difeso dall’avvocato USAI FRANCESCO;

Data pubblicazione: 27/06/2013

- controricorrenti

avverso la sentenza n. 123/2004 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 25/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/04/2013 dal Consigliere Dott. ANTONINO

udito

l’Avvocato MATONTI Antonio,

con delega

depositata in udienza dell’Avvocato Sergio BROZZI,
difensore del ricorrente che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato ORLANDO Fabio Massimo, con delega
depositata in udienza dell’Avvocato Francesco USAI,
difensore del resistente che ha chiesto il rigetto
del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

SCALISI;

Svolgimento del processo
Giuseppe Lavorato con atto di citazione del 12 maggio 2000 proponeva
opposizione a decreto ingiuntivo con il quale il Tribunale di Firenze gli aveva
_
ingiunto di restituire a Vito Roberto Giannace la somma di lire 10.000.000
ricevuta a seguito della promessa di acquisto p di un immobile posto a Firenze

in via Del Lasca n. 20 che, il ricorrente sosteneva, non accettata dal
proprietario. A sostegno di questa opposizione il Lavorato eccepiva che il
provvedimento monitorio era stato emesso in difetto dei presupposti di legge,
atteso che la proposta era stata da lui tempestivamente accettata, che Giannace
era consapevole ab initio dell’altrui proprietà dell’immobile e quindi si era
perfezionato un contratto preliminare di bene altrui valido ed efficace che lo
obbligava a procurare la vendita entro il termine stabilito per la stipulazione
del definitivo. Chiedeva, pertanto, la revoca del decreto ingiuntivo.
.

Si costituiva Giannace sostenendo che pensava che Lavorato fosse il

,

proprietario dell’immobile e che la promessa di acquisto fosse subordinata
all’accettazione della proprietà del bene. Il Tribunale con sentenza n. 1983 del
21 maggio 2004 confermava il decreto ingiuntivo condannava l’opponente al
rimborso delle spese processuali.
Avverso tale sentenza proponeva appello Lavorato, nproponendo con il primo
motivo di appello la stesse eccezioni già latte valere nel giudizio di pnmo
grado, con un secondo motivo eccepiva che il Tribunale era incorso nel vizio
di ultrapetizione, dato che aveva dichiarato la nullità o r inefficacia della

il

proposta di acquisto la cui validità non era stata messa in discussione, con un
tem) motivo lamentava che il decido ingiuntivo

presuppusti di legge.

1

Cid stato emesso beIlLd

q

l

Si costituiva Giannace contestando il fondamento dei motivi di appello e
chiedendone il rigetto
La Corte di appello di Firenze con sentenza n. 123 del 2007 rigettava
l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese processuali. A
sostegno di questa decisione, la Corte di Firenze osservava: a) che la lettura

della scrittura privata intercorsa tra le parti non lasciava alcun dubbio in
ordine all’impegno assunto dal Giannace che era quello di voler acquistare
l’appartamento di via Del Lasca, precisando che la proposta fosse subordinata
all’accettazione da parte della proprietà da avvenire entro il 24 gennaio 2000 e
che, in caso di mancata accettazione da parte della proprietà, la proposta di
acquisto sarebbe rimasta priva di effetto e di efficacia e avrebbe avuto diritto
alla restituzione della somma versata: b) Non vi era dubbio che Lavorato
indirizzava la sua proposta a Giannace ritenendolo proprietario e anche il

_

comportamento del Giannace confortava la stessa conclusione perché il

proponente aveva immediatamente versato la somma di lire 10.000.000 e si
era impegnato a pagare l’ulteriore importo di lire 56.000.000 appena tre giorni
dopo evidentemente appena avuto conoscenza dell’accettazione da parte del
proprietario D’altra parte appena avuto conoscenza che il Giannace non era il
proprietario dell’immobile aveva provveduto a richiedere la restituzione della
somma versata. Lo stesso agente immobiliare Piero Portalupi aveva dichiarato
che il Lavorato si era presentato quale proprietario dell’unita immobiliare di
cui si dice. C) L’obbligazione di restituire la somma versata era quindi
contenuta nella stessa scrittura privata prodotta in giudizio che costituiva
pertanto il titolo sulla base della quale il Tiibunale aveva emesso il

provvcdimcnto monitorio.

