Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16252 del 09/07/2010

Cassazione civile sez. III, 09/07/2010, (ud. 20/05/2010, dep. 09/07/2010), n.16252

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20630/2009 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SABOTINO 22,

presso lo studio dell’avvocato TARDELLA Carlo, che lo rappresenta e

difende, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

GERANIO SIM SPA in liquidazione (già Diners Club Sim S.p.A.);

– intimata –

avverso la sentenza n. 641/2008 della CORTE D’APPELLO di BARI del

14.12.07, depositata il 24/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. RICCARDO FUZIO.

La Corte:

Letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 21 settembre 2009 B.G. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 24 giugno 2009 dalla Corte d’Appello di Bari, confermativa dell’ordinanza ex art. 186 quater del Tribunale di Trani Sezione distaccata di Andria che gli aveva ingiunto di pagare alla Diners Club Sim S.p.A. Euro 41.518,65 indebitamente percepite.

La Geranio SIM S.p.A. in liquidazione (già Diners Club Sim S.p.A.) non ha espletato attività difensiva.

2 – I due motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la 20630/2009 novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico-giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115, 184 e 194 c.p.c.. Egli censura l’utilizzazione ai fini della decisione di una consulenza tecnica redatta sulla base di documentazione che asserisce essere stata acquisita oltre il termine di cui all’art. 184 c.p.c..

Ma non risulta rispettato, in relazione a detta consulenza, il dettato dell’art. 366 c.p.c., n. 6. Infatti è orientamento costante (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. 3^ n. 22302 del 2008) che, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità. In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile.

Inoltre il quesito finale non postula l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulle norme di diritto di cui sono state denunciate la violazione e la falsa applicazione (che, non essendo sinonimi, vanno specificate) e da per scontata una situazione di fatto (l’utilizzazione di documentazione prodotta tardivamente) prescindendo dalla motivazione con cui la stessa eccezione è stata rigettata dalla Corte territoriale.

Con il secondo motivo il B. lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto controverso e decisivo per il giudizio censurando l’affermazione della Corte Territoriale secondo cui nella comparsa di costituzione egli non avrebbe contestato specificamente gli asseriti fatti costitutivi dell’originaria pretesa della Diners.

Come è noto, il denunciato “travisamento dei fatti” non è vizio ricorribile per cassazione ma semmai, ricorrendone i presupposti, può formare oggetto di revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4.

D’altra parte anche questo motivo viola il disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (rectius: 366 bis), e non contiene il prescritto momento di sintesi, necessario per specificare gli asseriti vizi di motivazione, considerato che rientra nella competenza esclusiva del giudice di merito interpretare le domande, eccezioni e richieste delle parti.

4.- La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato memoria; nessuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in Camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dal ricorrente con la memoria non dimostrano il rispetto dell’art. 366 bis c.p.c..

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

d’altra parte il ricorso non risponde alla motivazione della Corte territoriale quanto ai nuovi documenti;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; nulla spese;

visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2010

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