Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16252 del 27/06/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 16252 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA

sul ricorso 16251-2007 proposto da:
RAL.Mst_.3‘0I ,toiloSL,
RADAELLI FEDELE;\(elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA FLAMINIA A35, presso lo studio dell’avvocato
GIOVANNA COSENZ,

rappresentato e difeso dagito

avvocatt SGFF-1—NERINO,

E. •

NOTARO

IND

MATTEO con procura notarile rep.112950 del 13/3/13;

2013

ricorrente

contro

899

(2.–c, tZ 65- A 0-( i 6- 2..s-

(Lb
RADAELLI

RICCARDO

GIULIO

I

…o

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TOMMASO
SALVINI 55, presso lo studio dell’avvocato DE SANCTIS

Data pubblicazione: 27/06/2013

MANGELLI SIMONETTA, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato PALMIERI LUIGI;
– controricorrenti nonchè contro

RADAELLI SUSANNA, GIUSSANI MARIA ROSA, RADAELLI LUCA,

– intimati avverso la sentenza n. 286/2007 della CORTE D’APPELLO

0q 1~-

di MILANO, depositata il -e-5.404/70M;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/04/2013 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;
udito l’Avvocato Matteo NOTARO,

difensore del

ricorrente che ha chiesto accoglimento delle difese;
udito l’Avvocato DE SANCTIS MANGELLI Simonetta,
difensore del resistente che ha chiesto il rigetto
del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

RADAELLI SILVANA;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con testamento olografo in data 6-12-1980, pubblicato il 5-51981, Radaelli Riccardo disponeva dei propri beni ripartendoli tra i
figli Giorgio, Silvana e Fedele, tacitando il diritto di legittima del

figlio Mario Primo con un legato di lire 50.000.000 a carico dei
coeredi Fedele e Giorgio e i diritti della moglie Radaelli Eugenia con
l’usufrutto sul patrimonio immobiliare.
Radaelli Mario Primo conveniva in giudizio i fratelli e
Radaelli Eugenia, dichiarando di rinunciare al legato per ottenere la
legittima e chiedendo la ricostruzione dell’asse ereditario, con la
collazione delle donazioni dirette e indirette fatte dal padre e la
riduzione delle stesse nei limiti della lesione della sua quota di
legittima.
Con sentenza non definitiva in data 15-10-2001 il Tribunale di
Monza dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale
proposta dagli eredi di Radaelli Eugenia ed accertava che
quest’ultima, beneficiaria di un legato in sostituzione di legittima,
era decaduta dalla facoltà concessale dall’art. 551 c.c.; accertava che
la quota di legittima spettante a Radaelli Mario ai sensi dell’art. 537
c.c. in ordine alla successione del padre era pari ad un sesto della
massa ereditaria; dichiarava che l’acquisto da parte di Radaelli
Silvana dell’immobile sito in Cesano Maderno, di cui all’atto del 127-1959, costituiva donazione indiretta da parte del

de cuius e,

L

pertanto, ne ordinava la riunione fittizia alla massa ereditaria;
respingeva le altre domande proposte dall’attore, volte a riunire
all’asse ereditario altri beni venduti in vita dal padre ai figli Fedele
e Giorgio; determinava il valore della massa ereditaria al momento

legittima, in lire 500.000.000; determinava in lire 83.300.000 il
valore della quota di legittima spettante all’attore, stabilendo, ai
sensi dell’art. 528 comma I c.c., che tale quota doveva essere
ottenuta riducendo in parti uguali i lasciti testamentari in favore di
Radaelli Fedele e Giorgio, con salvaguardia del lascito in favore di
Radaelli Silvana.
Con sentenza definitiva in data 19-2-2004 il Tribunale
disponeva la divisione del complesso immobiliare caduto in
successione secondo il progetto divisionale redatto dall’arch.
Ruggeri, assegnando le quote ai condividenti e determinando i frutti
dovuti all’attore sulla quota di legittima al medesimo spettante
dall’apertura della successione alla data della sentenza nella somma
di euro 56.517,00, che poneva a carico di Radaelli Fedele e Radaelli
Giorgio in parti uguali.
Avverso la predetta decisione proponevano autonomi atti di
appello Radaelli Fedele, Radaelli Silvana —in proprio e quale erede
della madre Radaelli Eugenia-, Giussani Maria Rosa, Radaelli