..
2

/9

f

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Giuseppe Lavorato con
ricorso affidato a tre motivi. Giannace Vito Roberto ha resistito con

,

controricorso.
Motivi della decisione
1.= Con il primo motivo Lavorato Giuseppe lamenta l’erronea qualificazione

giuridica della proposta del 24 gennaio 2000, nonché la violazione e falsa
applicazione sotto più profili connessi , degli artt. 1326 e 1362, 1385 e 1478
cod. civ. ex art. 360 n. 3 cpc.
Avrebbe errato la Corte fiorentina nell’aver escluso che la proposta di
acquisto sottoscritta da Giannace il 24 gennaio 2000 e diretta a Lavorato
Giuseppe a seguito dell’accettazione da parte del medesimo Lavorato con la
traditio ed il successivo incasso dell’assegno di lire 10.000.000 a titolo di
caparra confirmatoria ed in conto prezzo costituisse un contratto preliminare
di compravendita di cosa altrui, soprattutto perché errati sarebbero i dati

.
,

valutati dalla Corte toscana e l’iter argomentativo seguito dai giudici del
merito. In particolare, secondo il ricorrente: A) sarebbe un non senso logico
oltre che un evidente errore di diritto, affermare che la proposta di acquisto
del 24 gennaio 2000 a firma di Giarmace fosse stata subordinata
all’accettazione della proprietà dato che la proposta contrattuale quale atto
negoziale unilaterale “può essere, bensì, subordinata ad una condizione ma
tale condizione non è possibile sia costituita (…) dalla stessa accettazione
della proposta”. B) la conclusione cui e pervenuta la Corte toscana secondo
cui la proposta di cui si dice non presentava

alcun margine di equivocità

peché ela (è) indirizzata a conseguile un accordo diletto con il pioprietario e

noir il MCfu inipegno di un terzo a -procurare l’ .

., • i – di detto

proprietario”, prescinde dal chiarire la pregenz-a della . … I versata,
3

.

h

k

il Lavorato avrebbe dovuto fare dell’assegno a lui intestato e da lui ricevuto in
conto prezzo e quale caparra confirmatoria né l’intestazione poteva
giustificarsi ove non si fosse ritenuto lo stesso Lavorato legittimato ad
accettare la proposta né che senso potesse avere che il Lavorato accettasse una
proposta al solo scopo di impegnarsi a farla accettare lo stesso girono dalla

“proprietà” e ricevere una caparra confirmatoria che avrebbe dovuto girare
immediatamente alla medesima proprietà. C) la Corte toscana si sarebbe
limitata ad indagare quale fosse la reale intenzione del Giarmace e non,
invece, come impone l’art. 1362 cc. quale fosse la comune volontà delle parti.
Il ricorrente conclude formulando i seguenti quesiti di diritto: Dica la Corte di
cassazione: 1) se sia configurabile una proposta contrattuale ex art. 1326 cc la
cui efficacia debba intendersi subordinata alla sua stessa accettazione; 2) dica
inoltre se una proposta contrattuale di un immobile possa o debba essere
accettata da un soggetto diverso da quello al quale la proposta stessa è

.

intestata ed indirizzata e che l’ha, in effetti, accettata in contestualità alla sua
formulazione, ricevendo e poi incassando un assegno emesso a suo favore, a
titolo di caparra confirmatoria ed in conto prezzo; 3) dica, ancora se
nell’interpretare una proposta contrattuale di acquisto di un immobile,
accettata in contestualità dal destmataria si debba indagare quale fosse la reale
intenzione del proponente o, piuttosto, quale tosse la comune intenzione delle
par tn ovvero dica la Corte se non sia in violazione dell’art. 1362 cc.
l’interpretazione di una proposta accettata come se si trattasse di atto
unilaterale isolato; 4) dica infine e riasswitivamente la

ode se vi sia stata o

menu la conclusione di un ~butto pieliiiiintue di complavendita di cosa

.

altrui tra Giannacc Vito c Lavorato Giuseppe ‘n forza del quale qucst’ultimo

_
4

k

era obbligato a far acquistare al Giannace la proprietà del bene entro il
termine stabilito per la stipula del rogito.

4

1.1.= Il motivo è infondato.
. .
Come emerge chiaramente dalla sentenza impugnata la Corte toscana ha

.

della prova testimoniale e del comportamento complessivo delle parti
conforme alla normativa di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., applicabili anche
agli atti unilaterali inter vivos, avente contenuto patrimoniale, pervenendo,
attraverso un procedimento logico completo, alla conclusione adeguata e
chiara che la proposta del Giannace, oggetto della presente controversia, era
diretta a conseguire un accordo con il proprietario dell’immobile e non il
mero impegno di un terzo a procurare l’accettazione di detto proprietario.
Come correttamente spiega la sentenza la conclusione appena indicata trovava
le sue essenziali coordinate: a) nella latteralità della proposta. Le espressioni

.

contenute nella proposta oggetto della controversia, chiarisce la Corte toscana,
che la proposta del 24 gennaio 2000 sottoscritta dal Giarmace era stata
subordinata all’accettazione da parte della “proprietà” e che in caso di
mancata accettazione da parte della proprietà quella proposta di acquisto
sarebbe rimasta pnva di effetto ed efficacia (e, in questo ultimo caso il
proponente avrebbe avuto dintto alla restituzione della somma di lire
10.000.000 versata a titolo di caparra confirmatoria), non lasciavano dubbi
che la proposta rivolta al Lavorato presupponeva che il Lavorato fosse il
proprietario dell’appartamento o che, comunque, pretendeva che il Lavorato
procwasse l’accettazione da parte della plopzietà nel tennine del 24 gennaio

.

2000, oltre il quale la proposta non avrebbe avuto alcuna efficacia. Come
correttamente evidenzia la sentenza impugnata, le due frasi tra lefe collegate
5

compiuto una valutazione globale della proposta oggetto di causa, nonché

non lasciavano dubbi che il Giannace si era impegnato esclusivamente nei
confronti del proprietario e che la proposta, più che essere condizionata
all’accettazione, manteneva validità solo se accettata da questi (cioè dal
. .
proprietario) entro lo stesso giorno della proposta (il 24 gennaio 2000).

estremi di una proposta irrevocabile.
B) nell’accertamento che il Giannace disconosce che il Lavorato non fosse il
proprietario dell’immobile oggetto della proposta. Lo stesso accertamento,
chiarisce la Corte toscana, che il Giannace disconoscesse che il Lavorato non
fosse il proprietario dell’appartamento confermavano che i termini della
proposta di cui si dice era diretti ad insturare un rapporto tra il proponente e il
Lavorato, quale proprietario dell’immobile
C) nel comportamento dello stesso Giarmace. D’altra parte, chiarisce ancora,
.

la Corte toscana, immediatamente dopo aver saputo che il Lavorato non era

proprietario dell’immobile Giannace, si è limitato a chiedere la restituzione
della somma versata

(…) e non il versamento del doppio della caparra

confirmatoria che avrebbe avuto fondamento nell’ottica della stipulazione di
un valido rapporto contrattuale finalizzato alla compravendita di cosa altrui.
1.1.b).= A ben vedere, queste coordinate rendono non pertinenti le riflessioni,
le illazioni, le tesi del ricorrente, perché anche se per ipotesi, fossero fondate,
non sarebbero in grado, comunque, di rendere le argomentazioni della Corte
di merito illogiche od insufficienti, ovvero, contrarie ai canoni ermeneutici di
cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ.
a) Intanto, inni semina iieundueibile alla sentenza impugnata l’Osservazione

_

del ricorrente secondo cui la Corte toscana avrebbe identificato una-proposta
condizionata all’accettazione atteso che la Corte fiorentina fa riferimento
6