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dell’apertura della successione, ai fini del calcolo della quota di

Susanna e Radaelli Luca —quali eredi di Radaelli Giorgio, anche
nella qualità di erede della madre Radaelli Eugenia-.
Riunite le tre cause, si costituiva Radaelli Riccardo Giulio,
quale erede di Radaelli Mario, proponendo appello incidentale.

rideterminava l’ammontare dei frutti spettanti a Radaelli Giulio,
nella qualità, in euro 69.648,94, confermando nel resto la decisione
di primo grado.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Radaelli
Fedele, sulla base di sei motivi.
Radaelli Riccardo Giulio ha resistito con controricorso, mentre
gli altri intimati non hanno svolto attività difensive.
Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I) Con il primo motivo il ricorrente lamenta l’errata,
insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine al mancato
rispetto della volontà manifestata dal de cuius con il testamento
olografo del 6-12-1980, che, a suo dire, non consentiva a Radaelli
Mario di chiedere la liquidazione della sua quota di legittima in
porzioni immobiliari invece che mediante un conguaglio in danaro
Il motivo è infondato.
Il legato in sostituzione della legittima, previsto dall’art. 551
c.c., è una disposizione a titolo particolare sottoposta a condizione

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Con sentenza in data 2-2-2007 la Corte di Appello di Milano

risolutiva, nel senso che la vocazione testamentaria rimane priva di
efficacia in caso di rinuncia del legatario. Pertanto, mentre
l’attribuzione di beni determinati al legatario, in mancanza di
rinuncia, esaurisce integralmente i diritti spettanti al legittimario,

valore del legato sia inferiore a quello della legittima, e privandolo
della qualità di erede, la rinuncia al legato tacitativo determina il
venir meno della sostituzione e consente al legittimario di reclamare
la quota di riserva spettategli per legge sui beni ereditari.
Nella specie, di conseguenza, essendo venuta meno, per effetto
della rinuncia effettuata dal legatario nell’esercizio dei poteri
riconosciutigli dal citato art. 551 c.c., l’efficacia del legato in
denaro disposto dal testatore in favore del figlio Mario, la Corte di
Appello ha correttamente riconosciuto il diritto di quest’ultimo (e
per lui del suo erede Giulio) a conseguire la sua quota di legittima in
natura, in base alla regola generale dettata dall’art. 718 c.c.
2) Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione
degli artt. 720 e 722 c.c. e l’omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione in ordine alla ritenuta comoda divisibilità degli
immobili. Sostiene che il progetto di divisione recepito dai giudici
di merito prevede la formazione di porzioni non funzionali e prive di
autonomia, impone la costituzione di servitù particolarmente gravose
e comporta spese eccessive o quanto meno sproporzionate rispetto al

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precludendogli la possibilità di chiedere un supplemento, qualora il

valore dei beni.. Deduce, in subordine, che il giudice di merito
avrebbe potuto eventualmente dividere gli immobili in tre lotti, da
assegnare rispettivamente a Fedele, agli eredi di Silvana ed agli
eredi di Giorgio, in modo da assicurare alle singole porzioni una

del de cuius.
Il motivo, nella parte in cui denuncia la violazione o falsa
applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c., è
inammissibile, non concludendosi con la formulazione di un quesito
di diritto, così come prescritto dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile

ratione temporis al ricorso in esame, proposto avverso una sentenza
di appello pubblicata dopo 1’1-3-2006 e prima del 4-7-2009.
Per il resto, il motivo, attraverso la formale denuncia di vizi di
motivazione, propone sostanziali censure di merito avverso le
valutazioni espresse dalla Corte di Appello, la quale, disattendendo
con motivazione immune da vizi logici le deduzioni svolte al
riguardo dall’appellante, ha ritenuto possibile la formazione in
concreto di quattro porzioni immobiliari suscettibili di autonomo e
libero godimento, non compromesse da servitù, pesi o limitazioni
eccessivi, senza che ciò comporti un sensibile deprezzamento del
valore delle porzioni stesse rispetto al valore dell’intero.
Si rammenta, al riguardo, che il giudizio circa la comoda o non
comoda divisibità degli immobili si risolve in un tipico