Insomma, sia pure per un giorno la proposta di cui si dice integrava gli

all’indicazione contenuta nella proposta secondo cui “in caso di mancata
accettazione da parte della proprietà la presente proposta di acquisto rimarrà

priva di effetto ed efficacia” al fine di chiarire che, secondo la chiara
indicazione della proposta, il contratto si sarebbe concluso, non in seguito alla

della sottoscrizione del proprietario dell’immobile.
b) Il versamento di una somma di denaro da parte del proponente (futuro
acquirente) sia pure ai sensi dell’art. 1385 cc,

non è dimostrativo della

conclusione di un contratto o del relativo contratto. Piuttosto, normalmente la
proposta di acquisto è accompagnata da un deposito infruttifero, sotto forma
di assegno bancario intestato al venditore, (somma che sarà restituita nel caso
in cui il venditore non accettasse) che solo al momento della conclusione del
contratto, cioè

al momento in cui al compratore giunge notizia scritta

dell’accettazione del venditore, diverrà caparra confirmatoria. Ed, infatti,
come chiarisce la sentenza impugnata, il versamento della somma di lire
10.000.000 a titolo di caparra confirmatoria aveva la funzione “di rafforzare il
vincolo contrattuale” ovvero, l’impegno del Giannace di concludere il
contratto con il

proprietario dell’immobile. D’altra parte, la proposta del

Giannace prevedeva chiaramente, come specifica la stessa sentenza
impugnata, che nel caso in cui non vi tosse stato l’accettazione da parte del
proprietario dell’immobile, il proponente, aveva solo il diritto di chiedere la
restituzione della somma versata, ma non anche il doppio come sarebbe
ovulo essere se fosse stata un caparra versata
nel caso diurrcont iutto di compi av
_

ilid

di

d

CC/Sci

conclusione di un contratto e
alti ui.

c) A sua volta, appare csserc una semplice illazione, l’affermazione (del
Lavorato) secondo cui la Corte fiorentina avrebbe indagato sulla reale
7

sottoscrizione di un qualsiasi accettante, ma soltanto in virtù e per l’effetto

intenzione del Giannace e non, invece, come avrebbe dovuto indagare ai sensi
dell’art. 1362 cc. quale fosse la comune volontà delle parti, atteso che nel caso
(
in esame la questione fondamentale era quella d’ identificare la portata della
proposta formulata dal Giannace al fine di comprendere se Lavorato fosse
legittimato a meno a formulare l’accettazione e, conseguentemente, se il

contratto ed eventualmente quale tipo di contratto fosse stato validamente
concluso.
d) Inconferente è il richiamo all’art. 1478 e ss. Cc. dato che il ricorrente
muove dal presupposto che tra Giannace e Lavorato si fosse concluso un
contratto di compravendita di cosa altrui, mentre la Corte fiorentina ha
escluso che tra gli stessi fosse stato stipulato un qualunque contratto.
2.= Con il secondo motivo il ricorrente lamenta L’omessa insufficiente
contraddittoria motivazione circa due fatti controversi e decisivi : la
conoscenza dell’altruità del bene da parte del Giannace e la costituzione di
una caparra confirmatoria, ex art. 360 n. 5 cpc.
Secondo il ricorrente, la Corte fiorentina:
a) avrebbe travisato il senso delle dichiarazioni testimoniali acquisite in
giudizio pervenendo alla conclusione che il Lavorato non avrebbe dimostrato
“in alcun modo che il Giannace era stato avvisato che il bene immobile
apparteneva a terzi”, tatto, viceversa, pienamente provato come nsulterebbe
dall’esame dei verbali di udienza.
b) non avrebbe spiegato correttamente le ragioni per le quali avrebbe ritenuto
che la corresponsione della caparra al Lavorato avrebbe avvalorato la tesi
dell’ignoranza dell’affluita del bene da parte del Giannaee e della sua leale

intenzione di stabilire un rapporto contrattuale con il proprietario. D’altra

parte, la Corte fiorentina, secondo il ricorrente, riscontrando ehe l’impegno d’
8

4′

pagare la somma di lire 56.000.000 dopo appena tre giorni doveva,
evidentemente, essere posteriore all’avvenuta accettazione da parte del
r

proprietario (a parte che tale circostanza non risulterebbe da nessuna parte e
non sarebbe neppure evidente) non avrebbe colto che anche per questa via si
dimostrerebbe che il Giannace sin dall’inizio era consapevole che il Lavorato

non fosse il proprietario dell’immobile oggetto della controversia.
2.= Anche questo motivo è infondato.
Intanto, appare opportuno evidenziare che la prova della conoscenza da parte
del Giannace dell’altruità dell’immobile di cui si dice così come il significato
attribuito dalla Corte di merito al versamento della soma di lire 10.000.000 e
della somma di lire 56.000.000 dopo tre giorni “evidentemente avuto
conoscenza dell’accettazione da parte del proprietario”, rappresentano fatti
secondari, non decisivi dato che, comunque, non sarebbero stati

idonei ad

escludere che la proposta di che trattasi potesse essere accettata solo dal
. –

proprietario. La Corte fiorentina ha avuto modo, infatti, di specificare che
“solo accessoriamente vale osservare che l’appellante non ha in alcun modo
dimostrato, neppure, che il Giarmace era stato avvisato che il bene immobile
apparteneva a terzi”. E, ad un tempo, “anche il comportamento del Giarmace
valutato

ai sensi

dell’art.

1362

cc.

conforta

questa inequivocabile

conclusione” e, cioè, che la proposta di che trattasi era mdirizzata a
conseguire un accordo diretto con il proprietario dell’immobile.
2.1.a) Tuttavia, la conclusione cui è pervenuta la Corte di merito è coerente
alle dichiarazioni dei testi, riportate dalla stesso ricorrente, se considerate

nella lui() iiiteiezza, Lomplessità e supidttuttu, vdgliate in positivo e in
negativo. La Corte fiorentina ha avuto modo di riferire che

“l’agente

immobiliare Piero Portalupi ha, infatti, dichiarato che il Lavorato si era
9

IV

presentato come proprietario dell’unità immobiliare e che, in sua presenza, il
Giannace non era stato avvisato che invece l’appartamento era di proprietà di

i

terzi. L’altro agente immobiliare Claudio Mafrici ha invece dichiarato che a
lui il Lavorato aveva detto di non essere il proprietario ma non ha confermato

.

dell’immobile che intendeva acquistare”. E tali indicazioni appaiono
contenute proprie nelle dichiarazioni testimoniali riportate dallo stesso
ricorrente, se è vero che il teste Portalupi dichiarava che “… non ricordo che
il Lavorato mi disse di non essere proprietario”, mentre Mfrici dichiarava: che
a lui il Lavorato aveva detto di non essere il proprietario, ma non aveva
confermato che in sua presenza il Giarmace era stato avvisato dell’altrui
proprietà dell’immobile che intendeva acquistare.
2.1.a).= Logica e pertinente è, altresì, l’affermazione della Corte fiorentina
..
secondo cui il versamento della somma di lire 10.000.000 a titolo di caparra
. –

confirmatoria e l’impegno dello stesso Giannace di versare la somma di lire
56.000.000 tre giorni dopo, appena avvenuta l’accettazione da parte del
proprietario, confermavano la conclusione cui era pervenuta la stessa Corte di
merito secondo la quale la proposta di cui si dice era indirizzata a conseguire
un accordo diretto con il proprietario dell’immobile e, non il mero impegno di
un terzo a procurare l’accettazione di detto proprietario, proprio perché quegli
impegni gravosi apparivano incompatibili con l’intenzione di Giannace di
esporsi a vantaggio di una persona, neppure proprietaria dell’immobile,
obbligata a procurarne la vendita, non nel tendine per l’accettazione della
quellopiù lungo fissato pei la stipulaziune del eontiatto
proposta, ma iin queo
.

definitivo. Per altro, .. a diversa valutazione degli impegni di ari si è appena
detto e nel senso che sarebbero corrolati alla consapevolezza del Giannace
10

che in sua presenza il Giannace era stato avvisato dall’altrui proprietà

dell’altruità del bene, avrebbe necessitato la dimostrazione che le parti
(Giannace e Lavorato) avessero stipulato un preliminare di compravendita di
cosa altrui, che i dati acquisiti nel giudizio non consentono di affermare.
3.= Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione