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certa autosufficienza e di garantire altresì il rispetto della volontà

apprezzamento di fatto, sottratto come tale al sindacato di
legittimità, ove risulti, come nel caso in esame, adeguatamente
motivato.
3) Con il terzo motivo il ricorrente si duole dell’errata

Riccardo Giulio (arch. Carmela Nuccia Ruggeri) e di Radaelli Fedele
(dott. Giulio Oldani), nonché delle relazioni tecniche d’ufficio.
Sostiene che la Corte di Appello, male interpretando o disattendendo
i predetti elaborati, ha disposto una divisione che rende privo di ogni
possibilità di uso il lotto assegnato a Radaelli Fedele. Deduce, in
particolare: che il giudice del gravame ha ignorato il motivo di
appello con cui Radaelli Fedele lamentava il danno derivante al suo
lotto dall’accorpamento dell’accesso dotato di scala n. 5 e 16 al lotto
assegnato a Radaelli Giorgio, con conseguente necessità per Radaelli
Mario di costruire una nuova scala di confine, che le censure mosse
dall’appellante contenevano suggerimenti per rendere autonomi i
lotti, indicando le correzioni da apportare per la loro composizione;
che il problema connesso alla mancanza di un regolamento dell’uso
della cosa comune non sarebbe esistito in caso di accoglimento delle
osservazioni del consulente di parte del ricorrente.
Il

motivo

deve

essere

disatteso,

risolvendosi

nella

prospettazione di mere censure di merito, non consentite in questa
sede, in ordine all’apprezzamento espresso dalla Corte di Appello, la

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valutazione delle relazioni tecniche di parte di Radaelli Mario e

quale ha disatteso i rilievi svolti dall’appellante con argomentazioni
prive di vizi logici, con cui ha rilevato, in particolare: che la
questione della scala, così come prospettata, riguarda solo i
condividenti Radaelli Giorgio e Mario, i quali, però, non se ne sono

correzioni tecniche da apportare per la composizione dei lotti non
risultano motivate; che non è compito del giudicante quello di
predisporre un regolamento circa l’uso della cosa comune, dovendo
provvedere al riguardo le parti, nell’esercizio della loro autonomia
privata.
4) Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione
degli artt. 1414, 1417 e 2724 c.c., in relazione alla ritenuta mancanza
di prova della simulazione dell’atto di disposizione stipulato tra il de
cuius e il figlio Giorgio. Sostiene che dagli atti emerge la prova che
l’immobile aveva un valore notevolmente superiore a quello indicato
nell’atto di vendita; che Giorgio, al momento della stipula, era molto
giovane e privo di capacità reddituale; che lo stesso Giorgio e i suoi
eredi non hanno mai dimostrato di aver pagato il prezzo.
Il motivo è inammissibile, sia perché non risulta corredato dal
quesito di diritto richiesto dal menzionato art. 366 bis c.p.c., sia
perché non soddisfa il requisito di specificità richiesto dall’art. 360
n. 4 c.p.c.., non indicando nemmeno quale sia l’atto di disposizione
di cui assume la natura simulatoria.

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lamentati; che le doglianze mosse dall’appellante riguardo alle

5) Con il quinto motivo il ricorrente si duole della violazione e
falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’affermazione,
contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui “in atto di appello
la difesa di Fedele non ha evidenziato alcuna specifica motivazione

motivazione con la quale il Tribunale l’ha rigettata”. Sostiene che
dalla consulenza tecnica d’ufficio e dalla perizia di parte di Radaelli
Fedele emergevano le spese sostenute dal ricorrente in favore di tutti
gli eredi e che la Corte di Appello, ove avesse avuto dubbi, avrebbe
dovuto ammettere la prova testimoniale articolata ai fini della
conferma della documentazione esibita.
Il motivo, con il quale, al di là della intitolazione, vengono
sostanzialmente dedotti vizi di motivazione, difetta di specificità e
autosufficienza: esso, infatti, non contiene la trascrizione dei
capitoli di prova di cui lamenta la mancata ammissione, non riporta i
passaggi degli elaborati tecnici in cui si darebbe atto delle spese
affrontate dall’odierno ricorrente nell’interesse comune, non indica
gli estremi delle fatture richiamate nel motivo nè specifica la natura
e l’entità degli esborsi asseritamene sostenuti.
Le censure mosse in ordine alla mancata ammissione della
prova testimoniale, inoltre, non si confrontano con le ragioni della
decisione. A pag.. 12 della sentenza impugnata, infatti, si dà atto che
nel giudizio di primo grado, con ordinanza del 13-12-1983, il giudice

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a sostegno della dedotta richiesta istruttoria, né ha censurato la

istruttore aveva concesso alle parti termine perentorio ex art. 244
c.p.c. per deduzioni istruttorie. Orbene, come è stato correttamente
rilevato dalla Corte di Appello in conformità del giudizio già
espresso dal Tribunale nell’ordinanza collegiale del 17-12-1984 e

impediva l’ammissione di prove volte a dimostrare l’avvenuto
pagamento, da parte di Radaelli Fedele, di debiti riferibili alla
famiglia o di somme destinate alla ristrutturazione e al
miglioramento degli immobili caduti in successione
6) Con il sesto motivo, infine, il ricorrente lamenta la
violazione di norme di diritto e la contraddittoria motivazione in
ordine alla quantificazione ed all’addebito dei frutti. Deduce che la
Corte di Appello si è limitata ad accogliere la domanda di Radaelli
Mario di aggiornamento dei frutti sul complesso immobiliare in
questione, senza rispondere alle censure mosse da Radaelli Giorgio,
fatte proprie da Radaelli Fedele in corso di causa, secondo cui
l’onere di pagamento dei frutti doveva gravare anche su Radaelli
Silvana, nonché alle doglianze mosse dallo stesso Radaelli Fedele,
secondo cui ai fini della quantificazione dei frutti si doveva tener
conto delle spese dal medesimo sostenute per la conservazione
dell’immobile caduto in successione.
Il motivo, nella parte in cui deduce violazione di legge, è
inammissibile, sia perché non si conclude con la formulazione di un

nella sentenza non definitiva, la perentorietà del suddetto termine

quesito di diritto, sia perché non indica nemmeno le norme di legge
asseritamente violate.
Nella parte in cui denuncia la mancata valutazione delle spese
sostenute da Radaelli Fedele, il motivo non tiene conto delle ragioni

dimostrazione, da parte dell’odierno ricorrente, della concreta
effettuazione di spese necessarie per la conservazione dei beni
ereditari.
Quanto all’onere di pagamento dei frutti, si osserva che la
sentenza impugnata dà atto, a pag. 12, che la questione del relativo
addebito anche a Radaelli Silvana è stata dedotta in appello solo da
Radaelli Giorgio, mentre Radaelli Fedele ha censurato la
determinazione dei frutti effettuata dal Tribunale solo per il fatto che
il primo giudice aveva ricompreso nel capitale oggetto del calcolo
anche le spese che, a suo dire, erano state sostenute esclusivamente
da lui. Il ricorrente, pertanto, non avendo proposto sul punto uno
specifico motivo di appello, non può dolersi del mancato esame della
questione prospettata da Radaelli Giorgio. Né può assumere rilievo il
• fatto che il predetto, nel corso del giudizio, abbia fatto propri i
motivi di appello da quest’ultimo formulati: con la proposizione
dell’appello, infatti, Radaelli Fedele ha consumato il suo diritto di
impugnazione, con la conseguente inammissibilità di una successiva
estensione dei motivi di gravame per relationem..

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della decisione, nella quale è stato dato atto della mancata

7) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
sostenute dal resistente nel presente grado di giudizio, liquidate
come da dispositivo. Nei confronti degli altri intimati, che non hanno

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese, che liquida in euro 2.700,00, di cui euro
200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4-4-2013
Il Consigliere estensore

Il Prete

svolto attività difensive, non vi è pronuncia sulle spese.

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