decreto ingiuntivo relativo alla restituzione della somma di lire 10.000.000,
non doveva essere emesso e non poteva essere riconfermato, perché dalla sola
proposta di acquisto del 24 gennaio 2000 non si deduceva l’esistenza del
dritto fatto valere. La Corte di appello ha ritenuto che l’obbligo di restituire la
somma versata dal Giannace fosse contenuta nella stessa scrittura privata
dedotta in giudizio che costituiva, pertanto, il titolo sulla base del quale il
Tribunale avrebbe emesso il provvedimento monitorio, epperò specifica il
ricorrente: a) se si ritiene che la proposta sia atto unilaterale non sfociato in un
contratto, allora, manca la firma del Lavorato sul documento da cui dovrebbe
desumersi il suo obbligo restitutorio: b) se, invece, si ritiene che la proposta
sia divenuta contratto a seguito dell’accettazione del Lavorato, allora,
occorreva una pronuncia che preventivamente accertasse nel merito il diritto
del Giarmace a vedersi restituita quanto pagato in forza di un contratto. Il
ricorrente conclude formulando il seguente quesito di diritto: Dica la Corte di
cassazione se al fine di cui all’art. 633 cpc., costituisca idonea prova scritta
del credito alla restituzione di un importo qualificato come caparra
confirmatoria reclamato dal proponente l’acquisto di un immobile , la mera
proposta di acquisto da costui solo sottoscritta, ovvero dica la corte se
costituisca idonea prova scritta del medesimo eluda° e ai fidi d cui sopra, il

contratto p

are di compravendita che si sia concluso a seguito della

accettazione della proposta di acquisto suddetta, pur in assenza d . una
11

dell’art. 633 cpc. in relazione all’art. 360 n. 3 cpc. Secondo il ricorrente, il

pronuncia giudiziale di invalidità o inefficacia del contratto preliminare
stesso, ovvero, dica la Corte se sia ammissibile il ricorso alla procedura
monitoria per la restituzione di quanto pagato in forza di un titolo contrattuale,
. .
in assenza di una pronuncia d’invalidità o inefficacia del medesimo titolo.

“l’opposizione a decreto ingiuntivo da luogo ad un ordinario giudizio di
cognizione, nel quale il giudice deve accertare la fondatezza delle pretese fatte
valere dall’ingiungente opposto e delle eccezioni difese dell’opponente e non
già stabilire se l’ingiunzione sia stata o no legittimamente emessa, salvo che ai
fini esecutivi o per le spese della fase monitoria” (Cass. n. 3649 del 2012). ed
il ricorrente non si è doluto della pronuncia sulle spese, né degli effetti
esecutivi del decreto ingiuntivo.
3.1.a).= Per altro, come chiarisce la sentenza impugnata, Giarmace aveva
chiesto al Tribunale di Firenze di ingiungere al Lavorato la restituzione di lire

10.000.000 perché il versamento era privo di causa in quanto la validità e
l’efficacia della proposta era subordinata all’accettazione del proprietario e, in
caso contrario, prevedeva espressamente l’obbligo di restituzione. In
particolare, Giarmace forniva prova scritta del diritto fatto valere, atteso che
produceva la scrittura privata con la quale veniva formulata una proposta di
acquisto, come lo stesso ricorrente evidenza, copia dell”assegno di dieci
milioni di lire a titolo di caparra, prova dell’inesistenza di una valida
accettazione della proposta di cui alla lettera Lavorato dei 24 febbraio 2000.
Pertanto esigevano tutti i presupposti di cui all’art. 633 cpc. per remissione
l decreto, presupposti poi confermati —come chiarisce la sentenza
impugnata- dal Tribunale e dalla Corte di Appello di Firenze. Come specifica
la Corte di Firenze “l’obbligazione di restituire la somma versata era quindi
12

3.1.= Questo motivo è inammissibile per carenza di interesse atteso che

contenuta nella stessa scrittura privata prodotta in giudizio, che costituiva
pertanto il titolo sulla base della quale il Tribunale ha emesso il
provvedimento monitorio. Sempre sulla base della chiara obbligazione di
• .

restituzione contenuta nella promessa di vendita il Tribunale ha poi anche

opposto dal Lavorato senza alcun fondamento”.
In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragione del principio
della soccombenza ex art. 91 cpc, condannato al pagamento delle spese del
presente giudizio di cassazione che verranno liquidate con il dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del presente giudizio di cassazione che liquida in €. 2200,00 di cui €. 200,00
per esborsi.
. .
. .

Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della

integralmente accolto la domanda di merito confermando il decreto ingiuntivo

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